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11/11/2025 06:00:00

La Sicilia, la questione morale e i pannicelli caldi

Gentile direttore di Tp24,

Sempre più spesso le cronache giudiziarie ci obbligano a una constatazione amara: in questo Paese non tutti vengono giudicati con lo stesso metro, e non tutti pagano allo stesso modo

Così, quando si tratta di persone in condizioni di fragilità sociale — e nessuno mette in discussione la proprietà privata né i diritti di ogni cittadino — si interviene con fermezza, arrivando persino ad abbattere muri pur di mandare via chi ci vive. E sui social si applaude, convinti che quella forza sproporzionata sia “giustizia”.

Gli stessi che invocano “legge e ordine” spesso sono i primi a infrangere le regole. Perché le regole, si sa, sono buone quando valgono per gli altri.

Ecco allora l’ennesimo scandalo sui rapporti tra politica e burocrazia: non entro nei fatti specifici, ma nei comportamenti. Ci sono episodi che impongono una riflessione su come si amministri la cosa pubblica. Non bastano le norme: serve etica pubblica. Senza di essa, la democrazia sopravvive nella forma, ma si svuota nella sostanza.

Ciò che colpisce è il doppio registro: prudenza, garanzie e “non giudichiamo prima del tempo” quando a essere coinvolto è un collega politico; toni severi e rigore morale quando si parla del cittadino comune. Comprensione verso il potere, inflessibilità verso chi non ce l’ha.

Di fronte a funzionari e dirigenti si agisce rapidamente, con sospensioni e provvedimenti immediati. Di fronte ai politici indagati, invece, si invoca il garantismo, si rimanda, si attende. Come se la responsabilità politica fosse opzionale.

Ed eccoli, i pannicelli caldi: qualche allontanamento, qualche sospensione, poi tutto torna come prima, senza affrontare il nodo vero.

Così accade che funzionari e dirigenti competenti e corretti vengano sacrificati solo perché non “disponibili”, mentre altri mantengono sempre gli stessi incarichi, considerati “i migliori” — ma utili a chi?

Abbiamo norme e leggi, ma se chi le applica non cambia — o meglio, se non lo scegliamo meglio — tutto resterà com’è. E intanto ci si limita a muovere pedine, senza chiedersi dove fossero i controllori e quale sistema li ha prodotti.

E allora una domanda è doverosa: possibile che non si abbia il coraggio di prevedere una sospensione automatica per i politici indagati, anche solo per 60 giorni? Passato quel termine, chi è estraneo ai fatti tornerebbe senza ombre, mentre la magistratura avrebbe interesse ad accelerare, restituendo dignità a chi è stato coinvolto ingiustamente.

Come ricorda Galimberti, la crisi più pericolosa non è quella politica, ma quella etica: quando il senso del dovere svanisce, a governare non sono le istituzioni, ma gli istinti e i favori.

Con stima 

 

Un affezionato lettore