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28/04/2010 04:44:49

Vendevano patacche con l'ipnosi: 13 arresti ad Alcamo. Tutti i particolari

Tra i reati contestati l'associazione per delinquere finalizzata alla truffa e la sostituzione di persona.
L'organizzazione si era specializzata in un classico della "sceneggiata": convincere le vittime ad acquistare a "prezzi di favore" (dai due ai cinquemila euro) gioielli falsi, spacciati per oggetti preziosi di elevato valore commerciale. Secondo le testimonianze raccolte dagli investigatori, in alcuni casi i truffatori avrebbero fatto ricorso anche a tecniche ipnotiche per indebolire la resistenza delle persone prese di mira.
I carabinieri, nella notte, hanno effettuato numerose perquisizioni domiciliari nelle province di Trapani e Palermo a carico di soggetti indagati a piede libero raggiunti da informazioni di garanzia.

I soggetti destinatari dell’odierna misura cautelare per i reati di “ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE, TRUFFA E SOSTITUZIONE DI PERSONA” sono:
1. GENOVA Filippo 50enne *
2. IMMESI Giuseppe 50enne *
3. IMMESI Domenico 30enne
4. INCONTRERA Michele 47enne*
5. VOLPE Christian 31enne
6. COSTANTINO Giuseppe 42enne
7. GRIMAUDO Antonino 46enne
8. BARONE Giovani 55enne
9. ARIZZI Francesco 49enne
10. ARIZZI Antonino 27enne
11. GRILLO Gaetano 44enne
12. GRISAFI Francesco 26enne
13. IMMESI Attilio 48enne
*promotori ed organizzatori con funzioni direttive dell’associazione.
La vicenda investigativa, coordinata dai sostituti procuratori dott. Vito Bertoni, dott. Andrea Tarondo e dott.ssa Paola Biondolillo, aveva inizio in data 24 ottobre 2008, allorquando i carabinieri di Castellamare del Golfo, nel corso di un servizio di controllo del territorio, avevano modo di rilevare la presenza in quel centro di persone sospette, due delle quali si davano alla fuga; il terzo, poi identificato per l’odierno indagato Genova Filippo, veniva controllato e trovato in possesso di una pila di cartoncini idonei a simulare una mazzetta di banconote, in testa alle quali si trovava una sola banconota autentica.
L’indagine permetteva di riunire 26 procedimenti penali inizialmente contro ignoti aperti da diverse Procure della Sicilia e di scoprire oltre 30 truffe consumate nei comuni di Alcamo, Trapani, Sciacca, Mazara del Vallo, Partinico, Ribera, Capaci, Bagheria, Battipaglia (SA), Porto Empedocle, Castellammare del Golfo, Casalnuovo di Napoli, Palermo, Erice. Per un valore complessivo di circa 100.000 (centomila) euro, con un taglio medio che oscillava tra i 1.000 ed i 5.000 euro a truffa.

