Gentile redazione di TP 24
Con riguardo ai diversi articoli pubblicati sulla questione del “registro dei mai nati” approvato dal Comune di Marsala e alle relative polemiche suscitate, credo sia indispensabile centrare il cuore della questione al fine di giudicare se il provvedimento del detto comune sia nel segno della civiltà o dell’inciviltà.
Questa la domanda: Cosa avviene oggi dei resti del concepito abortito nei nostri ospedali?
Se l’aborto avviene prima delle 20 settimane di gestazione (queste situazioni probabilmente sono le più interessate dal registro approvato dal comune di Marsala), i bambini vengono chiamati “prodotti abortivi”, equiparati a “rifiuti speciali ospedalieri” dei quali è previsto lo smaltimento (Dpr 254/2003) tramite termodistruzione. Già nel 1988, l'allora Ministro della sanità, Carlo Donat Cattin, con una circolare aveva previsto il seppellimento del feto anche in assenza di richiesta dei genitori perché «lo smaltimento attraverso la linea dei rifiuti speciali urta contro i principi dell'etica comune». Si riteneva, quindi, un dovere dare degna sepoltura a tutti i «prodotti del concepimento», intendendo con tale definizione anche i feti, a prescindere dal periodo di gestazione.
Pertanto da una parte c’è la possibilità di dare una degna sepoltura a degli esseri umani, seppur morti nelle prime settimane della loro vita, come voluto dal comune di Marsala, dall’altra invece destinarli all’essere smaltiti quali rifiuti speciali: si giudichi pure quale scelta appare più civile! Neppure credo sia necessario scomodare i pronunciamenti sulla tutela del feto nato senza vita della Corte europea dei diritti dell'uomo (sezione I, sentenza 14 giugno 2014, Mari c. Croazia) ne i pareri del comitato nazionale di bioetica (parere reso il 22 giugno 1996), basterebbe forse un po’ di buon senso e un pizzico di senso umano e civico verso i nostri consimili i cui resti mortali non meritano certo di essere inceneriti chissà dove, ove cancellare per sempre ogni segno del loro terreno passaggio …. O forse è proprio questo che taluni vogliono?!
L’idea sulla durezza del dibattito che si apre ogni qualvolta si tocca il nervo scoperto dell’aborto volontario (vero motivo dell’opposizione a questi provvedimenti) l’ha rappresentata bene un interessante inchiesta dell’Espresso di qualche anno addietro dal titolo “Seppellire i feti: giusto o no?” (qui) l’editoriale bene ricorda che quando si parla di pance, di aborto, di morte e di bambini, le coscienze, i partiti, perfino le amministrazioni si spaccano. E infilare la testa nel pieno di quell'area grigia dentro cui vita e morte si stringono, quando la testa si preferirebbe voltarla, è come toccare dei fili incandescenti.
Anche la terminologia è in imbarazzo di fronte a una realtà così complessa. Incongrua e inopportuna quando il tecnicismo medico esprime formule come "materiale abortivo" e "rifiuto sanitario speciale", o indice puntato verso responsabilità adulte, quando si pronuncia quella locuzione che sanguina, e si preferirebbe nascondere sotto tappeti d'ipocrisia: “Bambini mai nati”.
Cordialmente Giuseppe Sorrentino