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29/11/2017 06:00:00

Mafia, ecco il decalogo delle regole di Cosa nostra emerso dall'operazione "Falco"

Gli uomini di Cosa Nostra violano la legge e le regole per definizione, ma dalle intercettazioni dall’operazione «Falco» che ha portato all'arresto di 27 persone dello storico clan di Santa Maria di Gesù a Palermo (potete leggere qui l'articolo), è emerso quello che appare come un neo decalogo delle regole che gli uomini d'onore devono rispettare per essete tali. Insomma, una serie di regole «morali», ritenute fondamentali per far parte dell'organizzazione. Ma vediamo quali sono queste "regole" seguendo le tracce delle intercettazioni dei boss.

Nel 2017, come deve comportarsi in società un vero uomo «d’onore»? Lo spiegano nelle intercettazioni (a volte esilaranti) i capi «anziani» della cosca, come Salvatore Profeta e Giuseppe Natale Gambino, alle giovani leve. E i «vecchi» alle regole ci tengono perché sanno che sono la garanzia della sopravvivenza dell’organizzazione criminale: non si deve essere come «quattro scimuniti», sono «cose serie» e «voi, con questa mentalità, se foste soli, non arrivereste da nessuna parte... Siete duri di testa - dice Profeta - si dipinnissi i mia, u mussili vi mittissi, comu i cavaddri!», per tenere a freno i ragazzi insomma. Un vero boss non dovrebbe solo limitarsi a rispettare le gerarchie, essere educato, mantenere i detenuti, ma non dovrebbe neppure parlare apertamente di persone che... assumono ansiolitici. Se è sposato, deve fare «le cose con censura», evitare la vita notturna, ma anche le inimicizie e le maldicenze, deve saper parlare, essere intelligente. «Il sistema è così, cu viersu!», dicono i vecchi.

Non si parla di pillole - Certe cose «non si dicono» perché «la gente parla». Secondo Profeta e Gambino, persino il capofamiglia, Giuseppe Greco avrebbe sbagliato a rimarcare che una persona assumeva ansiolitici senza mantenere il dovuto riserbo ed aprendo la strada a dicerie sulle sue condizioni di salute mentale. Spiega Profeta: «Però Pino dice: “Ma ti prendi le pillole?”...» e Gambino subito sottolinea: «Non lo usiamo questo discorso che si prende le pillole perché già è una cosa brutta…». L’altro è d’accordo: «Giusto, lui non le deve dire queste cose, perché se lo dice dalle altre parti la gente lo sai come parla? “Ti prendi le pillole per stare calmo, che sei drogato?”. Aveva la depressione - spiega - “tu ti prendi le pillole per stare calmo, come sei combinato? Allora tu sei pazzo! Tu puoi fare danno!”». E Gambino rincara: «Si può pensare male, si prende le pillole... Queste cose non si dicono».

Ci vuole censura nelle cose - Niente vita notturna e, soprattutto, se un boss è sposato deve fare le cose «con censura». A rimarcarlo è ancora Gambino, parlando con Francesco Pedalino di Antonino Profeta, che si sarebbe dato troppo spesso al divertimento. «Onestamente questa vita non la può fare, non arriva da nessuna parte!», ammonisce l’uomo «d’onore». Pedalino assicura di aver richiamato il cognato all’ordine: «Ma se gliel’ho detto, posso capire che una sera vado a letto alle 4 di mattina, però se ho un impegno mi sveglio alle 5». Invece Profeta quel giorno tardava all’appuntamento, perché dormiva e a Gambino non andava giù: «Due volte alla settimana può succedere che ti vuoi andare a divertire, ma tutti i giorni questa vita non la puoi fare, anche per rispetto di sua moglie e dei suoi figli... Per la gente che guarda...». E chiosa: «Fino a che uno è schiettu, un ci vunciassiru a m..! È schiettu e quello che vuole fare fa! Ma quando è sposato ci vuole un poco di censura nelle cose!».

