La scomparsa del Prof. De Mauro lascia un vuoto incolmabile nel mondo della cultura italiana.
Un innovatore senza dubbio.
Uno studioso che ha passato tutta la vita a proporre delle soluzioni per la costruzione di un Paese più giusto, un Paese (è la storia delle più grandi ed efficienti economie d'Europa e del mondo) che se vuole rinnovare se stesso, dando una prospettiva alle nuove generazioni, non può che partire dalla “centralità” della cultura e dagli investimenti, troppo pochi nel nostro, nella ricerca.
Nell'ultimo anno ho avuto modo di conoscere il prof. De Mauro, apprezzarne la modestia tipica dei grandi.
C'è un titolo in particolare, leggendo in questi giorni i tanti tributi alla sua memoria, che rende l'idea su quale sia il mio stato d'animo oggi.
E' di Giulio Cavalli: “De Mauro, cosa ci siamo persi”...
Ed è proprio così, vale anche per la nostra Città.
Da quando gli tributammo la cittadinanza onoraria eravamo riusciti ad instaurare una interlocuzione finalizzata alla costruzione di una serie di iniziative e di idee da mettere in campo per dare un nuovo corso alle politiche culturali.
Questa interlocuzione si è interrotta troppo presto purtroppo ma è proprio in suo onore, era quanto mi scriveva nell'ultima mail inviatami, che dovremo lavorare con ancora più determinazione.
Nelle occasioni in cui abbiamo avuto modo di trascorrere del tempo insieme sentivo di crescere nel momento stesso in cui rispondeva a delle mie curiosità sul suo percorso di vita od in merito a dei consigli che sfacciatamente cercavo di carpire.
Rimane il fatto che se i ministri alla pubblica istruzione negli anni avessero seguito le sue direttive in materia, oggi probabilmente in Italia parleremmo di una scuola degna di competere sul piano della qualità con le migliori realtà d'Europa. Così non è purtroppo.
D'altronde “chi semina vento...”.
E' così, se il mondo dell'istruzione funziona, se la scuola funziona il risultato è quello di aver formato delle intelligenze tali da non rimanere schiave dell'ignoranza, funzionale quasi sempre ai desiderata del “potere dominante”, è così, da sempre.
Tema di grande attualità, nel tempo della “post-verità”, dove ogni giorno abbiamo contezza visitando i social network, di quanto sia pericoloso per la democrazia “l'analfabetismo funzionale”.
L'analfabetismo quale “instrumentum regni”.
Fanno rabbrividire gli esiti degli studi che ha condotto sulla popolazione italiana, su quanti cittadini hanno letto almeno un libro, quanti leggono un giornale con regolarità e quanti hanno la capacità (anche laureati) di comprendere un testo.
“La Democrazia vive se c'è un buon livello di cultura diffusa. Se questo non c'è, le istituzioni democratiche sono delle forme vuote” - diceva.
Ed è da lì che dobbiamo ripartire se, come auspicavamo davanti ad un bicchiere di vino, vogliamo anche noi lasciare il segno di un nuovo corso per questa Città.
Città che si era arricchita della sua presenza affettuosa negli ultimi dieci anni ma che forse troppo tardi, è questo il mio rammarico, ha realizzato che sarebbe stato opportuno tributargli omaggio.
A noi rimarrà il ricordo di quella lectio magistralis sull'Europa del settembre scorso.
Sulla necessità del ripartire dal sogno europeo, mettendo al centro quella che è un po' la pietra fondante dell'idea stessa di Europa unita: il “Manifesto di Ventotene”.
De Mauro ci parlò di cultura, di storia, di solidarietà e di mescolanza.
Le tre condizioni attraverso le quali indirizzare la nostra società verso il progresso.
Faremo tesoro dei suoi insegnamenti.
Daniele Nuccio