Sono state pubblicate e motivazioni della sentenza di condanna Vittorio Sgarbi e Antonella Favuzza, rispettivamente nella qualità' di Sindaco e vice-sindaco di Salemi.
Il processo scaturì da due querele del comandante della Stazione di Salemi Giovanni Teri, nei confronti dei due per diffamazione. Per entrambi i procedimenti l'ex comandante della stazione dei Carabinieri di Salemi si avvalso dell'assistenza dell'avvocato Mariella Martinciglio di Mazara.
Vittorio Sgarbi fu rinviato a giudizio, come Sindaco del Comune di Salemi, perché ( si legge nelle carte processuali) " in più occasioni ed in esecuzione di un medesimo disegno criminoso tendente a gettare discredito sull'operato dell'allora comandante della Stazione dei Carabinieri di Salemi che aveva operato quale officiale di Polizia Giudiziaria nell'ambito dell'indagine poi denominata 'Salus Iniqua' e nell'ambito di altre attività d'indagine alla base del provvedimento di scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose".
Il tutto, avvalendosi di mezzi di diffusione pubblica, quali comunicati stampa, conferenze stampa, interviste rilasciate su quotidiani o emittenti televisive locali.
Sono nove le frasi incriminate che il giudice Maria Pia Blanda ha inserite nelle motivazioni della sentenza di condanna.
L'elenco inizia con quella estrapolata da un comunicato stampa del comune di Salemi dell' 08.08.2011, pubblicato su alcuni giornali online, in cui Sgarbi definisce "profondamente corrotte le indagini giudiziarie perché senza un riscontro oggettivo...Pubblici ufficiali che mentono ne devono rispondere...Un maresciallo dei carabinieri, come quello di Salemi, Giovanni Teri, non può inventarsi reati che non esistono. Infanga me, il vicesindaco, i miei collaboratori. Ne dovrà rispondere. Un Questore che avalla questo tipo di indagini, non può continuare a fare il questore... Non esistono tracce che portano alla mafia. Giammarinaro era il leader di una componente politica che ha vinto le elezioni...Ho dato mandato ai miei legali di denunciare alla Procura il Comandante della Stazione dei Carabinieri di Salemi, Giovanni Teri e il questore di Trapani Carmine Esposito perche nelle attività d'indagine dicono cose falese e inventate. "
Poi c'e' il brano estratto da una intervista rilasciata da Sgarbi ad una televisione locale nella quale, ad un certo punto il critico afferma di vere visto distrutto il paesaggio, nella totale inattività delle forze dell'ordine, colpevoli, a suo dire, di avere "lasciato mettere pale eoliche ovunque, lasciato distruggere il paesaggio" e persino di "avere consentito la quasi chiusura dell'Ospedale, preoccupati solo di individuare fossili morti di una mafia che non esiste", insomma " chi combatte la mafia inventandola e' peggio della mafia, sono stato ripagato con basse operazioni di dossieraggio, di spionaggio, di pettegolezzi, di stupidaggini...mi sento più minacciato dall'antimafia che dalla mafia, che non c'e'..."
Ci sono pure elencate le frasi pronunciate nel corso di un Consiglio Comunale nei primi di ottobre del 2011 in cui annunciava che l'indomani sarebbe andato in Procura a denunciare il maresciallo dei Carabinieri Teri per avere " compiuto atti contro la verità, nel capitolo che affida le carte per l'inchiesta che riguarda Pino Giammarinaro e quella toccherà lui individualmente...domani gli chiedo cinque milioni di danni a questo signore che scrive queste cretinate..."
Viene riportato anche l'episodio della demolizione del cornicione di un fatiscente palazzo tuttora esistente nella centralissima Piazza Libertà di Salemi.
L'episodio, molto gustosi, vale la pena raccontarlo, sia pure succintamente.
A seguito di una segnalazione dei Vigili del Fuoco, gli Uffici del Comune avevamo intimato i proprietari dell'immobile ad abbattere un cornicione ritenuto pericolante, cosa che avvenne ad opera di una ditta di demolizioni.