Niente discoteca - Profeta e Gambino, sempre bacchettando Antonino Profeta, ricordavano un’altra regola a Pedalino: «Nino... non ci dobbiamo andare più, non ci devi andare più in questi posti!» e faceva riferimento ad una notissima «discoteca» palermitana utilizzando la macchina del cognato (cioè Pedalino) perché lo avrebbe esposto a potenziali critiche: «Poi ci stai andando con la mia macchina e così dicono le persone: “C’è Francesco là!”». Il comportamento di Profeta andava dunque sanzionato: «Non sai niente non sai, che glielo devi proibire, devi prendere provvedimenti!», anche se Pedalino provava a difendere il giovane scapestrato («non ci vanno più, non ci andiamo più»), Gambino era inflessibile: «Non m’interessa a me!».

Saluti, educazione e rispetto - Salvatore Profeta spiega sempre a Pedalino che quando parla coi suoi superiori non deve «pigghiari c... nt’allaria», ma «saluti sempre, con educazione». Se poi un boss si ammala, ai sottoposti «spetta» andarli a trovare in ospedale: non è cortesia, ma rispetto. Profeta dice infatti a Pedalino che deve andare a trovare Giuseppe Gambino che è ricoverato: «Dice u papà vi spetta andarci!», riferisce infatti successivamente Pedalino a un altro indagato. In ogni caso, con i capi non ci si «prende confidenza», come spiega sempre Profeta che, nonostante i rapporti amichevoli intrattenuti con i vecchi capi di Santa Maria di Gesù come Carlo Greco e Pietro Aglieri, mai si sarebbe permesso di metterli in cattiva luce: «Vedi che io con mio compare e con Pietro avevamo confidenza che dicevamo pure parole, però davanti agli altri non gli ho fatto fare mai una malafigura!».

Evitare conflitti e inimicizie - Gambino raccomanda di non creare «malumori» e di superare eventuali conflitti interni («se c’è sparramientu dobbiamo fare pace») e «quando avete qualche cosa parlate con uno che vi rappresenta! Se avete lamentele direttamente a u principale (cioè al capofamiglia, ndr)».

Essere intelligenti, saper parlare - Profeta porta a modello Gaetano Messina: «Onestamente Tanuzzu è pure un galantuomo, sa parlare, è una persona intelligente, più di Pino», cioè del reggente, Greco.

Favorire «gli amici nostri» - Quando Pedalino contesta la scelta dei Fascella per gestire le scommesse clandestine (vedi l’articolo accanto) perché «non avevano rispetto per nessuno», è Gambino a richiamarlo all’ordine («Vuatri mussu non ne dovete tenere a nessuno!») e prevenire conflitti: «E domani c’è una discussione u Fascella si ni va a qualchi banna, nuatri semu in difetto nei confronti ru Fascella». E rimarcava: «Lo sai perché siamo in difetto? Perché quello è amicu nuostru! Perché devono campare chiddi ri fuori? Campiamo noialtri! È giusto che deve campare prima Fascella perché è amico nostro e na famigghia ni nuautri! Tu non lo devi guardare sul lato personale. Il sistema è così, cu viersu! Senza crearsi inimicizie!».

Mantenere le mogli dei detenuti - Profeta ricordava al genero Pedalino, al quale sarebbe stata consegnata la cassa del clan, a cosa dovevano servire quei soldi e come doveva comportarsi: «Per adesso devi tenere questi soldi, servono per mantenere le mogli dei carcerati». Una delle poche regole che il giovane sembra conoscere, tanto che replica: «Vabbè lo so».

Coraggio, spietatezza, «onestà» - Il gip Marco Gaeta ricorda nell’ordinanza i requisiti richiesti per l’arruolamento in Cosa nostra, così per come erano emersi nel Maxiprocesso: «Salde doti di coraggio e di spietatezza (si ricordi che Leonardo Vitale divenne “uomo d'onore” dopo avere ucciso un uomo); una situazione familiare trasparente (secondo quel concetto di “onore” tipicamente siciliano, su cui tanto si è scritto e detto) e, soprattutto, assoluta mancanza di vincoli di parentela con “sbirri”. La prova di coraggio ovviamente non è richiesta per quei personaggi che rappresentano, secondo un’efficace espressione di Salvatore Contorno, la “faccia pulita” della mafia e cioè professionisti, pubblici amministratori, imprenditori».