Quantcast
×
 
 
03/10/2011 18:04:36

Rileggiamo questa storia

Proposito nobile, ma non del tutto disinteressato, non solo per la necessità di un'unità nazionale di fronte all'incubo turco, ma anche per affermare una sua autonomia di regime, rispetto al Papa, anche in sede religiosa. I seguaci di Lutero in quell'assemblea presentarono un documento redatto dal loro migliore teologo che aveva grecizzato il suo cognome tedesco Schwarzerd («terra nera») in Melanchton/Melantone (1497-1560). Nella collana che l'editrice Claudiana ha dedicato a questo riformatore appare ora - a cura del nostro attuale maggior teologo protestante, Paolo Ricca - la Confessione augustana, il testo latino presentato appunto «all'invitto imperatore Carlo V, Cesare Augusto, nella Dieta di Augusta l'anno 1530» a nome della comunità luterana. Leggere quei 28 articoli vuol dire penetrare nel cuore del protestantesimo e scoprire il volto della Chiesa riformata. Una Chiesa assembleare non gerarchica, retta dalla predicazione del Vangelo e dai due sacramenti del battesimo e della cena del Signore, il cui Credo è basato sulle Scritture e sui primi grandi concili della Chiesa antica, dotata di un ministero ordinato, fatto di pastori e vescovi anche coniugati che hanno solo la missione di predicare il Vangelo e di amministrare i sacramenti. Se si vuole scavare più in profondità, in questi articoli brilla il primato del Vangelo, il cui contenuto è per eccellenza dono e perdono, grazia e fede: «mediante Cristo abbiamo la grazia, la giustizia, la remissione dei peccati» (n. 20). La Chiesa è l'assemblea dei fedeli il cui asse di unità non è un'autorità centrale, bensì il Vangelo, fonte di libertà, in netta distinzione dal potere civile. Interessante, nell'introduzione approntata da Ricca, è l'analisi del rapporto tra Melantone, che era una sorta di plenipotenziario alla Dieta, e Lutero che in quell'assemblea fu solo «spiritualmente presente». Il carteggio tra i due, riguardante la Confessione che Melantone aveva ormai steso, nella sostanza rivela un giudizio positivo, ma con una riserva: «secondo Lutero essa non dice abbastanza chiaramente che Cristo non è più la pietra angolare su cui è edificata la Chiesa di Roma». In pratica, pur celebrando una «confessione di fede davvero bellissima», Lutero la vorrebbe con una spezia polemica antipapale più saporosa. Questa riserva si irrobustì durante le trattative con la controparte cattolica rappresentata da un'équipe di teologi diretti da Johann Eck (1486-1543), una figura intellettualmente qualificata e molto più aperta di quanto abbia poi ritenuto il giudizio storico successivo. Per due mesi si protrasse la disputa e Melantone cercò con fervore un compromesso, insospettendo Lutero che pure continuava a stimarlo come un vero "Cristoforo", cioè portatore di Cristo.
Carlo V, spazientito per queste lungaggini a lui incomprensibili, puntò sull'accettazione da parte dei Riformati della Responsio cattolica di Eck e, di fronte all'ovvio rifiuto, dichiarò di «aver fatto confutare e fondatamente respingere, col Vangelo e la Sacra Scrittura, la Confessione Augustanadopo approfondita discussione di eccellenti teologi provenienti da molte nazioni». Concedeva ancora una mora di sette mesi ai luterani per optare o meno a favore di una pacificazione con la Chiesa cattolica, rimandando le eventuali controversie a un futuro concilio e impartendo norme ai principi elettori per la restaurazione dell'autorità episcopale nelle loro città. La Dieta di Augusta si chiudeva così con un fallimento che, però, Lutero esaltava come un trionfo, rivelando così il suo sostanziale distacco dall'opera condotta da Melantone: era «l'ultima tromba prima dell'ultimo giorno», la fine dell'inganno dei «papisti che avevano cercato di far credere all'imperatore che la nostra dottrina era insensata... I nostri infatti hanno liberamente confessato il Vangelo davanti all'imperatore e a tutto l'impero». Si compiva, così, in maniera definitiva quella frattura nella Chiesa
d'Occidente che permane fino ai nostri giorni, attorno alla quale ancora lavorano teologi qualificati, eredi di Melantone ed Eck e le rispettive comunità ecclesiali, attraverso un dialogo ecumenico faticoso ma necessario, per fortuna senza che sventoli sopra di esso nessun vessillo imperiale. 

Gianfranco Ravasi in “Il Sole 24 Ore” del 2 ottobre 2011
Melantone, La Confessione augustana (1530), a cura di Paolo Ricca, Claudiana, Torino, pagg. 326, € 32,00