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27/01/2024 17:48:00

La Sicilia non poteva spalmare i debiti in dieci anni 

 La Regione siciliana doveva spalmare il disavanzo in tre anni e non in dieci anni come ha fatto in virtù dell'articolo 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, 158.

A stabilirlo è una sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo quel decreto, accogliendo il ricorso presentato dalla Sezione riunite della Corte dei Conti che aveva sollevato la questione nell'ambito della parifica dei rendiconto per il 2020 e per il 2021, il cui giudizio era stato sospeso.
Alla luce dell'incostituzionalità del decreto legislativo, la Consulta ha dichiarato illegittime le conseguenti norme approvate dall'Assemblea siciliana ovvero l'articolo 4, comma 2 dell'assestamento del bilancio di previsione 2019 e del triennale 2019/2021.


«La sentenza della Corte costituzionale dichiara illegittima la norma del 2019 che consentiva di diluire in dieci anni il disavanzo della Regione a quel tempo esistente. L’equilibrio dei nostri conti, comunque, non è in discussione poiché nel frattempo abbiamo rispettato le indicazioni di Roma e della Corte dei conti, abbattendo il disavanzo e rimettendo la Sicilia in regola. In ogni caso, la norma oggetto della sentenza è stata superata dalla disposizione legislativa del 2022 che accorda alla Sicilia il ripiano del disavanzo in otto anni».

Lo dichiara il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, commentando la decisione della Corte costituzionale che ha cassato l'articolo 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, 158.

«Nel 2022 - aggiunge l'assessore all'Economia, Marco Falcone - siamo scesi da 6 a 4 miliardi di euro e per il rendiconto 2023 le nostre previsioni accreditano un ulteriore calo di ben 500-700 milioni. Proseguiremo, dunque, nella virtuosa operazione di ripiano del nostro debito senza incidere sul livello dei servizi offerti dalla Regione, e anzi potenziandoli e incrementando gli investimenti».