Quantcast
×
 
 
14/09/2015 09:56:00

Meditazione dalla Chiesa Valdese: L'ansia e il futuro

Oggi vi proporrò alcune riflessioni su i  versetti del famoso  “Sermone sul monte” ( o “Discorso della montagna”, come dicono i cattolici), che cominciano con la frase “ non siate in ansia per la vostra vita, di cosa mangerete…” e si concludono con  “Basta a ciascun giorno il suo affanno”. Si tratta del testo proposto per la predicazione di questa domenica 13 settembre dal “Lezionario” delle chiese evangeliche in Italia ( Matteo 6, 25-34)

Questo culto è iniziato con un testo che apparentemente non c’entra niente. Come saluto di apertura abbiamo letto alcuni versi dell’INNO ALLA GIOIA di Friedrich von Schiller.

     

Abbracciatevi, moltitudini!

Questo bacio vada al mondo intero!

Fratelli, sopra il cielo stellato

deve abitare un padre affettuoso.

Vi inginocchiate, moltitudini? 

 Intuisci il tuo creatore, mondo?

Cercalo sopra il cielo stellato!

Sopra le stelle deve abitare!

 

Gioia si chiama la forte molla

 che sta nella natura eterna

 

Il giovane Schiller  compose quest’ode  nel 1785, a 26 anni. Quasi quaranta anni dopo, nel 1823, nella capitale dell’impero asburgico, Vienna,  viene suonata per la prima volta la NONA SINFONIA  di un grande musicista, Ludwig van Beethoven. L’INNO ALLA GIOIA è stato inserito come parte conclusiva della sinfonia. Per le prima volta nella storia della musica le parole – e quindi il canto di solisti e di un grande coro -  accompagnano la voce degli strumenti in  una sinfonia. Quasi 200 anni dopo,  nel 1972, il Consiglio d’Europa sceglie  la musica composta da Beethoven per l’Inno alla gioia  come  INNO D’EUROPA… ma non le parole…soltanto la musica.

Nelle scuole elementari i bambini apprendono, accanto all’Inno d’Italia anche L’Inno d’Europa. Ma per canticchiarlo hanno bisogno di parole, che ufficialmente non esistono. Ho notato, ascoltando i miei nipotini, che le maestre utilizzano i versi di Schiller, accompagnati a volte, a caso, da versi improvvisati dalle stesse insegnanti. Sempre  si parla però di amore fra i popoli, di fraternità e di gioia. Non lo sapevo, non c’avevo mai badato, non mi passava nemmeno per la testa che l’Europa avesse scelto la musica senza le parole. Quando me ne sono accorto – preparando questo culto – sono rimasto sbalordito.  Perché? Non lo so. Ci sarà un perché, ma non ho avuto il tempo di cercarlo. E poi, non mi interessa. C’è il FATTO: l’Europa ha rifiutato le parole di un  Inno che esalta la GIOIA e sostiene che la gioia nasce dalla fratellanza fra i popoli, dall’amicizia, che canta   “ Abbracciatevi, moltitudini!/ Questo bacio vada al mondo intero!”    L’Europa di questi ultimi anni, in particolare di questi ultimi mesi, con lo strozzamento finanziario feroce, impietoso di un popolo della sua stessa famiglia, la Grecia,  e con le crisi che provoca l’arrivo dei fuggiaschi  dalle guerre che insanguinano la terra e a cui si risponde con il risorgere di nazionalismi e fascismi, questa Europa non è capace di cantare “Abbracciatevi,  moltitudini!”, non vi è gioia in questa Europa. E’ un’Europa piena di ansia, ogni Paese vede crescere le preoccupazioni di larghi strati delle popolazioni che rifiutano l’accoglienza ai profughi urlando “ il nostro cibo è per noi, tornate alle vostre case!”. Eppure, quelli che urlano così sanno benissimo che quei profughi non hanno più casa e che di cibo qui in Europa ce n’è in sovrabbondanza per tutti.

L’Ansia, l’Ansia, L’ANSIA.  Il panico per un futuro che non conosci e che sai benissimo che non puoi  controllare a pieno. L’inatteso, l’imprevedibile è sempre possibile e tu non sei preparato ad affrontarlo, non hai le risorse.  E allora tutti concentrati a preparare difese, a riempire i granai,  dice Gesù, e da ciò la guerra di tutti contro tutti.

E con l’Ansia siamo precipitati dentro le parole che l’Evangelista Matteo fa pronunciare a Gesù.

Nei nove versetti proposti, oggi, alla nostra riflessione la parola ANSIA ricorre  ben sei volte .

