Quantcast
×
 
 
21/01/2017 06:35:00

Marsala, i guai dell'Antiracket e l'imbarazzo del Movimento 5 Stelle

Ha conseguenze anche politiche la brutta reputazione che si sta creando l'Associazione Antiracket di Marsala e che imbarazza anche il Movimento 5 Stelle in città. Gli attivisti di uno dei due meetup, il luogo di discussione che costituisce la base grillina, intervengono dopo la diffida di Manfredi Borsellino, il figlio del giudice ucciso nella strage di via d'Amelio, ed esprimono “distanza” dall'associazione di cui fanno parte molti attivisti del Movimento 5 Stelle.
L'associazione negli ultimi anni è stata trasformata e rinominata “Associazione antiracket e antimafie Paolo Borsellino Onlus”. Una associazione che è molto attiva nella costituzione di parte civile nei processi di mafia, e nulla di più è la sua attività antimafia sul territorio. Il presidente è Antonino Chirco, ma il dominus è l'avvocato Giuseppe Gandolfo a cui l'associazione conferisce gli incarichi per la costituzione di parte civile nei vari processi in giro per l'Italia. Ma cosa c'entra il movimento 5 Stelle di Marsala con questa storia?
Lo abbiamo raccontato qui, a proposito delle divisioni dei grillini marsalesi anche per le vicende dell'associazione. Prima delle elezioni il Movimento di Marsala era diviso in due. Un meetup, chiamato Movimento 5 Stelle Marsala, quello storico, e un altro chiamato Marsala 5 Stelle. Quest'ultimo raggruppava il comitato elettorale, e tutti i fan, di Peppe Gandolfo, che nel 2012 si candidò sindaco di Marsala. Per ottenere il simbolo i due gruppi dovevano unirsi, e così avvenne. Adesso si sono scissi nuovamente, ed è nato Marsala in Movimento, in cui sono presenti i “gandolfiani”, e altri attivisti dell'associazione.
Del caso se n'è occupato anche il senatore Vincenzo Maurizio Santangelo
che nel corso di una riunione ha detto a quelli dell'associazione di chiarire le cose – come ha confermato anche Chirco – perchè non è possibile far parte di una associazione di questo tipo e del movimento.
Adesso, dopo gli ultimi fatti, all'interno del Movimento 5 Stelle di Marsala si muovono un po' di cose. Il meetup Movimento 5 Stelle Marsala, il gruppo storico, per intenderci, è uscito allo scoperto “scomunicando” quell'altro gruppo, nonché gli appartenenti all'associazione. “Il meetup non è il Movimento 5 Stelle, ma una delle sue officine sul territorio”, dicono.
Gli attivisti dichiarano di “ripudiare la mafia in ogni sua forma” e di essere certi che l'associazione Antiracket “opera nella legalità, ma è stata più volte accusata di comportamenti poco etici o inappropriati da parte di più articoli giornalistici ed inoltre diffidata dalla stessa famiglia Borsellino all’utilizzo del nome del familiare”.
Il meetup – continuano gli attivisti - ha più volte chiesto alla suddetta associazione e al suo direttivo di allontanarsi dal gruppo per salvaguardarne l’immagine, ma gli inviti degli attivisti non sono stati presi in considerazione”. Allora il gruppo si dissocia dall'associazione “che nella sua prassi di lotta all’illegalità, viene allontanata dalle istituzioni, infondendo nell’opinione pubblica dubbi sulla veridicità dei suoi reali obbiettivi sociali”.

In forte imbarazzo è anche il consigliere comunale del Movimento, Aldo Rodriquez. In imbarazzo perchè fa parte dell'associazione, e proviene da quel gruppo, dal meetup fondato dal “comitato elettorale” dell'avvocato Gandolfo. “Può coesistere benissimo all'interno del Movimento 5 Stelle”, ha detto Rodriquez difendendo l'associazione. “C'è un presidente e si vedrà che percorso seguirà in base alle cose che ha detto Borsellino”. Certo è che sono giorni molti frenetici nel Movimento, nell'associazione, e anche di profonda riflessione nell'antimafia.

L'Antiracket e Antimafie “Paolo Borsellino” Onlus è una creatura, che attraverso l’avvocato Gandolfo, gira in lungo e in largo i tribunali di tutta Italia lanciandosi nel business della costituzione di parte civile contro la criminalità organizzata o per reati ambientali o di usura. L' Antiracket di Marsala, troppo stretta come denominazione per affrontare processi oltre la provincia, si è trasformata proprio per questa ragione in “Associazione Antiracket e Antimafie Paolo Borsellino Onlus”. Tutto quadra. "Le mafie", non più la mafia, consente di far rientrare nella lista dei processi in cui costituirsi parte civili anche quelli contro le ‘ndrine di tutta Italia, come quello Aemilia in cui l'associazione ha ottenuto già una bel risarcimento. O ancora le associazioni criminali ibride, come Mafia Capitale. Spuntano sedi fittizie. In Piemonte, a Roma, a Bologna. Quando non c’è neanche quella di Marsala, quasi, in una stanza del comando dei vigili urbani quasi sempre chiusa. “Ampliamo gli orizzonti”, ha detto in una conferenza stampa l'ex presidente Enzo Campisi, attivista dei 5 Stelle anche lui.
L'attività a dir poco ambigua dell'associazione è diventata un caso nazionale, grazie anche alle inchieste di Tp24.it, e che hanno fatto esplodere il dibattito su un certo modo di fare antimafia, quello non più basato sullo studio e sull'impegno nel territorio, ma sulla retorica, le passerelle, e la presenza ossessiva nei tribunali per la costituzione di parte civile.
Negli ultimi tempi però qualcosa è cambiato. Perchè due mesi fa Manfredi Borsellino ha diffidato l'associazione ad utilizzare il nome del padre. Non era mai successo. E nel frattempo i tribunali hanno capito il gioco e hanno rifiutato le richieste di costituirsi parte civile che l'avvocato Gandolfo presentava per conto dell'associazione. E' successo, ad esempio, nel processo Cemento del Golfo, sulla mafia tra Castellammare e Alcamo, dove il giudice ha sollevato un vizio di “territorialità”. L'associazione ha chiesto di costituirsi parte civile anche nel procedimento contro Matteo Messina Denaro, a Caltanissetta, in cui è ritenuto mandante delle stragi del 1992. E poi l'ultimo, qualche giorno fa. A Palermo si celebra il processo per l'uccisione di un ragazzo, pare per mano mafiosa. L'associazione chiede di costituirsi parte civile, il pm e la difesa chiedono che venga respinta la richiesta, e il giudice è d'accordo: “non c'entra nulla, non è territorialmente pertinente questa associazione”.
Una decisione che arriva anche per via delle parole di Manfredi Borsellino. Il legale della famiglia Borsellino, poi, invia una diffida formale in cui si parla di “uso distorto del nome di Paolo Borsellino”.
Una storia ancora tutta da svilupparsi. Tra l'altro anche Paolo Borrometi, giornalista sotto scorta, si è arrabbiato per esser stato inserito tra i “testimonial” dell'associazione senza aver dato il consenso.