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19/09/2017 06:00:00

L’Oasi di Selinunte, storia di una “truffa allo Stato"

 Spesso gli alberghi del territorio sono stati oggetto di indagini da parte della magistratura e della Corte dei conti. Succede soprattutto quando, dietro la loro realizzazione o ristrutturazione, ci sono soldi pubblici. E a volte, gli imprenditori utilizzano solo quelli, senza aggiungere nulla di proprio.

Basti pensare a quell’ecomostro sulla collinetta davanti il mare di Selinunte (quello degli Ingrasciotta), sequestrato nel 2008 e poi definitivamente confiscato: 6 milioni di fondi pubblici, costi lievitati di opere e forniture, perfino operazioni ripetute dieci volte con lo stesso importo e alle stesse date.

In altre occasioni, le accuse di false fatturazioni per indebiti finanziamenti sono invece state azzerate dalle prescrizioni. E’ il caso del “Selinunte Beach Hotel”, dove non è stato possibile pronunciarsi “nel merito”, così come richiesto dai legali della difesa.

Anche per “L’Oasi di Selinunte”, il protagonista della storia è sempre lui: il finanziamento pubblico.

Il complesso alberghiero è stato infatti sequestrato qualche giorno fa, insieme ad un’unità immobiliare e due rapporti bancari del valore di oltre 57 mila euro.

  • Il processo penale è ancora in corso (e la prescrizione dietro l’angolo), ma queste misure si riferiscono alla Corte dei Conti che, con l’autonomia che la contraddistingue, ha emesso il decreto di sequestro nei confronti dell’Oasi Società Cooperativa e in pregiudizio di tre soci: Paolo Ettore Masella Ippolito, Giuseppa Claudia Ancona e Antonino Scaglione. Decreto che arriva dopo la sentenza contabile che aveva riconosciuto un danno erariale di circa 5 milioni e 100 mila euro, di cui 4.689.480 euro in favore dell'assessorato regionale al Turismo e 416.667 in favore del ministero dello Sviluppo economico.

La Tenenza della Guardia di Finanza di Castelvetrano si è occupata dell’esecuzione del decreto. Nel loro comunicato stampa, si legge che “erano emersi profili di responsabilità sul conto della cooperativa e dei prefati soci in ordine ai reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ed emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, correlati ai lavori di ampliamento e ristrutturazione della struttura alberghiera”.

 

Un caso che potrebbe sembrare atipico, visto che il sequestro arriva dalla Corte dei conti, senza aspettare l’esito del processo penale ancora in corso a Marsala. Nel giugno scorso infatti l’Oasi aveva chiesto la sospensione del giudizio contabile, in attesa di quello penale, eccependo inoltre la

prescrizione del diritto al risarcimento del danno, dal momento che i fatti sarebbero avvenuti nel 2009. Ma a luglio, la Corte dei Conti ha respinto richieste ed eccezioni. “Nessuna disposizione indica quale condizione di proponibilità dell’azione di responsabilità – si legge nella sentenza - la preventiva definizione di eventuali giudizi penali instaurati per i medesimi eventi”. Ecco perché si è deciso di non aspettare il giudizio penale del processo in corso a Marsala.

Per quanto riguarda invece la prescrizione, il termine di decorrenza non sarebbe affatto relativo al 2009, ma al 2012, ovvero dalla comunicazione della notizia di reato della Guardia di Finanza. I fatti sarebbero emersi così tardi a causa di un “occultamento doloso”, proprio perché “gli odierni convenuti hanno posto in essere artifici e raggiri idonei a celare il comportamento illecito”.

 

Artifici che hanno riguardato soprattutto il meccanismo della truffa (anzi, della “presunta” truffa, è bene specificarlo, in assenza di condanne penali), che secondo la procura del Tribunale di Marsala sarebbe stata di 7 milioni di euro.

Dalle carte del Gip, si legge che i lavori per l’ampliamento della struttura alberghiera non sarebbero stati frutto dell’integrazione tra capitale proprio e contributi concessi ma, quasi esclusivamente, di soldi pubblici.

 

Il sistema era raffinato.

La cooperativa Oasi presentava le domande di agevolazione per realizzare un villaggio turistico a 4 stelle, su un terreno in comodato d’uso (il cui proprietario ne ha contestato la sottoscrizione).

Per completare le opere già esistenti e realizzare quelle per l’ampliamento, si serviva dell’impresa Sistema srl, la quale subappaltava quasi tutti i lavori ad altre aziende.

Ma per ottenere il contributo pubblico, occorreva dimostrare un aumento del capitale sociale. Ecco che allora le somme che la cooperativa Oasi dava alla Sistema srl, venivano da questa ritrasferite (a volte in parte, a volte per intero) nei conti della Oasi stessa, sotto forma di “apporto di capitale sociale”. A sua volta, la cooperativa li trasferiva per la maggior parte alla Sistema srl come “rimborso finanziamento soci”.

Con questo meccanismo, dal dicembre 2007 al settembre 2008, l’Oasi ha trasferito alla Sistema srl 7 milioni di euro come pagamento fatture.

La Sistema inoltre, ancor prima di pagare le fatture alle imprese subappaltate, riceveva le somme dalla cooperativa Oasi. Ed in molti casi ne riceveva per operazioni inesistenti che, dopo i pagamenti per i fornitori fittizi, venivano fatti transitare di nuovo nei conti correnti dell’Oasi.

Stessa cosa avveniva tra la cooperativa e la Costruire srl di Giovanni Ligambi (con lo stesso ruolo della Sistema), alla quale la cooperativa pagò fatture per 2 milioni e mezzo di euro, dei quali 865.000 ritornarono alla base sempre come “apporto di capitale sociale”.

Qui però, dopo un contenzioso, l’Oasi ottenne la rinuncia dell’impresa al risarcimento danni causato dalla sospensione della concessione edilizia. Una sospensione per altro dovuta ad irregolarità contributive dell’impresa del Ligambi, che ritroviamo nell’operazione Eden 2 (l’ennesima relativa ai fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro) del 2014, ad operare singolari equilibrismi con l’Ediltupina fino ad arrivare arriverà a contare addirittura 141 dipendenti, compresi i fratelli Cacioppo arrestati nella stessa operazione.

Qualche giorno fa i finanzieri hanno quindi proceduto al sequestro, dopo ulteriori approfondimenti da parte della Procura regionale della Corte dei conti, eseguiti dal nucleo di Polizia Tributaria di Trapani in base alle normative del nuovo codice di giustizia contabile del 2016. 

Il processo penale per truffa aggravata, ancora in corso a Marsala, oltre ai soci destinatari dell’attuale sequestro, riguarda anche:

Antonino Russo, procuratore speciale di “Sistema”;

Gaspare Secchia, firmatario della contabilità tecnica dei lavori;

Orazio La Monaca, progettista, direttore dei lavori e anch’egli firmatario della contabilità tecnica; Giovanni Giuseppe Ligambi, amministratore unico di “Costruire”;

Santo Svizzero, redattore del progetto di ammodernamento e ampliamento della struttura turistica e alberghiera preesistente;

Francesco Paolo Vizzini, funzionario dell'assessorato regionale al Turismo. 

 

Egidio Morici