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18/02/2016 06:30:00

Castelvetrano, il caso Giambalvo mette in crisi la politica

 Il caso Giambalvo ha messo in crisi un sistema politico locale, allergico alle questioni di opportunità morale e limitato ai soli effetti della rilevanza penale dei comportamenti.
Il consigliere Giambalvo, assolto in primo grado dall’accusa di essere un fiancheggiatore di Matteo Messina Denaro è tornato in consiglio comunale, come prevede la legge.
Ripete che le pesanti frasi delle intercettazioni emerse “sono state possibilmente dette in altri sensi ed interpretate male”. Non spiega però in quale senso si farebbe 30 anni di galera pur di nascondere Matteo Messina Denaro. E non spiega nemmeno in quale senso, se lui fosse il super latitante, ucciderebbe un figlio a Lorenzo Cimarosa (il cugino acquisito del boss che ha collaborato con la giustizia), per dissuaderlo dal parlare.
Ai microfoni di Rai 3 regionale, dice anche di voler combattere la mafia “assieme a tutti voi della legalità”.
Claudio Fava, vicepresidente della Commissione Parlamentare Antimafia nazionale, da una conferenza stampa svoltasi a Castelvetrano, ribadisce la richiesta di dimissioni agli altri consiglieri comunali in segno di dissenso verso una presenza evidentemente inopportuna all’interno del massimo consesso civico, preannunciando un’audizione del sindaco Felice Errante in Commissione e una richiesta di accesso agli atti del Comune per verificare il rischio di condizionamenti.
“Anche perché - ha spiegato Fava - Giambalvo è un consigliere che è stato eletto tra le fila della maggioranza”.

Le frasi inopportune del consigliere hanno però davvero poco a che vedere con le accuse dei giudici. Che non lo hanno affatto arrestato solo perché intercettato a raccontare ad altri di essersi incontrato con i boss o per aver espresso delle opinioni. Certo, opinioni inaccettabili, violente e deprecabili, che però non costituiscono reato e sono materia della società civile e della politica.
Una politica che sulla questione, al di là dei comunicati, non ha preso delle contromisure forti.
Fava, nella sua conferenza stampa di lunedì scorso, prima della seduta di consiglio comunale, è stato molto diretto: “La foglia di fico del codice penale che assolve o condanna, non giustifica ogni cosa”.
“Basterebbe – aveva aggiunto - che almeno un consigliere avesse il coraggio di dire: ‘Io qui dentro non metto più piede fino a quando in questo consiglio comunale, perfettamente autorizzato dalla lettera della legge ma non dalle norme morali, siede un signore che vorrebbe che Messina Denaro diventasse Papa”.

Il sindaco Errante si è però lamentato del fatto che Fava non l’avesse mai incontrato per chiedergli quale fosse la sua posizione. Posizione che però il sindaco stesso aveva spiegato in modo articolato, pubblicamente, proprio nella seduta di consiglio comunale in cui Giambalvo è stato reintegrato.
Una risposta che Fava non aveva apprezzato e che rimarca nella conferenza stampa: “Non condivido la risposta che dà il sindaco, perché è una risposta ipocrita: ‘Prendere atto’.
Benissimo, prendiamo atto che questo signore ha diritto a sedere in consiglio comunale. E voi prendete atto che io ho il diritto di non sedere accanto a lui, per cui me ne vado.
Questo mi sarei aspettato di sentire dai consiglieri e dall’amministrazione.

Certo, né il sindaco né il consiglio comunale potrebbero obbligare Giambalvo alle dimissioni.
Ma alla fine non ci sono state nemmeno quelle di massa. Così come nessun consigliere ha deciso di dimettersi autonomamente.
Una seduta normale, ordinaria. Se non fosse stata preceduta dall’intervento delle Iene che, dopo aver tentato di intervistare Giambalvo in mattinata, ci hanno provato prima che iniziasse il consiglio, davanti l’entrata dell’aula. Il consigliere però, attraversando l’aula consiliare, è sgattaiolato da una porta secondaria, mentre il vicepresidente del consiglio Francesco Bonsignore e il consigliere Bartolomeo La Croce fermavano la Iena Filippo Roma ed il suo operatore, urlando e chiedendo l’aiuto della polizia municipale. La Iena è stata accompagnata fuori dall’aula, mentre La Croce gli urlava: “Vada in Parlamento!” e qualcun altro chiedeva: “Ma perché li avete fatti entrare a questi imbecilli?”.

Bonsignore, visibilmente agitato, non riusciva a calmarsi, soprattutto quando la iena gli ha avvicinato il foglio delle intercettazioni a pochi centimetri dalla faccia. E’ intervenuto anche il presidente del consiglio Vincenzo Cafiso. E quando Roma gli ha chiesto: “Che ne pensa di questo consigliere che dice ‘Se io dovessi rischiare 30 anni di galera per nasconderlo, rischierei’! Parla di Matteo Messina Denaro, il capo di cosa nostra!”.
“Questa non è una dichiarazione piacevole” ha risposto Cafiso. E alla domanda se non sarebbe il caso di dimettersi in massa, ha detto: “A questo punto credo che si dovrebbe dimettere tutto il parlamento, che di casi peggiori ce ne sono anche tanti, invece lei si occupa solo di un paese di provincia dove per altro una persona è stata assolta, per delle dichiarazioni delle quali…”.
Intanto Bonsignore non riusciva a calmarsi e continuava ad urlare: “Il signor Le Iene mi ha spiaccicato il foglio in faccia! Mi auguro che lei lo metta però (inserisca l’accaduto nel suo servizio, nda)! Se lei ha le palle deve metterlo!”.
Insomma, una costellazione di emozioni forti e un’indignazione agita nei confronti degli indesiderati giornalisti, che ha superato di gran lunga le reazioni contenute negli asettici comunicati stampa indirizzati (quasi indirettamente) al consigliere reintegrato.
Una volta cominciata la seduta, Giambalvo è rispuntato dalla porta secondaria e si è seduto al suo posto tra i banchi dell’aula consiliare. Ma ancor prima dell’appello, si è allontanato definitivamente, sempre dalla stessa porta.

“Definitivamente”, ma soltanto per quella sera. Perché di dimettersi non ne vuole sapere. E dalle telecamere di un sito on-line locale dice con chiarezza: “Sono con il sindaco. Sono con il mio gruppo Articolo 4. Mi sento contento e mi sento di potere rappresentare tutti i cittadini castelvetranesi, per il bene del nostro comune”.
Schizofrenie politiche, visto che il capogruppo di Articolo 4 è tra i firmatari di un documento di condanna delle dichiarazioni di Giambalvo.
Schizofrenie politiche, se Articolo 4 dovesse confluire nel Pd: in quel caso avremmo Pasquale Calamia (vittima in passato di attentati mafiosi, macchina e casa bruciata) e Calogero Giambalvo nello stesso partito. E dire che a Fava faceva impressione già saperli nello stesso consiglio comunale.
Alla fine, sindaco e giunta non si dimettono perché, sottolinea Errante, Giambalvo è stato reintegrato da un provvedimento “che sfugge al controllo di quest’amministrazione”.
I consiglieri non si dimettono perché “non sarebbe utile” e perché si rischierebbe di aumentare i problemi della città anche in termini economici.
Giambalvo non si dimette, perché senza di lui sarebbe difficile combattere la mafia.


Egidio Morici



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