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09/01/2022 17:00:00

"Cunnutti" e "curnuti" della Scala dei Turchi

Un’opera d’arte straordinaria. E se anche fosse un misfatto, ringrazierei i criminali.


È decorazione l'arte, è volontà di esprimersi.

Ci vuole del fegato a portare cinquanta chili di polvere rossa lungo la scogliera di Marna.
Per cui il piano potrebbe aver previsto l’approdo via mare e poi su, come nel Gergent, risalendo tra i trubi e le scivolose pendici di argilla. Lungo la falesia est.
E non ci scartavetrate i cabbasisi! Finti ecologisti di leghe senza ambiente e sottointendenza paesaggistica. Anime belle del cazzo.
Do you remember?

Per 24 anni si è tumulato un enorme scheletro di cemento a Punta Grande.
Lo chiamavamo ecomostro di Scala dei Turchi. Ma erano gli anni ottanta.
Speculazione edilizia galoppante. Ringraziamo la Scatur Srl, il ministero dell’ambiente e l’amministrazione giudiziaria.
Quindi muti. Contemplino con silenzio monastico cosa è arte e piscino da seduti.

Lasciate lì. Tutto passa. Anche l’acqua e l’intonaco.
La Scala dei turchi è da sempre pirateria. Gira, vota e furria! Con i suoi feroci saracini.

Il rafforzamento delle difese siciliane inizia nell’827 con Asad ibn al- Furat. Il regno della tolleranza e della dhimma. Poi si continua fino al 1061 con quel cornuto di Ruggero d’Altavilla. Tutto un ripudio del passato e della civiltà antica. Tracce e monumenti alle parole.

Quel Cunnuttu, quel solco rosso tracciato sulla terra ondulata, è la nostra ferita. E la nostra ferita esisteva prima di noi. Noi siamo nati per incarnarla. Noi, arabi fenici! Morte e resurrezione.


Giuseppe Passalacqua