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02/09/2017 06:10:00

Marsala, la condanna a 9 anni dell'infermiere Spanò e l'insoddisfazione delle parti civili

12:00 - Sta suscitando parecchie polemiche la sentenza del Gup di Marsala Riccardo Alcamo che ieri ha condannato a 9 anni di reclusione l'infermiere marsalese, Giuseppe Maurizo Spanò, colpevole di aver abusato sessualmente di diverse pazienti e anche di un uomo nello studio medico del dottor Giuseppe Milazzo. In particolare, il disappunto delle parti civili riguarda l'entità del risarcimento accordato alle vittime e ai loro familiari. C'è da dire però, che dal punto di vista giudiziario, la scelta fatta dalle parti offese di accettare il rito abbreviato, ha precluso ogni possibilità di prova di pregiudizi non "in re ipsa",  fatto che comportato una inevitabile limitazione del risarcimento soprattutto per i familiari di chi ha subito violenza. 

06:10 - Sono i commenti dei legali di parte civile, insoddisfatti soprattutto per l’ammontare dei risarcimenti accordati alle vittime e ai loro familiari, a caratterizzare la fase successiva alla condanna a 9 anni di carcere decretata dal giudice Riccardo Alcamo per il 54enne infermiere marsalese Giuseppe Maurizio Spanò, processato con rito abbreviato per violenze sessuali su pazienti sedati per dolorosi esami diagnostici (gastroscopie, colonscopie, etc.). Teatro dei fatti contestati: lo studio medico privato di via Sanità, a Marsala, del noto gastroenterologo Giuseppe Milazzo, presidente nazionale dell’Aigo. “Per i miei assistiti – ha commentato l’avvocato Vincenzo Fortiaccettare dallo stupratore le somme liquidate rappresenterebbe come fargli un favore, nonché un’ulteriore violenza nei confronti della propria moglie o madre”. Ha aggiunto

Calogera Falco: “La mia assistita è il soggetto che ha subito il maggiore danno considerato che, è stata stuprata nella maniera più abominevole e meschina per cui, si esprime grande rammarico per la condanna ad anni 9, troppo blanda rispetto ai fatti contestati ed inoltre, pur non ritenendo esistente un risarcimento per quanto subito, la somma di euro 25 mila per una donna violata in stato di incoscienza si appalesa mortificante per la morale di qualsiasi donna. Si attendono i motivi e si preannuncia appello al fine di garantire la corretta applicazione non del diritto ma il riconoscimento del giusto”.

Per Francesca Lombardo nessuna considerazione sulla misura della pena, "il giudice ha adottato criteri di applicazione algebrici, secondo codice, anche se la pena poteva essere un po’ più severa”, ma “qualche perplessità sugli importi riconosciuti a titolo di risarcimento del danno Non patrimoniale sofferto dalle persone offese in via diretta e dai familiari, l'aspettativa era quella di risarcimenti più consistenti vista la natura dei reati. Si valuterà dopo il deposito delle motivazioni fra 90 giorni di chiedere la riforma sul punto alla Corte di appello di Palermo”.

Il processo a Spanò nasce dalla riunione di due procedimenti. Quello relativo alla prima denuncia sporta da una donna che si risvegliò dalla sedazione prima del previsto e quello avviato per i sei casi di abusi filmati dalle telecamere poi installate dai carabinieri, che il 15 marzo 2016 hanno posto l’infermiere agli arresti domiciliari.

Lo scorso 5 aprile, il pm Silvia Facciotti aveva invocato la condanna di Spanò a 13 anni di carcere: il massimo della pena considerato lo “sconto” di un terzo previsto dal rito abbreviato. Per altro, dall’indagine è emerso che le violenze sessuali risalgono almeno al 2012. A scoprirlo è stato il consulente informatico (Casano) nominato dalla Procura in fase d’indagine, che ha trovato sul telefono cellulare di Spanò, nonché nel “cluster” del computer del dottor Milazzo in uso anche all’infermiere (“Io non so usare il computer” avrebbe detto il medico agli inquirenti), foto e video relativi ad altre violenze sessuali, complete, su pazienti sedati.

Violenze datate addirittura 2012 e 2015. Questo, per l’accusa, dimostra, oltre alla “reiterazione” del reato, anche la “premeditazione e la lucidità” dello Spanò. In precedenza, due periti nominati dal giudice Alcamo, e cioè il medico-psichiatra Gaetano Gurgone e la psicoterapeuta Francesca Lombardi, avevano spiegato che l’infermiere, quando agiva, “era assolutamente in grado di intendere e di volere”.

La difesa (avvocati Stefano Pellegrino e Marco Siragusa) puntava, infatti, sulla “parziale” incapacità di intendere e volere dell’imputato. Ciò sulla base di una consulenza di parte redatta dallo psichiatra Giuseppe Sartori e dalla psicologa Silvia Spanò. Ieri, però, il giudice ha escluso il “vizio parziale di mente”. Infliggendo all’infermiere, oltre ai nove anni di carcere (in parte già scontati ai domiciliari), anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, dall’esercizio di professioni sanitarie e dalla potestà genitoriale. Non concesse le attenuanti generiche. Per quanto riguarda, invece, le richieste di risarcimento danni, il giudice ha disposto che Spanò dovrà versare dai 20 ai 25 mila euro a ciascuna delle vittime abusate (tra queste, anche un uomo), 2 mila per i coniugi (qualcuno ha anche dovuto far ricorso a cure psichiatriche) e mille per i figli.