Dialettica dell'immaginario. Ovvero "Cara" di Lucio Dalla, e dintorni ...
Dicembre, una domenica pomeriggio di tre anni addietro, 18 dicembre: le date delle rivelazioni vanno segnate e custodite. A casa di mia madre, fuori freddo e sole proiettato nel cielo, io divano camino e distrattamente guardo alcune fotografie per un prossimo lavoro; in sottofondo Lucio Dalla su Spotify, e a volte mi capita di cedere alla tentazione di far sapere al mondo cosa ascolti, condividendo il brano sulla rete. Il camino fa il suo lavoro, la legna crepita, le fotografie mi annoiano non sono dell’umore giusto per fare una selezione. Una mia amica mi scrive incuriosita, chiedendomi il perché io senta spesso Dalla: le faccio un breve excursus del mio approccio alla musica leggera datato nei miei anni di scuola elementare causa la presenza a casa di uno zio che monopolizzava il mangiadischi (si chiamava così quello strumento curioso che ingoiava i 45 giri), e anziché ascoltare il Caffè della Peppina o qualcosa di conforme alla mia età, Joe Cocker Lucio Dalla e altri erano la colonna sonora di casa. L’amica incalza, stuzzicando la curiosità e mi dice che di una canzone ha una storia che si perde nel tempo.
Una canzone di Lucio Dalla, una storia. Le fotografie ovviamente volano sul tappeto e mi dedico alla mia curiosità e lì la rivelazione di un racconto che ha dell’incredibile: di quei racconti che se lo sapesse Vincenzo Mollica ne farebbe uno speciale su Rai Uno. Montecatini 1979, il tour Banana Repubblic Dalla-De Gregori avrà avuto una data da quelle parti, la mia amica in gita scolastica con la sua scuola è lì. Dalla, ebbe un rapporto dialettico acceso quella sera con De Gregori, e si rifugia in un albergo vicino: l’albergo è quello dove stava la mia amica con la sua scuola. Ovviamente il panico: Dalla era già Dalla - Banana Repubblic lo portò in vetta a tutte le classifiche - insomma dopo i primi momenti di sfrenato entusiasmo, lui si intrattenne per buona parte di quella sera con questi ragazzi e poi per una reazione chimica curiosa, si mise a parlare con lei - la mia amica - per un’ora, due tutta una notte. E salirono in camera e la conversazione tra i due fu, credo foriera di un qualcosa che oggi è uno dei brani più belli della discografia italiana, ma questo la mia amica lo scoprirà molto dopo. Nel 1979, era una ragazza di 14 anni, oggi una splendida donna che divide il suo tempo tra impegni professionali all’università, e le tante passioni che hanno attraversato la sua vita: il teatro, la danza, la fotografia, insomma un mondo dentro. E la restituzione di quanto ha dentro è nella luce morbida che restituisce con i suoi silenzi col suo incedere col suo darsi e raccontarsi ermetico.
Il brano aveva un titolo criptico e bellissimo ovvero Dialettica dell’immaginario e andò nel disco Lucio Dalla del 1980 come Cara.
Scoprì il tutto con un pacco che le arrivò a casa: un 33 giri ed un biglietto dentro e in quel biglietto la genesi di una canzone che è poesia. Quella domenica, 18 dicembre la ricordo anche per un altro dettaglio: scoprii che ero una delle tre persone che sapevano (e sanno) di questa storia intima e dolcissima: un regalo vero, inaspettato, che ti arricchiscono e colorano alcune tue giornate. Il bello dell’amicizia, affidare qualcosa a qualcuno quando meno te lo aspetti.
C’è un verso di questa canzone, “…che voleva prenderti per mano e volare sopra un tetto…” che mi ha fatto sempre pensare ad un quadro di Marc Chagall, poesia leggerezza, qualcosa di onirico e che fa stare bene.
Lei, è la Farfalla, e il suo compagno di chiacchiere di una sera a Montecatini lo incontrò forse ancora un paio di volte nel tempo e il rammarico resta grande. Dalla andò oltre il desiderio di una sera sublimando il tutto in versi che ancora oggi emozionano generazioni. Piccolo omaggio ad un artista che se ne è andato, e a una donna che mi ha fatto dono di un suo momento
giuseppe prode
Istruzioni per l’uso:
leggete queste poche righe e ascoltate Cara in questa versione struggente a Tindari nel 2013, e nel frattempo, immaginate il quadro di Marc Chagall...
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