Cesare Romiti, la Fiat che fu e la lotta di classe
La nuova lotta di classe italiana. Si è spento nelle scorse ore Cesare Romiti, manager forte, rigido del capitalismo nostrano. Arrivò in FIAT a metà degli anni settanta,in piena crisi energetica, quella dovuta alla guerradel Kippur nel 1973 e poi successivamente quella della rivoluzione iraniana, con l'avvento del regime degli ayatollah del 1979, "capeggiata" dell'imam Khomeyni.
Romiti decise che per ammodernare l'azienda necessitasse un taglio della forza lavoro, di quasi quindicimila persone. Nell'autunno del 1980 la marcia dei 40mila, dei cosiddetti colletti bianchi impiegati-quadri(assimilabile al funzionario pubblico)-dirigenti sancisce la vittoria della sua politica gestionale,ritirando però i licenziamenti. Quella lotta di classe diventò storica ed un paradigma novecentesco del bel paese. Una recente contrapposizione interna al proletariato sono le decolalizzazioni, con il trasferimento della produzione di beni da una nazione all'altra, si ricorda la stessa FIAT, Benetton e Calzedonia. Prima del Coronavirus era latente, la pandemia l'ha fatto esplodere. È quella tra le partita Iva e dipendenti, nelle categorie esistono comunque posizioni ottimali,si pensa ai notai e dirigenti.
Le partita Iva, parecchie faticano a mettere insieme il pranzo con la cena. La legislazione vigente cerca di agevolare questi lavoratori con una tassazione migliore, ma gli obblighi soprattutto previdenziali e assistenziali incombono con periodicità ineluttabile e non hanno malattia a pagamento idem le ferie. I dipendenti nel tempo e soprattutto con lo statuto dei lavoratori sono più garantiti. Il momento storico che si vive è particolare, economicamente ci attendono anni difficili, le difficoltà saranno notevoli. La moderna lotta di classe non sarà la soluzione, il conflitto sociale non giova al superamento della crisi socioeconomica. Necessita collaborazione e con l'aiuto della dirigente politica guardare e sperare al futuro.
Vittorio Alfieri
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