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31/07/2017 06:00:00

Mazara, il dragaggio del porto canale. Tutto tace, ecco perché / 1

 Avevamo chiuso l’otto giugno scorso la prima fase della nostra inchiesta a puntate sul mancato dragaggio del porto canale di Mazara del Vallo con queste parole: “Nei prossimi giorni proseguiremo nel racconto, a ritroso, di altri aspetti poco chiari e sui quali proveremo a gettare luce, poiché il territorio deve essere ‘cosa di tutti’ e, non solo, dei burocrati dei politici o dei ‘bene o meglio informati’ ”. E, doverosamente, torniamo sull’argomento. Luglio, infatti è finito e per il dragaggio del porto canale cittadino tutto tace. Le affermazioni dell’assessore regionale al Territorio e Ambiente, Maurizio Croce – che, a febbraio, aveva indicato il mese di luglio per l’avvio dei lavori – certifica l’ennesima promessa caduta nel vuoto. Gli ultimi stop sono stati determinati da alcuni accertamenti necessari relativi alla presenza, all’interno della ‘Colmata B’ (nei pressi del porto nuovo) – zona individuata dal Comune per conferirvi i fanghi derivanti dal dragaggio stesso – di alcune specie protette di uccelli che, al momento, impediscono non l’inizio dei lavori, che sarebbe ampiamente possibile, ma il testardo conferimento in quel sito. L’amministrazione continua, infatti, pervicacemente e, soprattutto, stupidamente a insistere battendo una strada chiusa.

SI AL DRAGAGGIO, MA NON IN COLMATA – È arrivato, qualche mese fa, il no secco della Regione Sicilia ‘alla richiesta di autorizzazione per l’immersione dei materiali provenienti dal dragaggio (fanghi) in vasca di colmata posta in ambito costiero (colmata B prima di Tonnarella)’. A scriverlo a chiare lettere fu Rosaria Barresi, dirigente generale dell’assessorato regionale al Territorio e Ambiente. Le balle raccontate dall’amministrazione comunale e non solo – visto che le file di ‘dichiaratori a ruota libera’ hanno creato ingorghi nell’etere e nel web, simili agli esodi ferragostani – su tutta la questione sono senza tempo. Ne abbiamo iniziato a raccontare la storia negli articoli già pubblicati in passato su Tp24.it. E oggi e domani continuiamo a farlo.

IMPOSSIBILE BUTTARE I FANGHI IN COLMATA ‘B’ COSÌ COME SONO – “Ai fanghi (una parte) è stata attribuita – si legge nella relazione conclusiva (pubblicata oggi in esclusiva da Tp24.it clicca qui) dell’IAMC Cnr di Capo Granitola (datata ottobre 2014!) – una classe B1. Le opzioni di gestione compatibili con essa sono: 1) riutilizzi a terra, bacini che assicurino il contenimento anche delle più piccole particelle di sedimento (non è il caso della Colmata B che impermeabile non è) incluso il riempimento di banchine”.

STOP PER I LIQUAMI ‘B2’ – Un’altra porzione di fanghi appartengono alla classe ‘B2’ con “risposte eco tossicologiche negative”. È bene sottolineare che all’interno della ‘Colmata B’ potranno essere stoccati i materiali classificati ‘ICRAM B1’, in quanto tale opera non presenta caratteristiche tecniche idonee ad accettare materiali classificati come B2, come l’impermeabilizzazione laterale e del fondo richiesto dalla normativa vigente”. Altra cosa certa: lo stato attuale della Colmata B presenta un grado di impermeabilità sicura come uno scolapasta.

I FANGHI CLASSIFICATI ‘C1’ E ‘C2’ SONO PERICOLOSI – Le sostanze ricadenti in tale classificazione (ICRAM) andrebbero identificati come ‘fanghi di dragaggio contenenti sostanze pericolose”. In pratica i fanghi classificati come classe ‘C1 e C2’ evidenziano nei campioni prelevati, si legge sempre nella relazione dell’Iamc - Cnr di Capo Granitola “concentrazioni chimiche delle sostanze che sono maggiori del LCL (livello chimico limite, tabella 2.3B ‘manuale Ispra’) e anche una sola delle tre specie-test ha dato risposte peggiori o pari a quelle indicate del medesimo manuale. Scopo di tale caratterizzazione chimico-fisica – si legge sempre nelle conclusioni del Cnr – microbiologica ed eco tossicologica era il valutare la possibilità di deporre il materiale dragato nell’area portuale, all’interno della vasca di colmata adiacente (colmata B)”. Le conclusioni, poi, continuano, affermando che gli ultimi inquinanti rilevati sarebbero ‘sovrapponibili’ (ai sensi della recente normativa vigente - legge 11 agosto 2014 n. 116) ai materiali dragati, possono essere recuperati in casse di colmata se soddisfano alcuni requisiti: a) non superano alcuni valori delle concentrazioni soglia di contaminazione (…); b) il loro riutilizzo sia senza rischi per l’ecosistema naturale circostante, in particolare senza determinare contaminazione delle acque sotterranee e superficiali (…).

E qui casca un altro asino. Per potere assicurare un livello tale di assenza di rischi devono essere messe in campo tutta un’altra serie di sforzi che vedremo meglio domani nella continuazione di questo articolo.

 

Alessandro Accardo Palumbo

www.facebook.com/AlessandroAccardoPalumbo

twitter: @AleAccardoP