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21/07/2014 06:20:00

Giulia Adamo, la sospensione, Marsala. Fenomenologia da fine impero

 Non che non fossi anch'io sadico con gli animali quand'ero piccolo, ma mi limitavo a poche cose. Le lucertole, ricordo: le prendevo con delle trappole artigianali, le infilavo dentro dei barattoli, a volte tagliavo la coda. Le formiche, poi. C’erano grandi formicai in campagna, con formiche nere, enormi - ma dove sono le formiche di una volta? sono sparite, come le lucciole? - e seguivo questa fila lunghissima e laboriosa, ogni formica disciplinata dietro l’altra, con il suo pezzetto di cibo da portare, fino al formicaio: un buchino, circondato da un cumulo di terra finissima. E io allora mettevo il dito dentro, oppure lo allagavo, lo tappavo con del fango. Le formiche impazzivano, cominciavano a girare intorno, si trasmettevano le informazioni, una formica più grossa usciva da dentro, a volte una con le ali. Il loro impero cadeva così, sotto i miei occhi.
C’è sempre qualcosa di attraente nella distruzione di un impero, piccolo o grande, sia esso un formicaio o l’impero romano, una famiglia mafiosa o la Libia di Gheddafi. E non è morbosità, ma quasi una naturale empatia che abbiamo per i vinti della storia, anche se li abbiamo odiati, perchè ci insegnano la legge fondamentale della vita umana, e cioè che arriva prima o poi per tutti e per tutte le cose il momento della fine. E poi quando gli imperi cadono succede come nei formicai, qualcuno impazzisce, ognuno segue le sue traiettorie, si perde l’ordine, e quindi ci sono storie da raccontare.
Qui si commenta la fine di un impero che è piccolo - siamo formiche anche noi -, l’impero di Giulia Adamo, spazzato via da un temporale estivo.

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Quante telefonate mercoledì pomeriggio. Quando abbiamo battuto la notizia della condanna per concussione di Giulia Adamo le reazioni sono state quasi nulle. Ma quando abbiamo aggiunto che il Sindaco sarebbe stato sospeso, è successo il finimondo.
E allora tutti a chiamarmi, a farmi le felicitazioni, i complimenti. Un amico mi tiene anche il conto: dopo Ciro Caravà a Campobello di Mazara e Alberto Di Marzo a Pantelleria è il terzo Sindaco che ce l’aveva con te e che hai fatto fuori. C’è questa cosa - lo dicevo anche l’altra volta - tutta siciliana di intendere il giornalismo come una sorta di regolamento dei conti, per cui di conseguenza tutti hanno sempre pensato a Giulia Adamo come alla mia nemica, per via delle numerose e meschine azioni legali intraprese nei miei confronti per farmi tappare la bocca. In realtà io ho fatto sempre e solo il mio mestiere - sono altri miei colleghi a non farlo - e con Adamo ho cercato di avere i rapporti cordiali, buongiorno e buonasera, senza odio - per carità - con il massimo rispetto.
E’ per questo che a chi mi faceva i complimenti e gli auguri, quasi fosse la mia prima comunione (“Ti n’allibbettasti, ah?”) rispondevo che in realtà ero dispiaciuto per lei, per la città, per tutti noi.

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Dispiaciuto per lei, innanzitutto, per Giulia Adamo, condannata oggi per un fatto del 2005, una cosa lontanissima nel tempo. Non se ne fa una ragione, lei, di questa condanna, e conoscendola, so il perchè e lo dico, chiaramente, con responsabilità: Giulia Adamo è stata condannata per un episodio (“Non ti do il contributo se tu non ti dimetti da presidente”) che è simile a molti altri che, al di là del codice penale, sono la cifra della sua amministrazione. Di questi gesti, piccoli o grandi, ne fa almeno uno a settimana. E’ il suo modo di fare, che tutti i suoi alleati, o quelli che ne traggono beneficio, hanno sempre apprezzato in nome di una “efficenza” della sua amministrazione. Ma quante volte Giulia Adamo, da Sindaco, o da Presidente ha forzato le regole in nome di un interesse superiore della sua amministrazione? Vi ricordate, per esempio, quando ha autorizzato i pescatori marsalesi a violare le quote di pesca del tonno? O quando si è inventata un comandante dei vigili tutto suo?
Quante volte qualcuno ha denunciato questo modo di fare? Una sola, nel 2005 , ed è la condanna di questi giorni.