Abbattimento che paradossalmente avvenne sotto gli occhi e le proteste dell'assessore al Centro Storico dell'epoca, il principe Bernardo Tortorici, noto per il suo presenzialismo e per essere fedelissimo interprete della politica sgarbiana in materia di beni artistici.
E tuttavia, incredibilmente ignaro di quanto stava accadendo
Effetto di una giunta schizofrenica, nella quale, a quanto pare, un assessore ignorava l'operato dell'altro assessore suo collega o, quanto meno dei responsabili degli uffici.
Sia, come sia.
Tanto bastò al sindaco Sgarbi per esplodere nelle sue solite esternazioni e per ribattere il solito tasto. Tutto messo nero su bianco su un comunicato stampa emesso dal Comune di Salemi e, per la cronaca, pubblicato il 14.10 2012 sul sito web del Corriere del Mezzogiorno.
Se proprio avesse dovuto inveire contro qualcuno, avrebbe dovuto prendersela, secondo logica, con chi aveva dato avvio alla pratica per la demolizione.
Preferì invece il solito ritornello, forse mal consigliato, e sparando alzo zero contro presunti cospiratori e forze di polizia di ogni ordine e grado.
E così, altro comunicato di fuoco! Finito anch'esso tra le carte processuale come prove d'accusa.
Vi si scriveva testualmente che "in Piazza Libertà, dove i cospiratori contro l'amministrazione si trastullano sulle infiltrazioni mafiose, una ditta di demolizioni, incaricata dai proprietari di un immobile che hanno agito su una intimazione degli uffici del Comune, dietro una segnalazione dei vigili del fuoco, davanti agli occhi di tutti - indifferenti peggio che mafiosi - ha distrutto le decorazioni liberty di uno storico palazzo, nella totale impotenza, davanti a quella che è una palese violazione della legge di tutela del patrimonio artistico, dei carabinieri e dei vigili urbani che hanno consentito la distruzione con il pretesto della messa in sicurezza dell'edificio. Le forse dell'ordine si preoccupano di inseguire fantasmi e consentono però ai vandali di agire indisturbati in nome di una sicurezza da nessuno minacciata" e' finito tra le esternazioni incriminate e che hanno portato alla condanna di Sgarbi.
E in ultimo, ma non per importanza, le frasi pronunciate da Sgarbi il quindici febbraio del 2012 nella Sala del Consiglio Comunale di Salemi nel contesto delle dichiarazioni delle proprie dimissioni dalla carica di Sindaco.
Non a braccio, ma le affida ad un testo scritto, parlando di sé in terza persona dice "con perfetta convinzione e costretto da una palese ingiustizia, dopo una sempre corretta amministrazione, non ha altra scelta, in forza di una regia occulta dei funzionari della Prefettura, della Questura e dell'arma dei Carabinieri, contestualmente denunciati al Ministro dell'Interno, che rimettere il suo mandato..." e infine la stoccata finale nei confronti di Giovanni Teri: " non me ne sto andando, e non e' che dico che ci sono degli atti dei magistrati o cose simili, dico semplicemente che il maresciallo di questa città ha mentito a me e ha mentito a sé, perché Giammarinaro lo conosceva molto prima che venissi io e non mi ha mai detto 'lei ha fatto male, lei non doveva venire', e perché me lo dicono adesso?".
E paragona Teri al famoso pubblico ministero spagnolo Garzon, tacciandolo di appartenere alle forze deviate, augurandogli addirittura l'arresto!
In un'altra occasione, alla fine di ottobre del 2013, durante una conferenza stampa tenutasi ad Erice, sosteneva che Teri "fosse amico di Pino Giammarinaro e che fosse solito cenare insieme a lui".
Affermazioni che, però , nel corso del dibattimento, lo stesso Giammarinaro smentiva, negando di avere mai intrattenuto rapporti diversi da quelli prettamente istituzionali o dovuti a motivi di servizio, dal momento che il maresciallo lo andava a controllare a casa nell'ambito delle misure di prevenzioni cui era sottoposto l'ex deputato regionale democristiano. Negando anche di avere riferito all'amico Sgarbi di cene insieme al Comandante Teri.
In contraddizione a quanto invece, In una delle udienze pubbliche del processo, testimoniava sotto giuramento, Ippolito Antonino, addetto stampa di Sgarbi.
