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13/11/2020 06:00:00

Fuga di un narcos. Chi ha aiutato Bigione/1. L’infermiera, il dottore, l’ultimo viaggio

Chi ha aiutato la latitanza del narcos mazarese Vito Bigione? E’ la domanda con la quale sono cominciate le indagini già il giorno dopo che “il ragioniere” si è dato alla macchia dopo la condanna a 15 anni per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti.

Il fuggitivo, catturato nella città romena di Oradea il 4 ottobre del 2018, nell’ambito di un’operazione internazionale coordinata dalla Dda di Palermo ed eseguita dal personale della Squadra Mobile di Trapani, del Servizio Centrale Operativo, della Polizia romena e dell’Interpol, si era avvalso di una fitta rete di fiancheggiatori, che lo avevano agevolato nel sottrarsi alle manette. Bigione è stato catturato nell’ottobre 2018. Ma dietro di lui c’erano diverse persone che hanno aiutato la sua latitanza. In questo senso nelle scorse settimane sono arrivati i blitz dellla Polizia di Stato nelle città di Mazara del Vallo, Bologna e Imola, dove gli uomini del Servizio Centrale Operativo, delle Squadre Mobili di Trapani, Palermo e Bologna, hanno eseguito sei perquisizioni disposte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, nei confronti di sei persone, destinatari della misura cautelare dell’obbligo di dimora, per aver favorito la latitanza in Romania del pregiudicato mazarese Vito Bigione. Si tratta di Giuseppe Armata, Mchele Biondo, Monica Deserti, Adriana Viorica Muscan, Vincenzo Pisciotta, Nicolò Tardino.


Raccontiamo da oggi, in tre puntate, come si è organizzata la rete di fiancheggiatori, come è stata aiutata la latitanza del narcos Mazarese


Il curriculum di Bigione
Bigione, soprannominato il “commercialista”, da sempre considerato un broker professionista nell’organizzazione dei traffici di droga con la Colombia e destinatario della pesante condanna inflitta dalla Corte di Appello di Reggio Calabria, aveva fatto perdere le sue tracce al momento dell’esecuzione del provvedimento, nel luglio 2018.

Un curriculum criminale, quello del pregiudicato mazarese, caratterizzato già da diverse condanne per narcotraffico internazionale risalenti già agli anni 90’, che lo avevano portato già in precedenza alla latitanza in Namibia, dove aveva riorganizzato fiorenti traffici illeciti di sostanze stupefacenti utilizzando pescherecci d’altura.
La sua stretta vicinanza alla potente famiglia mafiosa degli Agate di Mazara del Vallo, concretizzatasi nella partecipazione ad ingenti importazioni di droga dal Sudamerica, cui avevano preso parte anche esponenti delle cosche della ndrangheta di Platì, lo avevano portato anche ad essere inizialmente sottoposto ad indagini per il delitto di associazione mafiosa presso il Tribunale di Locri. In ogni caso, evidenti e documentate frequentazioni con personaggi di spicco di Cosa Nostra, come Antonio Messina detto l’avvocato e Cuttone Antonino, entrambi considerati vicini al latitante Matteo Messina Denaro, risalenti anche periodi coevi alla sua latitanza, ne hanno testimoniato l’evidente contiguità agli ambienti mafiosi mazaresi.

 

L’ultimo viaggio insieme
Un grande viaggiatore, Vito Bigione. Il “ragioniere”. L’uomo di più mondi che faceva da collante tra varie organizzazioni criminali. Tra i vari viaggi, per trafficare droga da un continente all’altro, c’erano però anche quelli di salute. Periodicamente Bigione andava a bologna per sottoporsi a visite mediche, godendo dell’ospitalità di un’infermiera professionale dell’ospedale Sant’Orsola Malpighi, Monica Deserti, una delle persone indagate per aver favorito la latitanza a Bigione.
Tra gli indagati, e figure centrali nella rete di fiancheggiatori di Vito Bigione, ci sono Vincenzo Pisciotta e Giuseppe Armata. Entrambi mazaresi. Tutti e tre, Bigione, Pisciotta e Armata prima che la corte d’Appello di Reggio Calabria si pronunciasse sul conto di Bigione, fanno un viaggio insieme. E’ il 25 maggio 2018 e partono per la Calabria. I tre si incontrano a Villa San Giovanni. Bigione noleggia un’auto a Siculiana. Lui con la sua e Pisciotta con un’altra auto si dirigono verso lo Stretto, insieme ma separati, con la tattica della “staffetta”. In Calabria incontrano Giuseppe Armata, che arrivava da Bologna, direttamente in auto. Neanche il tempo di ricongiungersi che vengono fermati in un posto di controllo dalla polizia a Palizzi, vicino Reggio Calabria, all’andata. Per il resto il viaggio va bene per i tre che arrivano a Crotone in giornata stesso. Un giorno di viaggio, ma a quanto pare dovevano fare qualcosa di importante insieme. Gli investigatori annotano che al ritorno anzichè percorrere la più comoda, e certamente controllata, autostrada, decidono percorrere la Statale. Un viaggio con la staffetta, il cambio di percorso, indizi che fanno supporre agli investigatori “l’organizzazione e esecuzione di traffici illeciti”.