                            DAL SERMONE SUL MONTE  

25. Perciò vi dico: non siate in ansia per la vostra vita, di che cosa mangerete o di cosa berrete, né per il vostro corpo, di che vi vestirete. Non è la vita più del nutrimento e il corpo più del vestito?

26.Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro?

27.E chi di voi può, con la propria ansietà, aggiungere un’ora sola alla durata della sua vita?

28. E perché siete così ansiosi per il vestire? Osservate come crescono i gigli della campagna: essi non faticano e non filano;

29. eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, si vestì come uno di loro.

30. Ora se Dio veste in questa maniera l’erba dei campi che oggi è e domani è gettata nel forno, non farà molto di più per voi, o gente di poca fede?

31. Non siate dunque in ansia, dicendo “ Che mangeremo? Che berremo? Di che cosa ci vestiremo?”

32. Perché sono i pagani che ricercano tutte queste cose; il Padre vostro celeste,infatti, sa che avete bisogno di tutte queste cose.

33. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in più.

34. Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    

E’ un testo famosissimo, molto bello dal punto di vista artistico, con le immagini degli uccelli del cielo ( che non accumulano in granai) e dei gigli dei campi  ( che nemmeno Salomone poteva vestirsi così splendidamente), con quel detto finale ( che è diventato proverbio): “ Basta a ciascun giorno il suo affanno”.

Però ciò che vuol veramente dire si riduce a poche parole, più o meno queste : perché preoccuparsi  per il mangiare, il bere, il vestire, per la stessa vita? Non potete aggiungere nemmeno un’ora alla vostra vita. Il vostro padre celeste provvederà a voi. Cercate il regno di Dio e la sua giustizia e il mangiare, il bere, il vestire saranno assicurati a tutti, né ci sarà da stare in ansia per il domani.

Anzi, il nucleo del messaggio è l’ultima frase, che ripeto: Cercate il Regno di Dio e la sua giustizia e il mangiare il bere il vestire saranno assicurati a tutti, né ci sarà da stare in ansia per il domani.

Si tratta del leit motiv  di tutta la predicazione di Gesù , tenendo presente che il regno di Dio di cui parla Gesù non è in un  altro mondo ma – come risponde ai farisei – “ è in mezzo a voi” : appunto dove la preoccupazione del mangiare, bere, vestire non c’è più perché l’ansia è sconfitta dalla “fraternità. “ Abbracciatevi, moltitudini…Gioia è la forte molla / che sta nella natura eterna” esclama il giovane Friedrich, auspicando un modo di pace, cioè il Regno di Dio su questa terra.

A questo punto  pensavo di aver concluso queste poche considerazioni, e invece no. Qualcosa non funziona.  Sento stridere le parole di Gesù. Non va.  Ma a chi sta parlando Gesù? Tenete presenti tutte quelle belle immagini, e gli uccelli del cielo e i gigli dei campi. Ma Gesù potrebbe fare questo discorso alla folla dei siriani sbattuti in mezzo  a una campagna deserta dalle milizie ungheresi, dopo aver percorso migliaia di chilometri a piedi,  lo potrebbe fare ai loro bambini sofferenti? Potrebbe dirgli, senza essere preso per demente o per un provocatore “ non preoccupatevi del domani”?  Potrebbe mettersi su un bel motoscafo d’altura, incrociare un barcone con cinquecento fuggiaschi dall’Africa, e gridargli “ non siate in ansia per la vostra vita” ?  Potrebbe andare da quel bracciante pugliese morto quattro giorni fa per la fatica della raccolta dei pomodori sotto un sole torrido e la minaccia  degli sfruttatori di manodopera al nero, e dirgli “ considera che non puoi aggiungere nemmeno un’ora alla tua vita” ?   Potrebbe? Ovviamente non potrebbe. E allora?  Ma a chi sta parlando Gesù?  Non  a questi disgraziati,  ma a me, a te che ci incontriamo in questo luogo di culto, a noi che viviamo in questa Europa grassa  e che piangiamo non perché non possiamo vestirci ma perché abbiamo difficoltà a comprare il “capo firmato”; non si rivolge nemmeno a tutti gli altri che non siano nella miseria  e nelle disgrazie. Sta rivolgendosi ai suoi “discepoli”, che non sono i “dodici” o la cerchia dei più vicini a lui, ma le folle che lo seguono e che lo ascoltano, che stanno lì, davanti a lui, nella spianata del monte. Certamente non si tratta di profughi né di morti di fame.  Quando parlerà del Giudizio finale di Dio, dirà agli stessi  che saranno fra gli eletti perché “avevo fame e mi avete dato da mangiare, sete e mi avete dato da bere, ero nudo e mi avete vestito”. A questi sta parlando Gesù e questo è il regno di Dio e la sua giustizia.

Giovanni Lombardo    -  13 sett 2015