I quale, dopo avere ha precisato che i contenuti dei comunicati stampa avevano sempre il benestare del sindaco, ha invece riferito di avere assistito ad un incontro tra Teri e Giammarinaro allorché, nei primi mesi del 2006, frequentando casa Giammarinaro, dopo cena aveva sentito squillare il campanello e, udito dal padrone di casa che c'era la pattuglia dei Carabinieri, aveva poi visto entrare Teri, che si era trattenuto per circa un minuto. Una volta andato via, Giammarinaro lo avrebbe definito "un caro amico".
Affermazioni ritenute dal giudice di nessuna valenza probatoria idonea a sostenere la veridicità delle dichiarazioni di Sgarbi sui presunti rapporti di amicizia tra Teri e Giammarinaro.
Quella che era stata descritta come una cena tra amici, divenuta poi l'assaggio di un pasticcino, in realtà fu "un mero controllo del maresciallo che si presentò in casa di Giammarinaro con un'auto di pattuglia, trattenendosi solo per qualche minuto."
Ma anche sulla data fornita sul presunto incontro, l'Ippolito si e' confuso sul dato temporale. Non poteva trattarsi del 2006, come sostenuto dal teste, in quanto in quell'anno Giammarinaro non era più sottoposto a misura di prevenzione, essendo cessata un anno prima.
Una versione, quella di Ippolito, non credibile, ha scritto il Giudice. Alla luce di una relazione di servizio prodotta da Teri, e' emerso invece che durante un controllo esperito presso l'abitazione di Giammarinaro, addirittura alla fine di ottobre del 2002, era stata notata la presenza di Ippolito Antonino.
Tutte frasi, affermazioni, illazioni, cene inesistenti spinsero il maresciallo Giovanni Teri a querelare Sgarbi, ma anche la vice sindaca Antonella Favuzza, che in un comunicato dell'ottobre del 2012, scrive il giudice, "al fine di gettare discredito sull'operato dell'allora comandante della stazione dei carabinieri di Salemi offendeva la reputazione di Giovanni Teri" scrivendo che "tutte le ricostruzioni ipotizzate su mio conto dal maresciallo Giovanni Teri si sono rivelate prive di fondamento, tanto che ho avviato un'azione legale per la grave diffamazione condotta ai miei danni...[...]Trovo semplicemente indegno che la mia vita privata, le mie amicizie, i miei sentimenti, possano essere diventati oggetto di verifiche investigative [...] La vera mafia e' quella di chi la vede anche là dove non c'e', probabilmente per perpetuare il proprio ruolo di ' professionista dell'antimafia".
Sarà invece la Favuzza ad essere condannata a 2000 euro di multa e a 5mila euro di risarcimento danni in favore del maresciallo, più 2500 euro per spese processuali.
Ma anche per Vittorio Sgarbi il Tribunale ha ritenuto non esserci dubbio alcuno circa le responsabilità penale in riferimento agli episodi di diffamazione che abbiamo succintamente elencati sopra.
La Cassazione in più occasioni ha chiarito, ha precisato il Giudice Maria Pia Blanda in sentenza, che "l'esercizio del diritto di critica giudiziaria non può trasmodare nella accusa di malafede all'organo inquirente, non essendo consentito ledere la reputazione professionale e la sfera di onorabilità della persona offesa."
Ebbene, ha sostenuto il giudice, " e' pacifico che l'imputato ebbe a pronunciare dette frasi, peraltro mai ritrattate, esternando ripetutamente la propria avversità contro le operazioni d'indagine condotte dal Comandante Teri".
Per il Tribunale non ci possono essere dubbi. Si tratta di condotte dolose, ancor più perché pronunciate da una carica istituzionale. consapevole quindi dell'effetto di detti attacchi. Basti solo rilevare che addirittura in più occasioni l'imputato si e' spinto ad auspicare l'arresto di Teri.
Da qui la condanna per Vittorio Sgarbi al pagamento delle spese processuali, ad una multa di 2.700 euro, e al risarcimento dei danni patrimoniali subiti dalla parte civile costituita Giovanni Teri per lesione dell'onore e del decoro professionale , quantificato in trentamila euro.
Franco Ciro Lo Re