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08/10/2014 07:38:00

Marsala, abusi sessuali al Rubino. Il processo verso la conclusione

Si avvia verso la dirittura finale il processo per i presunti abusi sessuali commessi all’Istituto Rubino e che alla sbarra degli imputati, davanti al Tribunale i Marsala, vede Giuseppa Signorelli, 51 anni, ex responsabile dell’unità assistenziale, e a Vincenzo Galfano, di 49, bidello. Entrambi posto agli arresti domiciliari il 3 ottobre 2012 con la pesante accusa di ‘’violenza sessuale continuata e aggravata in danno di una minorenne’’. Nell’ultima udienza, è stato acquisito il verbale d’interrogatorio di un medico indicato nella lista testi della difesa, mentre il prossimo 20 ottobre il pm e i legali degli imputati formuleranno le ultime richieste di prova ex articolo 507 del codice di procedura penale. Pare, che la difesa (avvocati Stefano Pellegrino e Roberta Piccione) intenda chiedere altre testimonianze. Presunta vittima delle violenze sessuali di Signorelli e Galfano (tornati in libertà ai primi dello scorso dicembre) è N.C., che adesso ha 16 anni. Gli abusi sarebbero stati commessi tra il 2005 e il 2009.

CASE POPOLARI VIA MAZARA. Riprenderà il 2 febbraio davanti a un altro giudice monocratico (Torre, anziché Riggio, trasferitosi a Palermo) il processo che con l’accusa di occupazione abusiva vede imputate 25 persone, in buona parte capi famiglia, che il 30 luglio 2009 dovettero lasciare, assieme ai loro familiari, le tre palazzine popolari di via Mazara per le quali, a causa dei problemi di staticità, il sindaco Renzo Carini emise ordinanza di sgombero. Alla sbarra sono Rosaria De Marco, Francesca Salluzzo, Nicola Maltese, Nicola Abate, Nicola Li Causi, Michele Fumusa, Salvatore Genovese, Salvatore Patti, Baldassare Gusmano, Vito Fumusa, Antonino Grignani, Domenico Ferrara, Vittorio Bonanno, Salvatore Ferrara, Elvira Coppola, Leonardo Gusmano, Giovanni Cusenza, Gaspare Accardi, Maria Impiccichè, Andrea Vanella, Salvatore Impiccichè, Francesco Pellegrino, Mario D’Amico, Leonarda Ferro e Giovanni Ferro. Quindici di loro sono difesi dall’avvocato Giuseppe Gandolfo, che nell’ultima ha prodotto la delibera della giunta municipale di Marsala n. 208 del 28 luglio 2009 con la quale fu disposto un contributo di 250 euro al mese per ogni famiglia al fine di contribuire al pagamento dell’affitto degli immobili in cui queste si trasferirono dopo lo sgombero forzato. Il legale ha, inoltre, prodotto le domande di sanatoria inoltrate allo Iacp dai 25 imputati che ‘’in buona fede’’ occupavano gli alloggi. Acquisite nel 2009 dallo Iacp, la vicenda delle palazzine (quattro in tutto) ebbe inizio nel 1957, quando, il Comune cedette l’area all’Unrra-Casas e al Ministero dei Lavori pubblici per la costruzione di alloggi (28 appartamenti), mai completati per il fallimento dell’impresa che vinse l’appalto. Nel 1977, poi, il Comune requisì le palazzine per assegnarle a famiglie bisognose. Nel corso del processo, è stato ascoltato il maresciallo Francesco Pellegrino, della sezione di pg dei carabinieri della Procura, che ha spiegato che lo scopo iniziale dell’indagine non era quello di perseguire quella povera gente, ma accertare come mai non si riusciva a capire, per tanto tempo, chi era l’ente proprietario delle palazzine e perché non si riusciva a completarne la realizzazione.