Comincia la latitanza
Fatto sta che il 6 luglio 2018 Bigione si rende latitante.
L’indagine sui fiancheggiatori di Bigione comincia il 22 agosto, quando la Procura generale presso la corte d’Appello di Reggio Calabria emette l’ordine di esecuzione della pena detentiva per Bigione. Il latitante deve scontare 15 anni di carcere. Partono subito le indagini. Si cominciano a registrare i primi contatti e le conversazioni tra Pisciotta e Monica Deserti, l’infermiera di Bologna. “Entrambi - scrivono gli investigatori - impegnati a reperire del denaro da trasferire al latitante Vito Bigione”.

L’infermiera e il dottore
Di cosa ha bisogno un latitante? Di riparo ma soprattutto di soldi, che servono per pagare tutte quelle persone che ti nascondono. Monica Deserti a Bologna, e il fidato amico di Bigione, Vincenzo Pisciotta, si organizzano, già nelle primissime ore per cercare di far avere dei soldi a Bigione. La Deserti contatta subito la sua banca per capire come ricaricare una propria carta prepagata. Deserti e Pisciotta si sentono a telefono per studiare un modo per far arrivare a lei, a Bologna, dei soldi. Pisciotta dice all’infermiera di contattare “il dottor Michele”, si tratta di Michele Biondo, dentista abusivo anche lui indagato. Ma sopra il dottore, sopra l’infermiera, c’è “il primario”. Pisciotta chiude la telefonata con la Deserti così: “il primario è stato avvisato?” Lei: “è stato avvisato, sa tutto, m’aveva chiesto la cifa, ho detto che non la sapevo”. Il primario è Vito Bigione.
L’infermiera e Biondo si sarebbero sentiti in quei giorni. Biondo oltre ad essere un odontoiatra abusivo, vanta una lunga conoscenza con Pisciotta ma anche con il cognato Paolo Forte, figlioccio di Matteo Messina Denaro a cui aveva fornito anche la propria patente di guida nel corso della latitanza del boss di Castelvetrano.

 

Follow the money
Seguono i soldi gli investigatori. Ma tra Mazara e Bologna nei primi giorni di latitanza di Bigione ci sono problemi per spedirli. Deserti propone a Pisciotta di trasferire il denaro attraverso l’aiuto di Giuseppe Armata, mazarese stabiitosi a Bologna, che in quel periodo si trovava a Mazara in vacanza. Nel frattempo Bigione aspetta, e sicuramente è incavolato come le bestie nel suo covo in Romania. Lo fanno intendere Pisciotta e Deserti a telefono. “Magari lui c’è rimasto male, anche il datore di lavoro che non lo sento da quattro cinque giorni magari è incazzato”.

I parassiti
Bigione dopo la sua cattura in una conversazione in carcere, nell’ottobre 2018, utilizza un termine, “parassiti”. E’ un termine che viene utilizzato anche in una conversazione via sms di qualche mese prima, nei primi giorni di latitanza, tra Pisciotta e Deserti. Scrivono però gli inquirenti che “dal tenore dei messaggi inoltrati dalla donna si comrpendeva che in realtà la stessa era solo un tramite e che l’autore degli Sms era un realtà un altro soggetto giacchè, in uno di tali messaggi i mazaresi venivano appellati come “parassiti””. Per questo il regista di questi messaggi era proprio Bigione, con cui evidentemente Deserti era contemporaneamente in contatto. Il “parassita” era Michele Biondo, il “dottore”. Infatti Deserti scrive “il parassita il collega che fa fatica a restituire il dovuto”.


Scrivono gli investigatori: “il tenore dei messaggi facevano riferimento a rapporti commerciali illeciti e a pregressi debiti che dovevano essere saldati, fornendo già un primo elemento in ordine alla provenienza delle somme destinate al latitatne e al circuito associativo per il quale aveva da sempre operato come narcotrafficante”.


Dopo quello scambio di messaggi Pisciotta effettua un bonifico e avvisa Monica Deserti che veniva anche rassicurata, e quindi anche Bigione, che ne sarebbero seguiti altri”.
Arrivano i soldi. Ma presto si organizzano anche altre spedizioni.