Grazie ad una costante attività investigativa posta in essere dai Carabinieri di Castellammare del Golfo, si aveva modo di appurare come un gruppo di soggetti, tutti nati e residenti in Palermo, molti di loro pregiudicati e legati da reciproci vincoli di parentela, avevano studiato e messo in opera un ingegnoso meccanismo truffaldino, grazie al quale era riuscito a truffare alcuni malcapitati fermati per la strada secondo un collaudato schema operativo.
In tale schema, che prevede normalmente la presenza di tre soggetti agenti in formazione in danno della vittima designata e che è finalizzato a ricostruire una falsa realtà idonea ad ingannare il soggetto passivo con lo scopo di arrecargli un danno economico con pari profitto degli indagati, è normalmente prevista la presenza di tre figure “recitanti” così delineate:
• Il (finto) marinaio apparentemente straniero ma in realtà italiano che, esprimendosi in lingua straniera, adesca un anziano, sovente in prossimità di mercatini o luoghi affollati, facendogli credere di essere sbarcato da poco e di trovarsi in difficoltà nel rintracciare un indirizzo.
• Il (finto) interprete che raggiunge l’anziano ed il marinaio, simulando di comprenderne la lingua e così interloquendo con il complice, davanti alla vittima, informa la vittima dell’intenzione del marinaio di vendere delle pietre preziose. Riferisce infine di conoscere un orefice che potrebbe valutare le pietre ed eventualmente acquistarle. L’interprete, dopo l’intervento del terzo complice che esegue la valutazione dei preziosi, rimasto solo con la vittima, propone allo sprovveduto di partecipare ad una improvvisata società. Per tale motivo si dichiara disponibile a mettere a disposizione la maggior parte del denaro necessario all’affare, racchiuso in una mazzetta di banconote in suo possesso posta alla vista del malcapitato (poi dimostratasi agli inquirenti solo carta straccia) e proponendo a quest’ultimo la possibilità di partecipare all’affare, mettendo a disposizione la rimanente somma e realizzando così un immediato lauto guadagno, costituito dalla differenza tra il prezzo d’acquisto dei preziosi dal marinaio e la successiva rivendita dei medesimi al gioielliere.
• Il (finto) orefice chiamato in causa dall’interprete, raggiunge il gruppo per ultimo, valuta le pietre attestandone un congruo valore e chiede quindi al marinaio di attenderlo per consentirgli di “andare a prendere” il denaro necessario all’acquisto dei preziosi.
Tale collaudato sistema per un verso ha consentito ai membri del gruppo di sviluppare una notevole professionalità specifica affinandone le doti ingannatorie, e facilitando loro l’individuazione delle vittime predestinate; d’altro canto, però, ha costituito il tallone di Achille del sodalizio, perché proprio le modalità per così dire seriali e ripetitive della condotta posta in essere hanno consentito agli investigatori, una volta individuati gli appartenenti al consorzio criminoso, di ricondurre agli indagati la commissione di molti degli eventi delittuosi denunziati, trovando conferma grazie ai riconoscimenti necessariamente operato dalle vittime delle singole truffe.
Nell’opera di ricostruzione investigativa dei fatti per cui si procede, grande ausilio hanno fornito, sia l’acquisizione dei tabulati telefonici e dei relativi tracciamenti gps, sia le operazioni di intercettazione sulle utenze in uso a molti degli indagati che consentivano di accertare le varie trasferte operate dai membri del gruppo, che, talvolta mediante un meticoloso lavoro a ritroso negli archivi di polizia, consentiva di accertare che nella zona in cui si erano portati i soggetti intercettati si era effettivamente verificato uno degli episodi criminosi per cui si procede, con conseguente chiusura del cerchio allorquando le vittime avevano modo di riconoscere in fotografia gli indagati come gli autori delle truffe subite.
Ancora va osservato come le operazioni di ascolto riservato permettevano di decodificare un codice di comunicazione utilizzato dai membri del sodalizio nelle loro interlocuzioni telefoniche, per il quale con termine CONTRASTU si indicava la vittima della truffa, con il termine RUTTURA veniva indicata la truffa stessa e con il vocabolo PARANZA si faceva riferimento alla singola squadra operativa; a tal proposito, va rilevato come la parola PARANZA non sia stata scelta casualmente, poiché le singole squadre operative venivano volutamente equiparate alle barche da pesca che gettano le reti; ovviamente nella ideale rete gettata dagli indagati cadevano, o erano destinati a cadere, le vittime delle truffe seriali.
Il gruppo operava nelle provincie di Trapani, Palermo, Agrigento, giungendo ad agire in alcune circostanze in provincia di Napoli e Salerno.
Uno dei terreni privilegiati di azione erano le zone prossime ai mercatini, dove, per la maggiore frequentazione di persone, più facile era reperire soggetti ritenuti deboli e di facile abbordaggio.
Normalmente la parte del marinaio veniva affidata al soggetto più giovane (Grisafi Francesco, Immesi Domenico, Arizzi Antonino, Volpe Christian) mentre il ruolo dell’interprete veniva spesso recitato da Genova Filippo ed Immesi Giuseppe; il ruolo del gioelliere era spesso ricoperto da Arizzi Francesco o Incontrera Michele.