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03/03/2023 11:02:00

Rosalia Messina Denaro, nome in codice: "Fragolone"

"Fragolone". Si faceva chiamare anche così, in codice, Rosalia Messina Denaro, nei pizzini del boss latitante, suo fratello Matteo, con i quali impartiva ordini e dava indicazioni sulla gestione degli affari della famiglia mafiosa di Castelvetrano.

E' uno dei particolari che emerge dall'operazione che ha portato oggi all'arresto della donna.  

Rosalia Messina Denaro, prima di quattro sorelle del boss Matteo catturato il 16 gennaio scorso, è stata arrestata con l’accusa di associazione mafiosa per avere fatto parte di Cosa nostra; aver aiutato l’ex latitante a rimanere uccel di bosco per trent’anni; avergli consentito di continuare a guidare l’organizzazione criminale; aver gestito la cassa della «famiglia mafiosa» e garantito le comunicazioni del fratello con gli altri associati.

Il rapporto tra Rosalia Messina Denaro e suo fratello durante la latitanza sarebbe stato strettissimo. Lo dimostrano i numerosi pizzini ritrovati nella casa della donna, arrestata oggi 3 marzo, l’unica delle quattro sorelle a vivere da sola nella storica abitazione di famiglia a Castelvetrano. E poi un quadro con il ritratto dello stragista di Cosa Nostra che lo raffigura con la corona in testa e i tipici occhiali da sole a goccia. Poco più in là un altro ritratto, quello di don Ciccio, il capostipite della dinastia Messina Denaro, presente anche con una foto in una cornice d’argento sul tavolo in salotto. Secondo quanto emerso dalle indagini della procura di Palermo, Rosalia e Matteo Messina Denaro si sono visti in diverse occasioni nel corso della latitanza del boss. La donna seguiva passo passo l’evolversi della malattia di suo fratello, come dimostra anche il pizzino in cui la donna aveva appuntato con dovizia di dettagli una sorta di diario clinico con tanto di date delle operazioni a cui il latitante era stato sottoposto.

I pm indicano nell’ordinanza che “deve evidenziarsi che Rosalia Messina Denaro vanta una serie di stretti rapporti familiari di elevatissimo lignaggio mafioso, di talché, se lasciata in libertà potrebbe – anche in via indiretta – pesantemente inquinare le prossime e complesse acquisizioni in corso che riguardano la documentazione sequestrata il 16 gennaio” in quanto “Cosa nostra, in particolare i mandamenti di Castelvetrano e Mazara del Vallo, ma soprattutto la famiglia Messina Denaro con ben due componenti (padre e figlio) rimasti latitanti uno fino alla morte l’altro per ben 30 anni dimostrano che la capacità di darsi alla fuga non solo è altamente probabile ma anche assolutamente praticata. Nessun dubbio dunque sulla sussistenza del pericolo di fuga“.