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05/07/2012 06:46:33

Grigoli e Messina Denaro: pene confermate, ma diminuite, in appello. Confisca per 250 milioni di euro

A Messina Denaro e' stata concessa infatti una riduzione di dieci anni di carcere: ne aveva avuti 30 davanti al tribunale di Marsala, ieri ne ha presi 20. Pena ribadita per Grigoli, che dovra' scontare 12 anni. La decisione di primo grado risale al 31 gennaio dell'anno scorso.
Il collegio presieduto da Biagio Insacco ha anche confermato la confisca dei beni per circa 250 milioni di euro nei confronti di Grigoli, considerato il "re dei supermercati", gestore del marchio Despar in Sicilia occidentale. Le accuse per i due imputati sono di associazione mafiosa. Grigoli, secondo l'accusa, avrebbe rafforzato Cosa nostra grazie ai suoi negozi: si e' sempre difeso sostenendo di essere "vittima della mafia", ma per l'accusa e' un prestanome del superboss. I beni oggi nuovamente confiscati a Grigoli sono 12 societa', 220 fabbricati, 60 ettari di terreno e una imbarcazione da diporto.

Unica parte civile è l’Associazione antiracket e antiusura di Trapani, presieduta da Paolo Salermo e rappresentata dall’avvocato Giuseppe Novara.

CHI E' GRIGOLI. Da titolare di una modesta bottega di alimentari, Grigoli ha costruito un vero impero. L'anno della svolta, per lui, secondo gli inquirenti, fu il 1974, quando un incendio, certamente doloso, gli distrusse il negozio. Fu allora che l'imprenditore avrebbe scelto i suoi referenti criminali e sarebbe passato dalla parte di Cosa nostra.

In trent'anni il commerciante di Castelvetrano ha spazzato via la concorrenza in mezza Sicilia, ha gestito in regime di sostanziale oligopolio la rete della distribuzione alimentare, ha aperto decine e decine di negozi Despar, tanto da meritare il soprannome di "re dei supermercati".

La prova dei suoi legami con le cosche, a dire dei pm, sarebbe addirittura cartacea. Nell'ultimo covo del boss di Corleone Bernardo Provenzano sono stati trovati una serie di pizzini in cui Messina Denaro si dava un gran da fare per tutelare gli interessi di Grigoli, dimostrando di conoscere a menadito addirittura la contabilità di un suo sperduto supermercato di Ribera, nell'Agrigentino.

Insomma, l'imprenditore sarebbe il "cassiere" del clan di Trapani, avrebbe riciclato il denaro sporco di Cosa nostra e dato lavoro, inoltre, a centinaia di persone vicine alla mafia o raccomandate dagli uomini d'onore.

LA MAFIA IMPRENDITRICE. Quella che emerge dalla vicenda giudiziaria di Giuseppe Grigoli è la fotografia della vera e propria mafia imprenditrice. Non più un rapporto tra servo e padrone, né sulla convenienza, basato sullo scambio finanziario con le imprese ed originato dai capitali frutto del narcotraffico. E' una mafia che fa egemonia, che adatta le regole a suo vantaggio, che si innerva nel tessuto economico e nelle professioni, in una trama di relazioni complici con la politica ed il sistema finanziario. L'istantanea di un sistema omertoso condiviso fino ai livelli più alti della società. Una mafia che costruisce il suo consenso non rinunciando mai al deterrente della violenza, e che sfoggia invece della lupara i titoli di studio di "uomini d'affari" e professionisti che frequentano i circoli che contano.

 



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