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Dispiace, poi, perchè Giulia Adamo è vittima illustre della Legge Severino, che sospende gli amministratori condannati per evitare che continuino ad inquinare la pubblica amministrazione. Troppo moralista, la legge Severino: sospendere oggi un Sindaco per un fatto del 2005 è una cosa assurda. Ma non è proprio Giulia Adamo la prima a fare la iper moralista sulla pelle degli altri? E’ quella che non ha voluto candidato nelle sue liste Manlio Mauro - persona corretta - , consigliere comunale uscente, perchè era tra i legali del mostruoso Pino Giammarinaro. Proprio lei si vantava di essere scappata da un bar di Salemi una volta che aveva visto dentro niente di meno che Giammarinaro, o che diceva che era uscita da Forza Italia, ai tempi, per non stare con il mostruoso D’Alì. Insomma, lei che dava patenti di moralità a tutti - cominciando dal giornalista “indegno marsalese” che qui scrive - alla fine è vittima del suo stesso comportamento (di facciata, perchè in privato, poi, certi incontri ad Adamo non sono mai dispiaciuti).

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E come le formiche quando il formicaio è allagato, il fine impero propone scene divertenti, altre imbarazzanti. Il Sindaco sospeso che si chiude nel suo ufficio - dove non potrebbe mettere piede - per fare il colpo a sorpresa e dire: va bene, me ne vado, ma faccio vice Benny Musillami il mio assessore più fidato, invece di quell’incapace di Antonio Vinci.

Un colpo di mano illegittimo, degno della Repubblica delle banane, che ha fatto irritare non poco la Prefettura, e lasciato a bocca aperta coloro - i pochi, in verità - che in città hanno ancora un certo senso della legge e un po’ di rispetto per le istituzioni.

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Sono triste per questa città, per questa politica alcolica, quasi che il nome che portiamo, il nome di quel vino famoso in tutto il mondo, il Marsala, sia una condanna. Non c’è sobrietà, non c’è lucidità. E’ una politica ubriaca, un andar per lampioni a cercare appoggio, sbraitando alla luna. E la cosa più vicina alla lucidità che abbiamo è quel pesante torpore da dopo pasto che caratterizza il panorama politico locale, soprattutto a sinistra, soprattutto il Pd. Un vorrei ma non posso, anzi un vorrei ma non voglio, ho sonno, lasciatemi la pancia piena dei miei appetiti sazi e il dolce torpore del “chissenefrega” su quello che avviene intorno.

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E sono triste per Benny Musillami, che stimavo e stimo, non fosse per altro che per una vicinanza generazionale, per quelle belle magliette che indossa, da architetto trendy “sono-di-sinistra-ma-non-sono-un-poveraccio-come-voi”. E che invece si è prestato al più mediocre dei giochetti - quasi un numero da avanspettacolo - farsi nominare vicesindaco per un giorno, nel colpetto di Stato che Giulia Adamo aveva in mente di fare. Per il numero di manifestazioni antimafia a cui partecipa, Musillami dovrebbe essere il primo fautore della trasparenza della pubblica ammnistrazione. E invece stava per fare il vicesindaco pupo. Perchè? Perchè abbassarsi a questo? La domanda che mi arrovella: quale programma amministrativo doveva garantire Benny Musillami per Giulia Adamo che invece il vicesindaco non del suo giro, Antonio Vinci, non poteva garantire? Ma cos’è oggi la Pubblica Amministrazione a Marsala?

