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28/12/2025 06:00:00

Liste d’attesa, nuove regole all’Asp di Trapani. Ma l’ADI resta solo sulla carta

L’Asp di Trapani introduce nuovi criteri di priorità per le liste di attesa: quattro fasce temporali per uniformare la gestione dei ricoveri chirurgici negli ospedali del territorio e ridurre i tempi di attesa.

 

Avviata dal commissario straordinario dell’Asp, Sabrina Pulvirenti, una nuova procedura per rendere omogenea e tracciabile la gestione dei ricoveri chirurgici nei presidi ospedalieri del territorio. Il provvedimento si inserisce nel solco dei piani nazionali e regionali adottati per fronteggiare l’emergenza liste d’attesa e punta a garantire maggiore trasparenza e appropriatezza clinica.

 

Il provvedimento recepisce i piani nazionali e regionali adottati per fronteggiare l’emergenza liste d’attesa e stabilisce quattro classi di priorità, basate sulla gravità delle condizioni cliniche e sul rischio di aggravamento dei pazienti. La prima fascia riguarda i casi potenzialmente evolutivi in situazioni di emergenza o che possono determinare un grave pregiudizio alla prognosi: per questi il ricovero deve avvenire entro 30 giorni.

La seconda fascia stabilisce un tempo massimo di 60 giorni per i casi caratterizzati da intenso dolore, gravi disfunzioni o disabilità, ma senza un rischio immediato di peggioramento clinico. Per i pazienti che presentano invece sintomi lievi – minimo dolore, disfunzione o disabilità – e che non mostrano tendenza all’aggravamento, il termine massimo di ricovero è fissato a 180 giorni, rientrando nella terza fascia.

 

È prevista infine una quarta fascia, che riguarda i casi clinici privi di dolore, disfunzione o disabilità. In queste situazioni non viene indicata un’attesa massima stringente, ma il ricovero dovrà comunque essere effettuato entro 12 mesi.

La nuova procedura è stata dichiarata immediatamente esecutiva. L’Asp di Trapani ha precisato che il sistema potrà essere aggiornato qualora intervengano nuove disposizioni normative, sia a livello nazionale che regionale.

Contestualmente, l’Azienda sanitaria provinciale ha firmato una nuova convenzione con il consultorio Crescere Insieme, struttura che opera nelle attività clinico-assistenziali in ginecologia endocrinologica, nelle tecniche di procreazione medicalmente assistita e nei servizi in ambito materno-infantile e sociale.

Un intervento che punta a mettere ordine in un settore segnato da ritardi cronici, ma che si inserisce in un contesto in cui la riduzione effettiva delle liste d’attesa resta una delle sfide più complesse per la sanità trapanese.

 

ADI, solo annunci

 

Il sistema di Assistenza Domiciliare Integrata è ormai poco più di un annuncio. Un miraggio. In assenza di budget, anche a fronte di una richiesta formalmente presentata, il cittadino-paziente non viene contattato da nessuno. Nessuna presa in carico, nessuna risposta, nessuna assistenza. Chi può paga di tasca propria. Chi non può resta semplicemente solo, abbandonato alla malattia e alla sofferenza.

E così l’ADI, sbandierata in pompa magna a ogni conferenza stampa, oggi non è in linea con gli obiettivi fissati a livello regionale. Un paradosso tutto amministrativo: il servizio che dovrebbe garantire continuità assistenziale alle persone in dimissione ospedaliera non viene erogato perché mancano le risorse. La richiesta finisce in una lista d’attesa senza tempi certi e il paziente verrà richiamato — forse — quando il budget sarà nuovamente disponibile. Nel frattempo, ciò che doveva servire a evitare la frammentazione delle cure si trasforma nell’ennesimo scaricabarile istituzionale.

Sulla carta l’ADI esiste. Nella realtà no.

 

Alla fine resta una sola certezza: tra i comunicati e la realtà c’è di mezzo il paziente. Quello vero, fragile, che non vive di slide né di conferenze stampa. L’ADI continua a esistere nei documenti, nei piani e negli annunci. Nelle case, invece, no. E quando la sanità pubblica rinuncia a curare per mancanza di budget, smette di essere un diritto e diventa un privilegio. Tutto il resto è propaganda istituzionale.

E a pagare il prezzo di questo vuoto non sono i bilanci, ma i cittadini più fragili.