Caro direttore, ho saputo che dopo un intenso e ampio giro di appuntamenti in Sicilia, il libro di Nello Musumeci, “La Sicilia bombardata” (Rubettino editore) è stato pochi giorni fa presentato a Marsala con la presenza dell’autore. Mi sarebbe piaciuto partecipare avendo letto il libro con la dovuta attenzione, prima di tutto perché si tratta di una pagina drammatica della nostra storia e in secondo luogo perché volevo rendermi conto se quanto affermato da alcuni autorevoli recensori che ne hanno messo in risalto pregi, obiettività e originalità, corrispondesse al contenuto e alle tesi sostenute nel testo. Infine perché ritenevo necessario disporre di maggiori elementi per stilare una nota degna di essere pubblicata dal suo giornale e contribuire così a un possibile confronto, serio e obiettivo, su un tema ancora controverso che suscita una diversità di posizioni e di polemiche non sempre finalizzate a un chiarimento.
Devo subito premettere che prima di accingermi a leggere un libro, come quello del ministro per la Protezione civile e le politiche del mare, sono solito allungare innanzitutto lo sguardo alla quarta di copertina, per poi passare alla prefazione e postfazione, alla bibliografia, all’indice dei nomi e delle materie, alle fonti archivistiche, alle note. Ma l’attenzione maggiore la riservo quasi sempre a un aspetto marginale costituito dai rituali ringraziamenti. In questo caso mi ha particolarmente incuriosito la circostanza che l’autore ha voluto dedicare al suo collega ministro della Cultura un ringraziamento particolare dichiarandosi onorato della sua autorevole prefazione. Non è qui il caso ancora di ironizzare sul fatto che Gennaro Sangiuliano non ha sempre l’abitudine di leggere i libri, neanche quelli che deve giudicare, come è capitato al Premio Strega. Ma se il ministro Musumeci fosse già venuto a conoscenza della catastrofica intervista del suo collega rilasciata alla conduttrice Cucciari, presumo che avrebbe evitato di affidargli la prefazione che, poi risulta, sotto alcuni punti vista, ampiamente accettabile. Se c’è una stonatura, questa va senz’altro ricercata negli sperticati elogi fatti dall’autore nei confronti del collega che, alla luce dei suoi estemporanei atteggiamenti, appaiono francamente sproporzionati.
Chiedo scusa per questa “ironica” digressione. Prima però di svolgere alcune considerazioni, volevo segnalare che fra le prime cose che ho letto del libro c’è anche l’esergo di Arrigo Petacco: “Quando la guerra finisce, le bugie dei vinti sono smascherare; quelle dei vincitori diventano storia”. Questa scelta dell’autore indica e per certi aspetti anticipa in parte l’idea che si è fatta di quel periodo tragico della nostra storia ed esprime un concetto sulla guerra spingendosi fino a fare un paragone con quella scoppiata in Ucraina, su cui, in molti punti, nutro serie perplessità.
Mi hanno invece colpito in particolar modo le pagine dedicate a Marsala, le vicende vissute dalle popolazioni siciliane nel secondo conflitto mondiale (1940-1943) e il tremendo bilancio di circa diecimila vittime civili cadute sotto le bombe degli alleati. “E’ l’unica regione italiana dove gli angloamericani operano come forza ‘occupante’ senza alcun appoggio dell’antifascismo militante e con il pieno sostegno dei mafiosi ‘perseguitati’”, sottolinea il ministro.
Nel libro, fra le più toccanti testimonianze, viene ricordata quella del giovane studente Gaspare Li Causi, il quale descrive con dolore la scena che si è presentata sotto i suoi occhi dopo il bombardamento. Il passo è tratto dal volume pubblicato nel 1993 nel cinquantesimo anniversario dello sbarco angloamericano - Marsala dal 1919 al 1946. Documenti, testimonianze e ricordi: “Ci fu una lunga calma e, benché timorosi, di un’altra ondata, uscimmo dalla tana con l’ansia di trovare in piedi la casa. Salì sul tetto per dare uno sguardo panoramico alla città e non vidi la guglia del campanile della Chiesa della Madonna della Cava. Ebbi uno schianto, ma non ci fu null’altro da fare che piangere e fuggire ….”.
Per quanto poi riguarda il pieno sostegno dei mafiosi perseguitati, a differenza di Musumeci, Salvatore Lupo, uno dei maggiori esperti in materia di mafia e profondo conoscitore e studioso dell’Italia fascista, in un suo libro di recentissima pubblicazione, sostiene viceversa che non è vero che nel luglio del ’43, con l’operazione Husky, le armate americane si siano presentate sulle coste siciliane forti di un preventivo accordo con la mafia, e abbiano per questo facilmente trionfato sui loro nemici. L’idea del Grande complotto, secondo Lupo, appare del tutto infondata, come cerca di spiegare nel suo libro Il mito del grande complotto - Gli americani, la mafia e lo sbarco in Sicilia del 1943- Edizione Donzelli. Detta così sembra anche a me una ricostruzione molto sbrigativa e approssimata della storia di quel periodo, se non si fosse tenuto nel debito conto che l’America in armi, come evidenzia lo stesso storico, fu indotta dalla situazione di emergenza ad assumere un atteggiamento tollerante nei confronti delle due mafie, quella americana, capeggiata da Lucky Luciano, e quella siciliana, sia nella fase precedente sia in quella successiva all’operazione Husky.
