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18/08/2023 06:00:00

Campobello. Ragazzo di 18 anni morto in un cantiere. I familiari aspettano ancora il risarcimento

A distanza di cinque mesi dalla sentenza con cui la terza sezione civile della Corte d’appello di Palermo ha disposto un risarcimento danni complessivo di circa un milione e 860 mila euro in favore dei familiari di un giovane operaio, Claudio Ingoglia, morto il 6 febbraio 2008, a soli 18 anni, in un incidente sul lavoro in un cantiere alle Cave di Cusa (Campobello di Mazara), la compagna e i familiari della vittima non hanno ancora visto un centesimo.

Coloro che, infatti, sono stati condannati a pagare (oltre al Comune di Campobello di Mazara, l’impresa edile e alcuni tecnici), come evidenzia l’avvocato Giuseppe Nastasi, non l’hanno ancora fatto. Anzi, il Comune, committente dei lavori in cui perse la vita il giovane operaio, ha impugnato la sentenza davanti la Corte di Cassazione. Inoltre, il Comune, sottolinea il legale, non avrebbe mai erogato neppure il contributo di solidarietà agli eredi della vittima. Ciò a fronte del fatto che a Campobello, a quanto pare, dopo la notizia della sentenza della Corte d’appello, molti si siano fatti l’idea che i familiari di Claudio Ingoglia si siano improvvisamente arricchiti. E invece così non è. Purtroppo per loro.

Ma vediamo come si è arrivati alla pronuncia dei giudici palermitani. Nella sentenza, si sottolinea che le indagini svolte dalla Procura di Marsala hanno consentito di accertare che “l’infortunio mortale occorso all’Ingoglia è stato determinato dall'incauta gestione della sicurezza sul lavoro nel cantiere da parte sia della società Euro Costruzioni, quale datore di lavoro dell’operaio deceduto, sia dell'architetto Ditta, quale progettista e direttore dei lavori per conto del Comune di Campobello di Mazara”. Inoltre, “come emerge dalle dichiarazioni rese dal capocantiere, Patti Luigi – proseguono i giudici di secondo grado - nella mattina in cui si verificò l'incidente, sia lui che l’Ingoglia si stavano apprestando ad allestire un ponteggio metallico, che doveva servire per puntellare l'arco e centinarlo e quindi quella stessa mattina avrebbero dovuto rimuovere una preesistente puntellatura dell'arco, eseguendo una disposizione impartita dal direttore dei lavori, Ditta Alberto, alla presenza del legale rappresentante della società Eurocostruzioni, La Rocca Santo.

Giunto sotto l’arco, l’Ingoglia veniva travolto dall’improvviso crollo del manufatto. Aperta l’indagine, il consulente del Pm ha evidenziato le gravi lacune nelle misure di sicurezza all’interno del cantiere”. Il consulente, in particolare, ha evidenziato “come l'arco crollato si trovasse già, prima dell'inizio dei lavori, in condizioni precarie sotto il profilo della statica e che l'esecuzione dei lavori aveva sicuramente comportato l'uso di mezzi meccanici escavatori, autocarri, che sebbene praticato in zone adiacenti, aveva presumibilmente indotto delle vibrazioni nel terreno e dunque anche in quello sottostante le fondazioni dell’arco”. La Corte d’appello ha, quindi, condannato la Euro Costruzioni, Luigi Patti, Alberto Ditta, Bartolomeo Castiglione e il Comune di Campobello di Mazara al risarcimento, in solido tra di loro, dei danni, liquidati in 362.847 euro per Rosa Rizzo, compagna dell’operaio deceduto, in 343.234 euro per il figlio, in 235.360 euro ciascuno per i fratelli Marco e Riccardo Ingoglia, in 343.234 euro ciascuno per i genitori Giuseppina Spagnolo e Francesco Ingoglia, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.

A rappresentare i familiari sono stati gli avvocati Giuseppe Nastasi ed Enza Pamela Nastasi. Anche l'ingegnere Salvatore Mangione, su incarico dell'Asp di Trapani, ha constatato che “la totale rimozione dei puntelli e il consolidamento dell'arco, per permettere l'installazione del ponteggio metallico in corrispondenza dello stesso, era avvenuta senza adottare misure alternative che garantissero un livello di sicurezza equivalente”. “Il Comune e il RUP, Bartolomeo Castiglione – proseguono i giudici d’appello - hanno omesso di ottemperare agli obblighi di vigilanza e di tutela loro imposti dalla legge, avallando un PSC inidoneo, in quanto non contenente la previsione di misure atte a prevenire i rischi per i lavoratori connessi al possibile crollo dell'arco, omettendo di intraprendere azioni di vigilanza dell'attività di coordinamento e di controllo posta in essere dal coordinatore per la sicurezza, arch. Ditta, circa l'applicazione da parte dell'impresa appaltatrice delle norme di sicurezza relative alle procedure di lavoro”. Sul piano penale, nel 2010, Ditta, Patti e La Rocca hanno patteggiato la pena detentiva, condizionalmente sospesa, con pagamento delle spese sostenute da tutte le parti civili. 



Giudiziaria | 2024-12-11 08:21:00
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