Interveniamo volentieri nel dibattito sorto a seguito della iniziativa del Consiglio Comunale di Marsala che ha approvato con ampia maggioranza - 23 favorevoli su 26 votanti - una mozione dal titolo “Registro dei Bambini mai nati. Modifica al Regolamento cimiteriale”.
La nostra associazione - che nasce per la tutela dei diritti lesi delle persone, anche in forma associata, che subiscono ingiustificati attacchi alla libertà di espressione e di pensiero - si schiera quindi a fianco della promotrice dell'iniziativa per l'ideologico attacco subito.
Per riportare il tema a ciò che effettivamente è, senza quindi letture distorte, osserviamo quanto segue:
La delibera promossa dal Consigliere comunale Giusy Piccione, introduce tre rilevanti novità:
il cambiamento nel regolamento cimiteriale per quanto attiene alla dicitura adottata per il feto al di sotto delle 28 settimane di gestazione: non più definito ”Prodotto abortivo” come qualsiasi materiale di scarto, ma “Bambino mai nato”;
l’istituzione del registro dei “Bambini mai nati” per i bambini abortiti ;
l’individuazione di uno spazio cimiteriale dedicato al seppellimento dei concepiti.
Si tratta di un provvedimento di grande valore civile, già in vigore in diversi comuni italiani, che contribuisce a diffondere la cultura della vita, evidenziando il valore inestimabile della persona umana sin dal concepimento.
Eppure l’iniziativa ha destato accese reazioni da parte di alcune femministe iscritte al PD, al punto da indurle ad organizzare manifestazioni di protesta, chiamando a raccolta altre sigle della militanza di sinistra.
Vari quotidiani locali hanno concesso ampio spazio alle loro critiche, che, tralasciando alcuni contenuti beceri e offensivi, sono sintetizzabili nei seguenti punti, dove si asserisce che:
chiamare “bambino” il frutto del concepimento non solo non è corretto, considerato che non vi è stata nascita, ma nasconde fini che vanno oltre la semplice modifica di un testo regolamentare;
la delibera quindi
è lesiva della sfera emotiva femminile e
del diritto di autodeterminazione della donna.
Da parte nostra ci limitiamo a replicare con alcune evidenze di semplice realismo:
considerando in primis che ogni essere umano è tale dal momento del concepimento, non lo diventa all’atto della nascita, come non cessa di esserlo in vecchiaia. Tale realtà è particolarmente evidente nelle fattezze dei bambini nel grembo materno anche a sole 10 settimane di vita, al punto che simili raffigurazioni subiscono spesso la censura da parte di esponenti di sinistra. Ricordiamo ad esempio il manifesto realizzato dall’associazione Provita nell’aprile del 2018 e rimosso dall’Amministrazione comunale di Roma (sindaco Raggi) dopo 2 soli giorni di regolare affissione. Era una riproduzione grafica estremamente fedele, realizzata da un centro medico e accompagnata dalla didascalia: “Tu eri così a 11 settimane. Tutti i tuoi organi erano presenti. Il tuo cuore batteva già dalla terza settimana dopo il concepimento. Già ti succhiavi il pollice. E ora sei qui perché la tua mamma non ha abortito”.
Dare una degna sepoltura ai bimbi mai nati non è solo un loro diritto ma è anche un modo per collettivizzare e facilitare l'elaborazione del lutto. Si da ad essi un volto, un nome che possa essere ricordato. «L’aborto, sia volontario che spontaneo, è un evento tragico ma quasi sempre sottovalutato nella sua portata sia dai medici che dalla famiglia. Per i genitori rappresenta un evento traumatico, uno shock emotivo che può causare un lutto profondo. Il mancato riconoscimento sociale di questo lutto lascia i genitori nella solitudine, complicando il processo di elaborazione del lutto» spiega Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, associazione che si occupa della sepoltura dei Bambini mai nati dall'aprile 1999, quando don Oreste Benzi celebrò il funerale di Matteo, morto per aborto spontaneo a 19 settimane di gestazione.
Poiché in assenza di piena consapevolezza non può darsi piena libertà di scelta, ne consegue che mostrare l’immagine del bambino nel grembo materno, così come dare degna sepoltura ai concepiti sotto le 28 settimane di gestazione, garantisce una maggiore autodeterminazione nella donna di fronte alla scelta di abortire il proprio figlio.
Completiamo queste brevi considerazioni con alcune note di carattere legislativo tratte dal sito dell’Associazione Difendere la Vita con Maria, fondata da mons. Maurizio Gagliardini, che ha nelle proprie finalità l’atto di pietà del seppellimento dei bambini non nati, in collaborazione con le istituzioni sanitarie e la Pastorale della vita.
Tra tutti gli uomini, i più piccoli e i più indifesi sono i bambini concepiti e non ancora nati. Dato che, anche se piccoli, sono pur sempre uomini, in caso di morte (cioè di aborto) devono ricevere lo stesso trattamento di sepoltura dei bambini nati morti o morti dopo la nascita. Questo è anche il senso seguito dalla legislazione italiana con il Dpr 285/1990, agli articoli 7 e 50.
Il Dpr è completato dalla circolare emessa dall’allora ministro della Sanità, Carlo Donat-Cattin, il 16 marzo 1988, che testualmente recita: «Si ritiene che il seppellimento debba di regola avvenire anche in assenza di detta richiesta (quella dei genitori dei prodotti di concepimento abortivi di presunta età inferiore alle venti settimane: ndr)».
Lo «smaltimento attraverso la rete fognante o i rifiuti urbani ordinari costituisce violazione del Regolamento di Polizia mortuaria e del regolamento di igiene».
Come lo «smaltimento attraverso la linea dei rifiuti speciali (ex artt. 2 e 14 Dpr 10.9.1982 e punto 2.2 Deliberazione 7.7.1984 del Comitato interministeriale di cui all’art. 5 del Dpr 10.9.1982 n. 915) seppur legittimo urta contro i principi dell’etica comune».
Per tali motivi appare evidentemente aggressione ingiustificata sotto ogni profilo la lettura distorta di quanto promosso ed approvato dal Consiglio Comunale di Marsala, al quale va il nostro plauso per il coraggio e la determinazione nell'aver affermato ciò che la semplice ragione, a prescindere da qualsiasi orientamento, religioso o politico, ci induce ad affermare: ovvero sempre e in ogni caso la tutela della vita umana dal suo concepimento fino alla sua morte naturale.
Non riconoscere tale dato e necessità di azione è soltanto pura demagogia e menzogna che la coscienza - che è sola origine del vero imbarazzo - non può accettare.
Piena solidarietà quindi ai promotori dell'iniziativa e sostegno a tutti coloro che a causa di ciò subiscono ingiuste aggressioni, rispetto alle quali ci poniamo con ferma condanna e disponibilità di aiuto.
L'associazione
Iustitia in Veritate