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25/03/2018 06:00:00

Marsala. In scena, al Comunale, la vera natura di Aldo Palazzeschi?

di Katia Regina. Un ordigno innescato a tempo, precisamente undici anni dopo la sua stessa morte. Interrogatorio della contessa Maria, pubblicato postumo, dev’essere sembrato troppo anche allo stesso autore, lo scrisse infatti negli anni Venti. Oggi si chiamerebbe outing, ed è quasi di moda, ma allora sarebbe stato come mettere il carico da novanta su una figura già compromessa da frequentazioni di avanguardie spregiudicate e irriverenti.

Molti romanzi, ma anche diverse poesie, di Palazzeschi, attraversano il tema dell’omosessualità, persino ne Le sorelle Materassi qualcuno ha ravvisato proiezioni di questo tipo, sicuramente sfuggite ai produttori Rai del tempo, che ne fecero uno sceneggiato televisivo per famiglie. In talune opere i riferimenti sono invece espliciti, tanto che, lo stesso autore sceglie, ad un certo punto della narrazione, di fare sparire nel nulla i personaggi inquieti. Questa premessa spiega molte cose rispetto alle scelte registiche fatte dagli allievi della Silvio D’Amico, Eugenio Mastrandrea e Francesco Vittorio Pellegrino, nella rappresentazione teatrale di un estratto de L’interrogatorio, a cominciare dal titolo: La Contessa tra i sessi. Un estratto, si diceva, di una più lunga e articolata storia ricca di momenti esilaranti, volutamente tagliati dai curatori, e questo potrebbe anche spiegare la sensazione provata dallo spettatore dinnanzi al personaggio Contessa, avvertito come un po’ tirato, privato dell’ironia tagliente originaria e sbilanciato verso una seriosità necessaria, a quel punto, per non apparire grottesco.

La Contessa è un uomo in scena, e, probabilmente nella mente dello stesso Palazzeschi e con tanto di barba. Una figura spregiudicata e allo stesso tempo amabile, capace di mettere in discussione il concetto di virtù, di fare vacillare lo spettatore costringendolo ad ammettere che potrebbe avere ragione quando afferma che “La sessualità è inquinata da secoli di coglionerie morali religiose letterarie”.

I tre allievi dell’Accademia hanno scelto un testo coraggioso, spingendo la provocazione al punto di creare una sorta di smarrimento iniziale nello spettatore ignaro dei turbamenti interiori del Palazzeschi. Bravissimi nei tempi scenici, nell’allestimento essenziale e nella scelta dei costumi. Una menzione speciale a Riccardo Ricobello, nel ruolo dello stesso autore, una recitazione pulita, impeccabile.

Il teatro Comunale non era gremito, come sarebbe stato giusto, ma questa disaffezione del pubblico marsalese verso il teatro di qualità è nota ormai. A liquidare questo aspetto, magicamente inserito nel copione e quindi già consueto negli anni Venti, c’ha pensato la stessa Contessa con una battuta formidabile che, più o meno, diceva: i teatri si sa, quando c’è una cosa interessante sono sempre mezzi vuoti. 

In scena:
Eugenio Mastrandrea e Riccardo Ricobello
Regia di Eugenio Mastrandrea e Francesco Vittorio Pellegrino
Luci di Camilla Piccioni
Costumi di Flavia Galinari Zanin
Assistente alla regia progetto grafico e video: Federico Longo



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