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07/11/2025 06:00:00

Diffamazione e conflitti di interesse. Il caso Bolzoni va in Cassazione

 La complessa vicenda giudiziaria che vede protagonisti i giornalisti Michele Spena e Attilio Bolzoni si arricchisce di un nuovo, significativo capitolo. Il procuratore generale di Caltanissetta, Fabio D’Anna, ha depositato ricorso per Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello che aveva assolto Spena dall’accusa di diffamazione ai danni di Bolzoni. La decisione riaccende i riflettori su questioni cruciali legate alla libertà di espressione, ai limiti della critica giornalistica e ai delicati equilibri all'interno dell'amministrazione della giustizia.

 

Il Percorso Giudiziario: da condanna ad assoluzione

La contesa trae origine da alcune dichiarazioni rilasciate da Michele Spena durante la trasmissione radiofonica “Tony Accesi”, che Attilio Bolzoni ha ritenuto gravemente lesive della sua dignità e professionalità. In primo grado, il Tribunale aveva riconosciuto la diffamazione, condannando Spena al pagamento di una multa di 900 euro e a un risarcimento di 3.000 euro in favore di Bolzoni, assistito dall’avvocato Raffaele Palermo.

Tuttavia, la difesa di Spena, curata dall’avvocato Rudy Maira, aveva ottenuto un rovesciamento della sentenza in appello, con una completa assoluzione "perché il fatto non sussiste" e la revoca di tutte le statuizioni civili.

 

Il Ricorso del Procuratore Generale: la questione del "fuori onda"

Contro questa assoluzione, il procuratore generale D’Anna ha ora presentato ricorso in Cassazione. Secondo il magistrato, la sentenza d’appello sarebbe viziata da una "non corretta valutazione dell’articolo 595 del codice penale" e da "illogicità e contraddittorietà" nella motivazione.

Il punto chiave contestato da D'Anna riguarda il fatto che alcune delle frasi ritenute offensive da Bolzoni siano state pronunciate da Spena "fuori onda", in un momento in cui Bolzoni non era più in collegamento e, di conseguenza, impossibilitato a replicare. Il procuratore generale richiama una recente sentenza della Cassazione (n. 409/2024), che stabilisce come il reato di diffamazione si configuri anche quando le offese vengono pronunciate in assenza del destinatario, a prescindere dalla possibilità di un intervento successivo. "La condotta oggetto di imputazione – ha scritto D’Anna – non riguardava il dibattito radiofonico tra i due, ma i momenti antecedenti e successivi, in cui l’imputato ha formulato accuse indimostrate e non fondate".

 

L'Esporto al CSM: i dubbi sul possibile conflitto d'interessi della giudice

La complessità della vicenda si è ulteriormente aggravata dopo la sentenza d'appello. Attilio Bolzoni ha infatti presentato un esposto al Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), sollevando dubbi sull’opportunità che la dottoressa Roberta Serio presiedesse il collegio giudicante.

Il motivo dell'esposto risiede in una precedente causa civile intentata nel 2012 dal padre della magistrata, il dottor Guglielmo Serio, contro Bolzoni e il gruppo editoriale L’Espresso. In quell'occasione, era stato richiesto un risarcimento di 200.000 euro per un articolo, ma la causa si era conclusa nel 2016 con il rigetto della domanda e la condanna di Serio al pagamento delle spese legali, con un versamento di 13.000 euro agli eredi Serio al gruppo editoriale nel 2020.

Bolzoni, pur specificando di non voler mettere in dubbio l’imparzialità della giudice, ha ritenuto cruciale segnalare questa circostanza, considerandola potenzialmente idonea a suggerire la sua astensione dal processo. L’esposto è stato inviato non solo al CSM, ma anche al ministro della Giustizia, al procuratore generale della Cassazione, alla presidente della Corte d’Appello di Caltanissetta e allo stesso procuratore generale D’Anna.

 

La parola alla Suprema Corte

Ora, la parola passa alla Suprema Corte di Cassazione, che dovrà esaminare il ricorso del procuratore generale. La decisione della Cassazione stabilirà se accogliere il ricorso e, di conseguenza, disporre un nuovo processo d’appello. Una vicenda che intreccia complesse questioni di diffamazione, l'interpretazione delle dinamiche comunicative nei media (anche "fuori onda") e la delicatezza delle questioni etiche e di opportunità all'interno dell'ordinamento giudiziario, promettendo di far discutere ancora a lungo.