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23/09/2014 13:28:00

Fabrizio Clerici alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma

Sono appena terminate (20 e 21 settembre) le Giornate Europee del Patrimonio durante le quali, in molti musei, è possibile accedere con un biglietto di un euro.

Ha partecipato all’iniziativa la GNAM, la galleria romana che gode di una collezione permanente con firme eccezionali dell’arte moderna e contemporanea. Da De Chirico a Van Gogh, a una delle più famose tele di Klimt (Le tre età della donna) circondata dai colori dorati di Previati, con un tuffo indietro alla scultura di Canova (Ercole e Lica).

Oltre a questi nomi eccellenti, la Galleria si rinnova costantemente con l’aggiunta delle esposizioni temporanee. Attualmente è possibile ammirare le creazioni del designer Marcello Morandini. Una parte del museo ospita, inoltre, l’interessantissima mostra tematica “La forma della seduzione. Il corpo femminile nell’arte del ‘900” con un nudo femminile di Modigliani che apre il percorso.

Sorpresa e riscoperta nello spazio dedicato al pittore Fabrizio Clerici - colui che aveva appassionato Dalì - che ci affascina con una tela di dimensioni straordinarie (361 per 520 cm). Si tratta del Sonno romano (olio su tela del 1985), una delle più sublimi e delicate rappresentazioni del tema della caducità del tempo.

Come una sorta di impalcatura ormai in disuso, come fosse una scenografia abbandonata o il magazzino di un collezionista, lo sguardo si incanta su un ambiente poco illuminato che ospita corpi quasi umani in posizione di totale abbandono. Dopo qualche istante realizziamo che all’interno di questa atmosfera surreale si adagiano reperti storici, ricoperti da morbidi drappi, vestigia di antiche civiltà.

Analizzando i dettagli, scopriamo un’opera intertestuale in cui ogni statua dipinta ne richiama una reale. Ecco la Bocca della Verità appoggiata sull’ angolo sinistro; ecco in basso, in posizione prona, il languido corpo dell’Ermafrodito dormiente (una scultura ellenistica esposta alla Galleria Borghese). Nella figura interamente ricoperta da un velo di stoffa vi è un riferimento al Cristo velato (scultura del 1753 di Giuseppe Sanmartino che si trova nella cappella Sansevero di Napoli) e ancora, in posizione centralissima, Santa Cecilia (ispirata alla scultura del secentesco Stefano Maderno della cappella di Santa Cecilia in Trastevere). E così via, dai marmi del Bernini agli stucchi del Serpotta, ogni statua raffigurata in questo scenario è la citazione di una scultura antica.

Sparsi qua e là nastri, foglie, anfore e altri frammenti. Gli scheletri che giacciono sotto le tavole di legno contrastano con la natura vivente delle melagrane in primo piano e proprio in mezzo a quei frutti vermigli si nasconde un teschio, inquietante memento mori.

Tutta la classicità greca e romana è qui esposta, idealizzata, alleggerita tanto da richiamare alla mente un antico teatro in cui si è appena svolta una tragedia. Clerici fu, tra l’altro, artista poliedrico: oltre che architetto e pittore, lavorò come scenografo, costumista, fotografo.

Ci si chiede se questa scena sia un malinconico e decadente sonno di una preziosa civiltà che non tornerà più, o piuttosto un sunto di simboli legati alle più importanti culture passate, con l’intento di risvegliare le coscienze dello spettatore contemporaneo, sempre più intorpidito e atarassico.

 

Tuttavia la magia della tela è ben oltre al significato, oltre la tecnica pittorica e le scelte sapienti. È ben al di là dell’originalità dell’idea.

È, forse, nell’atmosfera sospesa evocata da quella luce fatata, fioca e laterale. È in quel soffio di vita che per un attimo sembra entrare dall’angolo superiore del quadro e animare le figure dormienti, come in un’istantanea, per immortalarle nel “per sempre” dell’arte. È nella grazia, nel perfetto equilibrio del tutto. Instancabilmente, inesorabilmente, la vita e la morte si intrecciano e l’Arte - specchio dell’umana esistenza - le concilia sempre.

http://www.gnam.beniculturali.it/

 

Sabrina Sciabica