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15/06/2019 08:21:00

Parenti serpenti: il caso di Francesco Giunta a Campobello di Mazara

Un colpo di genio. Autodenunciarsi per abusivismo edilizio per evitare che i suoi parenti più stretti, con i quali è in guerra da anni per la spartizione dell’eredità dei genitori, gli pignorino la casa di Tre Fontane.

Autore del colpo di genio è il 69enne italo-americano Francesco Giunta, che adesso è riuscito nel suo intento. E cioè quello di far dichiarare abusiva e non sanabile la sua casa nella frazione balneare di Campobello di Mazara e poi, non ottemperando alla conseguente ingiunzione di demolizione da lui stesso invocata, fare avviare l’iter per l’acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale.

In tal modo, eviterà il pignoramento dell’abitazione chiesto dai suoi familiari. “Mi vogliono pignorare la casa? – aveva detto Giunta in febbraio - Non l’avrò più io, ma non l’avranno neanche loro. La mia abitazione è abusiva e non sanabile. Pertanto, chiedo al Comune di Campobello di Mazara di acquisirla al suo patrimonio e poi procedere alla demolizione, come previsto dalla legge”. Una mossa clamorosa che nessuno si attendeva, scattata lo scorso 31 gennaio con una pec inviata dall’avvocato Francesco Vinci ai competenti uffici del Comune di Campobello. Pur di non vedere, dunque, i suoi odiati parenti (assistiti dall’avvocato Salvatore Giorgi) nella sua abitazione, Francesco Giunta ha preferito, di fatto, autodenunciarsi per abusivismo edilizio. E il Comune, sottolineò l’avvocato Vinci, non può esimersi, per legge, dall’agire in direzione di quanto chiesto dal suo cliente. Anche se questa scintilla potrebbe diventare un incendio. A Tre Fontane, infatti, sarebbero oltre duemila le abitazioni abusive in riva al mare. E che l’abuso edilizio di Giunta non sia “sanabile” (come del resto tanti altri nella stessa frazione balneare) lo ha affermato anche il tecnico incaricato dal Tribunale di Marsala nell’ambito della causa civile per il pignoramento della casa. Nella sua denuncia, infine, Giunta sottolineò che anche il custode giudiziario, l’avvocato Maria Antonietta Tosto, ha scritto al Comune per evidenziare che l’immobile è abusivo e non sanabile. E neppure l’avvocato Tosto ha avuto risposta. Ai primi di marzo, poi, Giunta denunciò anche il Comune, accusandolo di non avere tempestivamente risposto alla sua clamorosa richiesta. Inevitabile, a quel punto, l’avvio dell’iter da parte del Comune. Nel frattempo, comunque, Francesco Giunta continua ad abitare nella sua casa di Tre Fontane. Il Comune, infatti, dovrebbe, in teoria, procedere all’abbattimento dell’immobile e imputare la spesa a Giunta. Ma è improbabile che ciò accada. Non ci sarebbero i fondi. “E comunque, questo caso - dice l’avvocato difensore Francesco Vinci – chiederemmo al Comune di procedere alla demolizione anche di tutte le altre abitazioni abusive che a Tre Fontane sono nella fascia dei 150 metri dal mare”. Sarebbe un’ecatombe. Intanto, Giunta potrebbe anche essere nominato custode della casa. In tal modo, si chiuderebbe il cerchio di quello che si è rivelato un colpo di genio, che lascia i suoi parenti più stretti letteralmente di stucco. Contro di loro, da anni, Francesco Giunta sta conducendo un’autentica battaglia con denunce e sit-in di protesta davanti il Tribunale di Marsala con tanto di cartelli e bandiera Usa. “Ero collaboratore undercover dell’Fbi per la lotta a Cosa Nostra – racconta Giunta – ma non potendo disporre della mia parte di eredità, non posso neppure tornare negli Usa, dove qualche tempo fa ho dovuto scontare 74 giorni di carcere per non avere il denaro necessario al mantenimento della mia figlia più piccola, che mi era stata affidata dalla giustizia americana”. Tornato a Campobello una quindicina di anni fa, è quindi scattata la contesa con i suoi familiari. E nell’ambito di questa battaglia si colloca anche l’atto di pignoramento, per debiti, della sua abitazione al civico 11 di via Gorizia nella frazione balneare di Tre Fontane. La richiesta è stata avanzata, nel 2014, da Angela Martino, 82 anni, seconda moglie del padre di Francesco Giunta, per un presunto debito di poco più di 18 mila euro. Tra gli altri creditori intervenuti (quattro in tutto), anche il fratello e la sorella: Vito e Maria Giunta.