SCIRE'. Coinvolto nell’operazione antimafia ‘’Golem 2’’, che il 15 marzo 2010 vide finire in carcere numerosi presunti affiliati a Cosa Nostra e fiancheggiatori del boss Matteo Messina Denaro, probabilmente per un equivoco finì, su diversi organi d’informazione, nella lista degli arrestati. In realtà, era ‘’soltanto’’ indagato (subì una perquisizione). Protagonista della vicenda il marsalese (ma castelvetranese d’origine) Vincenzo Scirè, che dopo essersi ripreso dallo choc querelò tutti quelli che lo avevano inserito nella lista degli arrestati. Tra le testate trascinate in giudizio anche l’emittente televisiva marsalese ‘’Canale 2’’. Alla sbarra, quindi, davanti al giudice monocratico Torre, sono finiti, con l’accusa di diffamazione a mezzo stampa, il direttore responsabile dell’emittente, Nicola Baldarotta, e Paola Musumeci, che registrò, in quella concitata mattinata, l’audio del servizio relativo alla maxi-operazione di polizia. In tribunale, lunedì scorso, Paola Musumeci si è difesa dicendo avere fatto - in attesa del servizio redatto dal corrispondente da Trapani Francesco Greco, che seguì la conferenza stampa - un sunto del comunicato della polizia, aiutandosi inoltre con quanto era già su internet. ‘’In attesa del tg delle 14 – ha spiegato la Musumeci – ho consultato su internet diversi siti giornalistici, come Repubblica e la Reuters, e qui tra gli arrestati leggevo il nome di Vincenzo Scirè’’. ‘’Ma non abbiamo specificato né l'età, né altri dati che potessero identificare la persona’’ ha poi affermato, in una dichiarazione spontanea, Nicola Baldarotta. Quest’ultimo ha aggiunto: ''Non ci è mai pervenuta alcuna richiesta di rettifica, ma solo la querela''. Intanto, per Vincenzo Scirè non c’è mai stato un processo. La Dda, infatti, dopo averlo indagato (e se il nome di Scirè è uscito fuori non è stato certo colpa dei giornalisti), non ha mai chiesto il rinvio a giudizio. Il procedimento penale sarebbe rimasto in una sorta di limbo. Dovrebbe essere stato archiviato. E nulla si sa ancora (‘’Niente è stato mai notificato’’ dice l’avvocato Arianna Rallo, legale di Scirè) neppure del procedimento eventualmente avviato per falsa testimonianza a seguito della richiesta del pm della Dda Pierangelo Padova, che lo scorso 16 gennaio, nell’ambito del processo ‘’Campus Belli’’ (Ciro Caravà + 6), ha chiesto la trasmissione alla Procura di Marsala degli atti d’udienza in cui furono ascoltati, come testi, Giuseppe Iossa, Giuseppe Curaba e Vincenzo Scirè. ‘’False dichiarazioni – disse il pubblico ministero – ha reso anche Vincenzo Scirè’’. Nel corso del processo a Caravà (l’ex sindaco fu, poi, assolto dall’accusa di associazione mafiosa), Giuseppe Grigoli, ex ‘’re dei supermercati Despar’’ in Sicilia occidentale, condannato a 12 anni di carcere per mafia, parlò di Scirè in relazione alla vendita ‘’simulata’’ di un magazzino a Campobello di Mazara. Questa la versione Grigoli sulla vicenda: ‘’Nel 2007 stavo costruendo un supermercato a Campobello ed Enzo Scirè, allora assicuratore Ras, mi disse che l’Eurofarida doveva fare un leasing, ma non poteva. Scirè mi frequentava tramite Salvatore Messina Denaro, fratello di Matteo. Un giorno, qualche mese prima del mio arresto (20 dicembre 2007, ndr), Scirè mi disse che c’era Salvatore che mi voleva parlare. All’appuntamento, con Messina Denaro c’erano anche i proprietari dell’Eurofarida. Salvatore mi chiama a parte e mi dice che dovevo prestare dei soldi a questa società. Aveva un foglio di carta in mano. Lo ha letto e poi gli ha dato fuoco davanti a me con un accendino e mi ha detto che a queste persone non poteva dire di no e io avrei dovuto prestare loro 500 mila euro’’. ‘’Ho pagato fino a 410 mila euro – ha continuato Grigoli - il resto non l’ho dato. Io non ero interessato al magazzino, ma solo a un locale commerciale. L’ho fatto solo per dare i soldi a loro. Salvatore Messina Denaro me lo ha imposto – ha spiegato rispondendo al presidente Natoli – mi ha detto che prima avrei dovuto dare i soldi e poi lui me li avrebbe fatti ridare’’. Il pm gli ha chiesto di chiarire in che modo abbia subito l’imposizione. ‘’Perché loro sono quelli che sono – è stata la risposta - e io sono nessuno. Loro sono i mafiosi della provincia di Trapani. Così, essendo sprovvisto di denaro liquido, è stato simulato l’acquisto del magazzino. Loro avevano due anni di tempo per restituirmeli e non chiesi nessun interesse. L’atto l’abbiamo fatto dal notaio Barracco di Mazara nel 2007’’. A chiedergli di esplicitare meglio la figura di Scirè fu l’avvocato di parte civile Giuseppe Gandolfo. ‘’Si chiama Enzo Scirè – rispose Grigoli - e abita a Marsala. La moglie lavorava in banca. Nel ‘99 gli ho prestato 15 milioni e non li ho mai avuti indietro’’. Il processo a Baldarotta e Musumeci proseguirà il 2 marzo 2015.

 



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