Caporalato a Marsala, assolto dall'accusa di falsa testimonianza
Finito sotto processo con l’accusa di falsa testimonianza davanti al giudice del lavoro nell’ambito della vicenda giudiziaria relativa alla cooperativa agricola marsalese “Colombaia”, confiscata dalla Guardia di finanza nel maggio 2019 nell’ambito dell’indagine che vide coinvolti, per “intermediazione illecita (‘caporalato’, ndr) e sfruttamento del lavoro”, i marsalesi Filippo e Giuseppe Angileri, padre e figlio, e di Benedetto Maggio, cognato di Giuseppe Angileri, nonché il romeno Ion Lucian Ursu, adesso il 38enne marsalese Antonino Sciacca è stato assolto con la formula “perché il fatto non sussiste”.
Ad emettere la sentenza è stato il giudice monocratico del Tribunale di Marsala Francesco Parrinello, mentre a difendere Sciacca è stato l’avvocato Salvatore Errera. Secondo l’accusa, nel 2016, Antonino Sciacca aveva reso dichiarazioni inattendibili in tre processi civili alla sezione lavoro del Tribunale marsalese. “Si era verificato – spiega l’avvocato Errera - che lo Sciacca negli anni aveva lavorato alle dipendenze della Coop La Colombaia di Marsala come operaio impiegato in agricoltura con speciali mansioni di addetto alle macchine agricole e per conto di grosse aziende agricole della provincia di Trapani unitamente a dei rumeni che oltre a lamentare maltrattamenti da parte degli amministratori della cooperativa lamentavano anche disparità di trattamento, di essere sottoposti a turni di lavoro massacranti e di essere sottopagati in relazione alle prestazioni effettuate. Sciacca veniva sentito come teste avanti il Giudice del lavoro in questi processi riferendo ciò che sapeva anche perché non aveva contatti continui con il resto dei lavoratori. Venivano sentiti anche testi degli operai e il Tribunale di Marsala sezione Lavoro con tre sentenze adottate da due magistrati diversi accoglieva soltanto parzialmente le domande riducendo a pochi euro le richieste avanzate”. Chiusa la querelle civile, i tre lavoratori decidevano di sporgere denuncia penale in Procura contro i rappresentanti della cooperativa La Colombaia per il reato di sfruttamento, nonché nei confronti dello Sciacca per il reato di falsa testimonianza. Nel corso del processo penale allo Sciacca sono stati, quindi, ascoltati i testi del pm, nonché i lavoratori che si sono costituiti parte civile. Successivamente, l’imputato ha chiesto di essere ascoltato, spiegando al giudice che la sua attività in azienda consisteva nell’usare i mezzi meccanici di vario tipo e che soltanto in un paio di occasioni ebbe modo di accompagnare i lavoratori sul posto di lavoro che comunque cambiavano sempre. E che per quanto riguardava le ore di lavoro e la paga “era da sempre quella indicata nelle buste”. Aggiungendo che le sue conoscenze in ordine alla vicenda erano relative e tra l’altro nel periodo in cui lavoravano i rumeni lo stesso espletava lavoro per conto di altre aziende diverse dalla coop La Colombaia. E cioè per ben 180 giorni. Ritenendo credibili le sue dichiarazioni, il giudice Parrinello ha assolto Antonino Sciacca.
A suo tempo, Filippo e Giuseppe Angileri, padre e figlio, e Benedetto Maggio, cognato di Giuseppe Angileri, preferirono invece patteggiare la pena. Per il più anziano due anni di reclusione, con pena sospesa. Per gli altri due, invece, due anni e mezzo. Per tutti, concesse attenuanti per aver risarcito i danni.
Rimane il fatto che ad avvalersi delle prestazioni dei braccianti siano state anche alcune note aziende marsalesi del settore vitivinicolo che se non hanno avuto problemi di natura penale (si avvalevano della coop, senza contatti diretti con i lavoratori), certamente non possono certo dirsi esenti, nel caso specifico, da rilievi di natura etica.
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