Il libro ricostruisce le vicende spesso intricate che si consumarono sul suolo americano mettendo in luce le ragioni per cui nel ’42 i servizi segreti della marina statunitense interpellarono Lucky Luciano e di quale fu il carattere effettivo e gli scopi di tale collaborazione. Lupo si sofferma su tutto quanto accadde in Sicilia dopo, laddove le componenti americane dell’Allied Military Government (AMG) e i servizi di sicurezza statunitensi si confrontarono con i gruppi mafiosi isolani e col movimento separatista, che in quella particolare fase li rappresentava politicamente. Quello che emerge da questo accidentato percorso, supportato da una solida documentazione, archivistica e non, acquisita dall’autore, è efficacemente descritta nel saggio.
Il Grande complotto è un mito e in quanto tale è necessario rielaborare i materiali reali rispondendo al bisogno di spiegare ribaltamenti improvvisi, imprevedibili sviluppi della grande storia. Questo mito nacque in tempo di guerra per poi prendere forma nel dopo guerra.
Ne “Lo sbarco”, il volume edito da Repubblica, si legge fra l’altro che nell’estate ’43 la Sicilia assume un ruolo centrale negli scenari del conflitto mondiale che ne muta il corso e inizia il nuovo assetto europeo mondiale. E’ il momento in cui si concretizza e prende forza il movimento antifascista con il crollo del regime. Da cui si comprendono meglio le implicazioni di carattere geopolitico in ragione della posizione strategica dell’Isola. Nella conferenza di Casablanca si decise di iniziare dalla Sicilia. Stalin premeva perché si aprisse questo fronte per indebolire l’esercito tedesco su quello russo. Churchill, da parte sua, lo faceva perché lo aveva individuato come il ventre molle dell’alleato più debole del Patto d’acciaio. Si disse che quello sbarco contribuì a destituire Mussolini la notte del 23 luglio ’43. Lo sbarco fu infatti l’inizio di una coalizione militare e di una vasta alleanza di principi e di valori, tra coloro che combatterono il Fascismo, rifacendosi all’Antifascismo e ai principi e ai valori risorgimentali e dell’Unità nazionale. Non c’è dubbio che si tratti di un valore, quello dell’Antifascismo che sta alla base della nostra Costituzione repubblicana e che nasce dall’intesa con gli Alleati.
Molti argomenti affrontati nel libro del ministro meriterebbero una discussione più approfondita per renderla nota alla maggior parte delle persone. Uno di questi riguarda l’episodio che ha visto quale protagonista Umberto II il quale, prima di lasciare l’Italia, nel maggio 1946, firma la concessione dello Statuto speciale per la Sicilia. “Dopo poche settimane, in occasione del Referendum istituzionale, milioni di elettori voteranno in massa per la Monarchia, con percentuali bulgare”. Mi preme a questo proposito sottolineare in particolare questo passaggio perché mi è parso di capire che il rapporto causa – effetto, istauratosi fra il re che abdica e il popolo siciliano, sia stato salutato da Musumeci come un rapporto virtuoso che valeva la pena menzionare anche nel suo libro. La Regione siciliana, dove c’è un ceto parassitario senza uguali in Europa - chiamato la “casta con le sarde”- gestisce risorse che solo in minima parte sono locali e che lucra per sé stesso. Quanto all’assistenzialismo di cui ha parlato l’ex presidente Musumeci, sa che opprime i siciliani che andrebbero liberati dallo Statuto speciale. Bisognerebbe cancellare l’autonomia dalla Costituzione, come atto d’amore verso una terra meravigliosa per affrancarla da un baronaggio che dissipa il più grande tesoro del Mediterraneo. Mi limito a dire che a Marsala la maggioranza dei suoi cittadini ha votato per la Repubblica, nata dalla Resistenza contro il regime fascista, capeggiato da Mussolini che, insieme a Hitler, ci ha condotto nella Seconda guerra mondiale più sanguinosa di tutti i tempi.
Ogni qual volta che un cittadino e un lettore si misura con le pagine di libri come quelli di cui ci siamo occupati quasi sempre è più interessato a trovare molta storia e poca leggenda. Solo così si può ottenere un confronto civile e democratico che serve al Paese per andare avanti evitando di inciampare in azzardati passi indietro o in tentativi maldestri di imbattersi in vari passaggi della storia raccontata pro domo sua.
Filippo Piccione