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08/11/2019 06:00:00

Nicosia: "Ho millantato rapporti con la mafia". Contratto da 50 euro per visitare i boss

 Dice di aver mentito, di aver millantato, di aver gonfiato tutto e di essersi fatto grosso con il boss, Antonello Nicosia, esponente dei Radicali, arrestato lunedì per associazione mafiosa nell'operazione Passpartout coordinata dalla Dda di Palermo


Nicosia era assistente parlamentare della deputata di Italia Viva Giusy Occhionero, grazie a questo ruolo, secondo quanto emerso nel corso delle indagini, riusciva ad entrare in visita alle carceri italiane, sulla carta per verificarne le condizioni, ma soprattutto per avere contatti con i boss. E un rapporto prediletto Nicosia lo aveva con il boss di Sciacca, Accursio Dimino.


Durante l’interrogatorio di garanzia Nicosia ha detto però che tutto quello che è stato intercettato non era vero, che millantava, che erano solo chiacchiere. Chiacchiere le informazioni che faceva entrare ed uscire dalle carceri, chiacchiere le offese nei confronti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ("parole inopportune"), chiacchiere i progetti di estorsioni ed omicidi, chiacchiere gli affari illegali che voleva fare in America, chiacchiere tutte le conoscenze dei metodi mafiosi e delle regole di cosa nostra di cui aveva ben contezza.

Parla di "infiltrazioni gravissime di Cosa nostra negli apparati dello Stato strumentalizzati per fini apparentemente nobili, in realtà volte ad alleggerire il rigore della detenzione dei mafiosi" il gip che ha convalidato il fermo del Radicale Antonello Nicosia.


Nel frattempo la Procura di Palermo ha delegato i carabinieri ad acquisire alla Camera dei Deputati i documenti relativi alla collaborazione con la parlamentare Occhionero. Collaborazione grazie alla quale Nicosia entrava nelle carceri e aveva contatto con i boss.


Su questo fronte emerge infatti che i due avrebbero stipulato un contratto da appena 50 euro al mese.
Nicosia non era interessato al denaro, ma ad avere la possibilità di entrare nelle carcere e far visita ai detenuti al 41 bis, il carcere “duro”. Uno stratagemma che secondo le indagini di Ros e Gico, coordinate dalla Dda di Palermo, avrebbe consentito a Nicosia anche di portare fuori dei messaggi ai boss. Nicosia, che si vantava di essere anche vicino a Matteo Messina Denaro, rivelava in una conversazione intercettata, il suo escamotage. “No vabbè gli ho detto come assistente parlamentare ma anche senza soldi. che sennò mi deve dare 10'000 euro al mese. Le ho detto: Mi fai un contratto per entrare ed uscire dalle carceri e basta No, mi giro le carceri invece, visto che non potevo entrare ... così con lei entro E vado al 41 bis Faccio un sacco di cose hai capito? Ho trovato questo escamotage”.


Proprio su questo rapporto è stata interrogata la parlamentare di Italia Viva
che ha spiegato ai Pm di aver conosciuto Antonello Nicosia, con il quale il rapporto sarebbe cessato nei mesi scorsi, tramite i Radicali Italiani che, non avendo un deputato alla Camera le avevano suggerito di assumerlo per avere la possibilità di fare ispezioni nelle carceri. Tutto legittimo, ma Nicosia utilizzava questa opportunità per stare in contatto con i boss.


C’è da dire che è stato a dir poco imprudente assumere qualcuno con una fedina penale come quella di Nicosia, che si è fatto dieci anni di carcere per traffico di droga. La parlamentare ha detto ai pm che nessuno fa controlli sui collaboratori alla Camera. Il contratto di collaborazione è scaduto a maggio perchè la deputata, insospettita dal Curriculum di Nicosia, aveva accertato le falsità. Ma nonostante questo il tesserino era rimasto a Nicosia. “Mi sono fidata e ho sbagliato”, ha ammesso nell’interrogatorio la deputata Occhionero.

Emergono poi altri particolari sempre sull’attività in carcere di Nicosia. Ci sono degli audio che il collaboratore inviava alla deputata che farebbero emergere la disponibilità di Nicosia di cambiare le relazioni post-ispezione, di renderle più morbide, se le cooperative che fornivano servizi nei penitenziari avessero sborsato delle somme.
”Dai l’Iban quando chiamano dici “senta io non ho tempo, le sto dando Iban, il mio Iban, in base a quello che mandano eventualmente modifichiamo le dichiarazioni ma .. capisci che non si può fare gratis questa cosa”.

L’accusa per Nicosia è quindi quella di “farsi corrispondere del denaro dai titolari di una cooperativa – si legge nell’ordinanza di arresto – che, all’interno della Casa circondariale della Giudecca a Venezia, gestiva la Sezione in cui erano detenute le donne madri; all’esito di una ispezione, infatti, il Nicosia e la Occhionero avrebbero riscontrato una serie di irregolarità e il primo proponeva quindi al Deputato di chiedere del denaro per modificare il contenuto della relazione che avrebbero dovuto redigere”.

Davanti al Gip è comparso anche Accursio Dimino, ritenuto boss di Sciacca. Al giudice ha detto di aver cessato i suoi rapporti con cosa nostra nel 2016, quando è tornato in libertà dopo una lunga detenzione per mafia.


Scena muta, invece, nell’interrogatorio di garanzia per i fratelli gemelli Paolo e Luigi Ciaccio di Sciacca, anche loro arrestati nell’operazione Passepartout. Il commerciante Massimiliano Mandracchia, 46 anni, si e’ invece difeso ed ha spiegato di avere messo a disposizione del boss Accursio Dimino il proprio cellulare “solo per consentirgli, visto che lui non aveva whatsapp, di comunicare con il cugino in America per prendere contatti finalizzati a un trasferimento per ragioni lavorative”. I Ciaccio e Mandracchia sono accusati di favoreggiamento aggravato. I Ciaccio avrebbero aiutato sia Dimino che l’assistente parlamentare Antonello Nicosia “ad eludere le investigazioni”.