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19/09/2018 06:00:00

La luminaria con la scritta "Minchia" a Palermo e l'arte contemporanea

  Manifesta, Biennale Europea di Arte Contemporanea, è un festival diffuso che interessa svariati luoghi di Palermo e ha, indubbiamente, contribuito ad animare la città e ad allietare il numero crescente di turisti che la visitano.

All’interno di questo ambito, può capitare di vedere opere al di fuori dei classici canoni di bellezza e di arte. Ne è esempio la luminaria che, al posto delle classiche odi ai Santi o alla Madonna, incornicia, con le sue luci, una sola parola: Minchia (ne abbiamo parlato ieri: cliccate qui).

C’è da dire che - noi siciliani lo sappiamo bene - il vocabolo non è esclusivamente una parolaccia. Queste sette lettere rappresentano la nostra tradizione, esprimono un forte disappunto, sottolineano lo stupore, rafforzano il concetto della frase in cui si usano, e così via, a seconda dei casi. Dunque è evidente che non c’era, nell’autore di questo lavoro, realizzato per un evento collaterale a Manifesta, nessuna volontà dissacrante.

Inoltre, Andrea Schiavo ha dichiarato di aver pagato personalmente, come atto di mecenatismo verso il giovane Fabrizio Cicero, l’opera in questione (non sono stati utilizzati soldi pubblici).

Fin qui, tutte considerazioni realistiche ma…vogliamo chiederci, questa divertente idea, cosa abbia a che fare con l’Arte?

Per chi si fosse posto la domanda, cade a fagiolo la riflessione del critico d’arte Angelo Crespi. Nel suo libro, Art Attack, il bluff del contemporaneo, il giornalista si interroga sul concetto di Bellezza e sui cambiamenti di un settore che rimane fondamentale per l’economia italiana. Il “bel paese” richiama gli abitanti del mondo intero proprio per il suo patrimonio artistico.

Eppure oggi abbondano, nelle esposizioni internazionali, oggetti che vanno dalle calzature ai palloni gonfiabili, dai gommoni, ai tappi di plastica, a corpi nudi e talvolta volgari, tendenti alla dissacrazione, al divertimento, al nonsense, o alla critica aspra.

Si tratta davvero di opere d’arte?

E se si rischiasse, pur di sorprendere e far parlare di sé, di dimenticare estetica e gusto, valori che sono sempre stati alla base del concetto stesso di Arte? 

Il timore è che l’uso della parola Arte sia diventato un abuso; che il Bello stia facendo un percorso divergente rispetto a quello dell’Arte.

Quindi, onde evitare un’involuzione del genere umano, non bisogna mai dimenticare il talento, mai sottovalutare la manualità, la grazia, che avevano gli Artisti del passato. Il duro lavoro, lo studio, la preparazione, il tempo dedicato alle infinite prove, ai bozzetti, ai rifacimenti… ma soprattutto non si dimentichi che l’instancabile ricerca del sublime deve essere l’impulso primario di ogni creazione artistica.

Ben venga ogni manifestazione di libero pensiero, ben vengano l’estro, la fantasia, l’ironia, tutto ciò che stimola il ragionamento e il confronto garbato. Si può essere aperti a tutto, purché si mantenga lo spirito critico e non si rischi di cadere, anche noi, nel bluff del contemporaneo!

 

Sabrina Sciabica