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21/07/2023 06:00:00

La mafia, Messina Denaro e noi che non ci accorgiamo più di niente

 Non dobbiamo dimenticare. Ce lo ripetiamo ad ogni commemorazione. Da 30 anni.

Anzi 31, con questo 19 luglio rovente che, come per una beffa, ci ha portato via anche Andrea Purgatori. Un po’ come se ci avessero detto “è inutile, la verità non la troverete mai”.

E dopo la cattura di Matteo Messina Denaro, continuiamo a non sapere niente, ormai sfiancati da depistaggi, polemiche, divisioni…

Sappiamo poco delle stragi del ’92, ma ancora meno degli affari di questa mafia, la mafia di oggi, non quella di trent’anni fa. Ci illudiamo di poter fornire ai giovani gli strumenti per combatterla, ma non ce li abbiamo nemmeno noi adulti.

 

E continuiamo a dire che gli strumenti sono soprattutto culturali e che in fondo basta che ciascuno faccia il proprio dovere nel proprio piccolo. La verità è che non sappiamo che cosa è diventata oggi la mafia, senza omicidi eccellenti, sanguinose guerre per il potere, giudici, giornalisti, poliziotti, carabinieri ammazzati.

Forse è diventata quella che era prima della parentesi corleonese. Ma oggi “gli strumenti” che diamo ai giovani sono sempre gli stessi: le immagini televisive delle stragi, le macchine distrutte, l’audio delle radio mobili, “Sono tutti morti, sono tutti morti…”.

 

Il punto è che anche noi adulti siamo rimasti orfani dei nostri strumenti. Perché abbiamo dovuto fare i conti con un’antimafia corrosa dai casi Saguto e Montante. Macchiata da quelle associazioni più attente ai contributi statali e a costituirsi parte civile nei processi che a fare la loro parte tra la gente. Logorata dalle balle di falsi pentiti che spesso hanno indicato la mafia dove non c’era e omesso di indicarla dove c’era. Da aziende sequestrate dopo accuse per associazione mafiosa poi risultate infondate, ma con le imprese ormai avviate al fallimento da parte dello Stato. Per non parlare di certe aziende confiscate, senza che il titolare sia stato mai indagato per mafia. O di persone giudicate “vicine” alla cosca di Messina Denaro, con una “vicinanza” raccontata dagli inquirenti magari per diversi anni, senza mai una condanna di primo grado. Persone che alla fine perdono tutto, ritrovandosi i figli e i nipoti che digitano il loro nome su google e lo trovano collegato alla mafia e al boss. Infine c'è da chiedersi come spiegheremmo ai giovani la storia del carabiniere e del politico di Mazara del Vallo che volevano vendere i files della cattura di Matteo Messina Denaro a Fabrizio Corona.

 

Oggi non sappiamo chi davvero ha aiutato il capomafia in questa sua trentennale latitanza; non sappiamo chi ha fatto affari col boss (e che tipo di affari) per tutto questo tempo. Tutto però ci è stato presentato “all’ombra di Matteo Messina Denaro”: la droga, le scommesse, gli appalti, il fotovoltaico, l’eolico, perfino la scomparsa di alcuni imprenditori.

Certo, sappiamo che ha risposto agli interrogatori in carcere, senza avvalersi della facoltà di non rispondere. Finora ce ne sono stati tre. L’ultimo, di pochi giorni fa, sarebbe durato ben tre ore. Ovvio, avrà negato le sue responsabilità in ogni cosa, cercando di convincere i magistrati che lui non centra niente. Ma anche qui, non sappiamo praticamente nulla di ciò che gli hanno chiesto. E sì, sarà anche normale, visto che le indagini sono ancora in corso, ma sarebbe interessante sapere se avesse confermato di essere stato in affari davvero con tutte quelle persone condannate, indagate, perquisite o indicate dai pentiti (anche da quelli con la credibilità sotto le scarpe). È chiaro che sarebbe tutto da prendere con le pinze ma, con i dovuti riscontri, alcune cose potrebbero servire a confermare o smentire determinate acquisizioni. Non solo sulle stragi, ma sugli affari. Quelli più recenti, magari degli ultimi dieci anni.

 

Il rischio, se le immagini del passato diventano sempre più sbiadite e quelle del presente non si riescono a mettere a fuoco, è di far sparire il futuro.

Altro che fornire strumenti ai giovani.

Peppino Impastato diceva che noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi. Prima di abituarci alle loro facce, prima di non accorgerci più di niente. Lo diceva prima che iniziasse l’ascesa dei corleonesi di Riina. Ma se oggi ci convinciamo che la mafia sia solo bombe e sangue, allora sì, aveva ragione. Forse è già troppo tardi.

 

Egidio Morici