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13/04/2012 18:23:14

L'equilibrio ritrovato nei dipinti di Paolo Pace

Questa pittura, così poco vincolata agli schemi di un naturalismo che risolve il manufatto pittorico in ... carta assorbente, insiste su un’apertura mentale che chiede forme e spazi nuovi per chiavi di lettura estranee ai luoghi comuni o al già visto. Sostenitore di un approccio decisamente critico verso assetti sociali iniqui e poco solidali, Pace procede attraverso una pratica di pittura contenuta, non gridata, fortemente allusiva, capace di cimentarsi con gli snodi che preoccupano le comunità del nostro tempo. Primo fra tutti il gigantismo architettonico, corpo e simbolo di una struttura apicale di potere cinica quanto alienante. Non a caso, il primo dipinto-denuncia è la superba imponenza dei grattacieli metropolitani che sovrastano imperiosamente un mappamondo diviso e a blocchi contrapposti. Ma, là dove la mano sottolinea l'anomalo primato della parte sul tutto, ecco seguire, in controtendenza, il profilo povero di una scaffalatura vuota, immagine inquietante di un contenitore senza contenuto. Dal palese si passa, dunque, alla presenza-assenza di un interno dove pesa amaramente il non detto sulla civiltà del libro minacciata, oggi, fino al punto da essere sostituita da uno schermo televisivo che veicola esperienze umane insieme ai saperi accumulati. Benché i colori siano sfumati e, comunque, abilitati ad un sapiente abbinamento, l'atmosfera è un misto di appagamento visivo e di un qualcosa di struggente, di sottilmente lirico a causa della mancanza proprio dei libri. Risulta anche convincente il tema della difesa della Natura, non certo inesauribile nelle risorse. Al pittore è sufficiente un piccolo formato in cui tanti papaveri, come farfalle primaverili, si rincorrono festose nell’aria tersa. La divisione del dipinto in tre sezioni non solo è arguzia tecnica ma rimane subordinata ad una natura pacificata, priva di violenza pur nella diversità di esistenze. Nostalgie arcadiche, se anche il piano marino, non ancora intaccato da mucillagine, è attraversato da limpide correnti gioiose e il processo di elaborazione si sviluppa pacatamente, senza sommarie casualità nè pesantezze. Ma, c'è un dipinto in cui l'uso della spatola raggiunge l'espressione più vera di audacia inventiva e tensione emotiva: la sagoma di un vascello che incerto vaga fra le acque sconvolte di un mare non più benigno. Per ottenere una resa pittorica così insolita, chissà quali robuste suggestioni, integrazioni ed esclusioni abbiano "covato" in quella sensibilità. L'osservatore si lascia volentieri abbandonare ai numerosi rilievi metaforici, mentre i densi richiami socio-culturali non lasciano presagire una dolce navigazione.


Peppe Sciabica