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Sono triste anche per Antonio Vinci, che pena. Lui è il vicesindaco, pregusta il potere pieno e assoluto senza Giulia Adamo, e quella gli fa lo scherzetto, tenta di spodestarlo. Poi il tentativo non riesce, ma il re è nudo. Antonio Vinci dovrebbe dimettersi, subito, senza aspettare che glielo dica il Pd. E’ stato sfiduciato dal suo Sindaco, che ha pubblicamente fatto capire che lo riteneva incompetente a fare il suo supplente, e che c’erano delle ragioni da portare avanti che non erano quelle del Pd che l’ha servilmente fino ad ora riverita e difesa.
Antonio Vinci, dimettiti, fallo per Marsala, per tutti noi. Lo so, è difficile: ti toccherà l’indennità del Sindaco e i suoi pieni poteri, potrai fare il bello e il cattivo tempo, sarai il padrone di Marsala senza aver fatto un giorno di campagna elettorale. Ma sarà tutto storpio e abusivo, noi non possiamo permettercelo.

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Nella fenomenologia da fine impero ci sono poi tante altre cose interessanti da notare. Il mio amico Marco ne ha fatto mirabile sintesi: quando si asciuga la fogna viene fuori la migliore merda. Espressione forte, ma, dicevo, efficace.
E fa specie notare come, annusando l’aria di decadimento imminente, prendano le distanze da Giulia Adamo, coloro che sono stati i suoi più fedeli servitori. Si stanno riposizionando, perché capiscono che cambia il mercato.

E che dire di quelli che, da sinistra soprattutto, ora, cominciano a parlare. A scrivere, proporre, ragionare. Fanno l’opposizione. Ad un cadavere politico. Ma dove sono stati in questi due anni, quando, di fatto, l’Amministrazione di Giulia Adamo ha fatto il bello e il cattivo tempo con la complicità anche di chi, sulla carta, doveva essere “opposizione” (culturale, prima ancora che politica) al Sindaco?
Non sapete quante volte ho raccolto lamentele sul Sindaco Adamo di personaggi che mi hanno detto poi: questa cosa non la scrivere, non mi voglio esporre. Già, non conviene mai esporsi.
A meno che non vedi che la torre sta cadendo, e allora si, ti esponi, perché così puoi dire che nell’assalto alla fortezza anche tu hai lanciato il tuo sassolino.

E diciamocela tutta, quante anime belle che tra poco torneranno sul proscenio a discettare di giovani-legalità-cambiamento- sono state in questi anni in silenzio in nome di quell’unica antica domanda: “Soccu c’è pi mia?”

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Non so come finirà questa vicenda. La logica, il buon gusto, vorrebbe che Giulia Adamo si dimettesse da Sindaco, godendosi doppia pensione e piscina da poco sanata per il resto dei suoi giorni, e liberando la città da questo cappio.
Non lo farà. Logica e buon gusto vorrebbe allora che il Pd desse la spallata, ritrovando la dignità perduta il giorno in cui decise di candidare Adamo a Marsala (decisione presa a Palermo, da Baldo Gucciardi e soci) per vincere facile, senza neanche fare le primarie.
Chissà invece cosa succederà, chissà. Gli appetiti sono sazi, il torpore incombe.

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(Il giorno dopo tornavo sempre a controllare i formicai che avevo devastato. Con mia sorpresa - ma cosa non ti sorprende quando sei un bambino - notavo che le formiche non solo erano ancora lì, ma avevano ricostruito tutto, il buco, la montagnola di terra, le file disciplinate, i carichi. E se proprio avevo devastato la loro tana, l’avevano ricostruita, gemella, a pochi passi.
C’è sempre un nuovo inizio, sembravano dire. Se segui le regole, il lavoro, anche nel tuo piccolo, nel tuo essere formica, puoi sempre ricominciare, qualcosa di nuovo lo costruisci. Non c’è disgrazia che tenga. L’importante è svegliarsi dal torpore, non sbandare come ubriachi, fare il proprio dovere fino in fondo.

Puoi sempre ricominciare, dicono le formiche).

 

Giacomo Di Girolamo



Editoriali | 2024-12-11 06:00:00
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