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19/12/2019 06:00:00

Dal Prefetto al colonnello della Dia. La “rete di protezione” di Silvana Saguto

 Una “rete di protezione”. Uomini e donne delle istituzioni che si adoperano per “proteggere” Silvana Saguto da quello che piano piano emerge sulla sua gestione della sezione misure prevenzione del Tribunale di Palermo.

L’ex Prefetto, un colonnello della Finanza, qualche giornalista, altri magistrati, per proteggere la Saguto da quello che sta venendo fuori sulla gestione dei beni sequestrati, gli incarichi ad amministratori giudiziari vicini e le consulenze. 

E’ quello che viene fuori dalle intercettazioni rese pubbliche da Le Iene in cui emergono tutti questi movimenti proprio dopo la messa in onda del primo servizio, nel 2015, de Le Iene sulla gestione dei beni sequestrati alla mafia a Palermo.

Andiamo con ordine. Il sistema Saguto, così è stato chiamato, girava attorno all’ex presidente della sezione misure prevenzione del Tribunale di Palermo finita sotto processo, con altre 14 persone, accusate a vario titolo di aver gestito e “sfruttato” il sequestro preventivo di beni ai mafiosi per trarre vantaggi a titolo personale ed elargire favori. Il processo è in corso al Tribunale di Caltanissetta, e il caso ha suscitato molto clamore. Il processo ruota attorno alla gestione delle nomine di amministratori giudiziari di beni sequestrati e confiscati alla mafia: Saguto, ora radiata dalla magistratura, secondo gli inquirenti, avrebbe dato gli incarichi solo a suoi fedelissimi. In cambio avrebbe ricevuto favori e regali.

E clamorose sono le intercettazioni che emergono in una delle ultime puntate del programma di Italia 1.

Proprio Le Iene, nel 2015, intervistarono Pino Maniaci, direttore ed editore di Telejato, in cui raccontava le tante stranezze nella gestione dei beni sequestrati. E in quel servizio veniva intervistato l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, uno degli uomini di fiducia della Saguto, che riusciva ad ottenere numerosi incarichi di amministrazione dei beni sequestrati e ad avere lauti compensi. Seminara è accusato di aver affidato incarichi di consulenza al marito della Saguto.

“C’è frequentazione giornaliera con la saguto, abbiamo rapporti cordiali. Il marito? Ha collaborato con il mio studio. E’ iin un’azienda di cui sono amminisitratore”, dice imbarazzato Cappellano Seminara.
Da quel servizio, da quell’intervista, si mette in moto una macchina di “protezione” mai vista.


Il giorno dopo il servizio, Silvana Saguto riceve la telefonata di un altro personaggio chiave nell’inchiesta di Caltanissetta: Carmelo Provenzano, professore universitario, coauditore in alcune misure di prevenzione del tribunale presieduto dalla dottoressa Saguto e attualmente indagato dalla procura di Caltanissetta per associazione a delinquere, corruzione, falso ideologico e materiale.

Lui, Provenzano, ha la soluzione: “Voglio fare un convegno con un sacco di giovani. Voglio fare una cosa su di te”, le dice a telefono.

Seminara a telefono con la Saguto tenta di smorzare la gravità di quell’intervista: “E’ stata la solita burinata. Sono sereno, al posto tuo farei querela come tribunale”, dice l’avvocato fedelissimo della Saguto.


A quel punto però comincia a muoversi la rete di protezione. Saguto non intende fare baldoria, sostiene che si sia trattato di un attacco a Cappellano Seminaro. Tra le prime persone a dare sostegno all’ex magistrato c’è Francesca Cannizzo, ex Prefetto di Palermo, una figura di primo piano, una donna delle istituzioni con cui la Saguto è in ottimi rapporti. “Tu devi scomparire dalla circolazione - dice l’ex Prefetto a telefono alla Saguto - tu ti sei fatta molti nemici, perchè la gente sa che non guardi in faccia a nessuno. Il problema di Palermo è la zona grigia. Tu pensi che la gente a Cappellano Seminara non lo vorrebbe morto? Perchè è un uomo di successo. Non devi rilasciare nessuna intervista. Ci riusciamo noi a fare questa rete di protezione. Noi siamo le istituzioni”. L’ex Prefetto garantisce protezione all’ex magistrato.


E infatti nei giorni e nelle settimane dopo succedono un po’ di cose. A tessere la rete di protezione avrebbe partecipato anche il colonnello della Dia Rosolino Nasca che alla Saguto dice: “Stai serena, non parlare con nessuno”.

Cominciano poi alcuni articoli sui giornali in cui la Saguto viene descritta come una vera e propria icona. Saguto dice che Nasca ha parlato con i giornalisti. Viene battuta poi una notizia. “La mafia vuole uccidere la saguto”. A quel punto cominciano a farsi sentire le istituzioni, chiama anche l’allora ministro Angelino Alfano.
Ma i figli si preoccupano. “Stai tranquillo è una cosa vecchia, lo sappiamo, se volevano realizzarlo… è una cosa che so da tempo. Siccome c’è questa cosa delle Iene alcuni militari miei amici hanno detto ‘ristabiliamo l’ordine che lei è tanto brava’”. Ecco allora come e perchè arrivano le notizie sulle minacce della mafia alla Saguto.
Poi c’è Pino Maniaci. Il direttore di Telejato finisce tra gli interessi di Saguto e dei suoi contatti. “Come mai nessuno si muove contro questo stronzo? Se questi si spicciassero a fare le indagini… Se quei coglioni della procura indagassero su Pino Maniaci....”, dice sempre la Saguto non sapendo di essere intercettata.
E ancora “Ma che tempi abbiamo per Telejato?”, chiede l’ex Prefetto Cannizzo. “Il colonnello Nasca tempo fa mi ha detto che eravamo vicini alla meta” aggiunge l’ex prefetto.


Conversazione che avviene un anno prima dell’operazione su Maniaci. Operazione eclatante in cui Maniaci viene indagato con l’accusa di aver estorto denaro ai sindaci del Palermitano garantendo in cambio un trattamento più morbido nei loro confronti.

L’indagine viene portata avanti da 5 pm, tra cui Francesco Del Bene. Il nome di Del Bene viene fuori in una intercettazione. La Saguto dice: “Ho parlato con Del Bene, mi ha detto di stare tranquilla, che ci andranno con i piedi di piombo. Lui non mi ha fatto il nome, ma è chiaro che parlava di Pino Maniaci”.

Nel frattempo diventano 4 invece che 5 i capi d'imputazione che riguardano la corruzione per l'ex giudice delle misure di prevenzione Silvana Saguto. I pm di Caltanissetta hanno modificato uno dei capi d'imputazione sostanziali per l'ex giudice: la corruzione in concussione. L'episodio in questione riguarda Aulo Gigante, amministratore giudiziario anche lui imputato nel processo. In conseguenza della modifica del capo d'imputazione per Aulo Gigante è stata richiesta l'assoluzione perché il fatto non sussiste, ed ora diventa persona offesa.