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04/05/2019 20:45:00

Quelle donne vittime di un amore malato

E’ amore malato, per molti l’unica forma di amore possibile. E’ un fiume di sangue che bagna l’universo femminile, che insanguina le pareti della vita, che grida pace ma non tollera i luoghi comuni.


Femminicidi che raccontano di donne, mamme, mogli, compagne…schegge di paura che si conficcano dentro le vite per esaurirle, lentamente, in un logorio che culmina con un gesto efferato.
Donne vittime, spesso di se stesse. Sono passati cento anni dall’acquisizione di molti diritti, c’è da fare ancora tantissimo, ma queste donne dopo il primo segno di violenza fisica e psicologica sono ancora lì.
Restano in quella casa che si è trasformata nella stanza del carnefice, restano lì a perdonare la prima, la seconda, la terza volta…deboli come un giaciglio di paglia.


Gli occhi scavati, il cuore morto, la bocca serrata… Restano lì, accanto all’uomo che le ha soggiogate, maltrattate, umiliate, offese, ridotte a un canovaccio.
Dall’amore al possesso, il passo è meno lungo di quello che si possa credere.
E così si cede la propria vita, con un salto nel buio, non ci sono spazi di libertà se non all’interno della coppia. Niente cene con le amiche, niente realizzazione professionale, mamma e moglie. Moglie e mamma. Un vicolo cieco, un labirinto. Nessuna uscita.


Un microcosmo, lui e lei. Al di fuori del quale per l’uomo non c’è nessuna ragione di vita. Un amore che non si relaziona se non con se stesso, e se ad abbandonare i confini è la donna ecco che scatta la furia assassina. Né con me, né senza di me.
Orrore. Sangue. Morte.

E’ la rivoluzione culturale che manca, non è vero che siamo succubi di una cultura maschilista, anche ma non solo. Manca l’educazione e la preparazione per le donne, prima bimbe, ad essere se stesse. Ad essere persone prima e coppia dopo. La realizzazione passa da un buon lavoro e poi da una vita familiare. Mancano i percorsi scolastici dedicati al problema.
Devono essere messi in discussione i ruoli, ogni giorno, senza abiti cuciti addosso da altri.
Perché sono inutili poi le panchine rosse, le scarpette, tutti i 25 novembre che parlano di retorica senza lasciare alcun segno. Il sangue continua a macchiare le pareti dell’anima.

Rossana Titone