Palermo, 41 anni fa l'attentato al giudice Rocco Chinnici
Il 29 luglio 1983, una data incisa nella memoria collettiva di Palermo e dell'Italia intera, segna il giorno in cui il giudice Rocco Chinnici cadde vittima di un efferato attentato mafioso. Quel giorno, una Fiat 126 imbottita di tritolo scosse via Pipitone Federico, portando via con sé la vita del magistrato, del maresciallo Mario Trapassi, dell'appuntato Salvatore Bartolotta e del portiere dello stabile, Stefano Li Sacchi.
Quell'esplosione fu un tragico primato: il primo attentato mafioso compiuto con un'autobomba, un metodo che sarebbe stato tristemente replicato in seguito contro altri eroi della lotta alla mafia, come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Chinnici, magistrato di straordinaria lungimiranza, aveva intuito l'importanza di contrastare la mafia sul piano economico e finanziario, colpendola al cuore dei suoi interessi illeciti. Aveva creato il primo nucleo del pool antimafia, coinvolgendo giovani colleghi come Falcone e Borsellino, e aveva contribuito in modo determinante alla stesura della legge Rognoni-La Torre, che introdusse il reato di associazione mafiosa e rafforzò gli strumenti di prevenzione patrimoniale.
La sua visione innovativa e il suo impegno instancabile nella lotta alla mafia gli erano costati minacce e intimidazioni, ma Chinnici non si era mai piegato. Anzi, aveva portato il suo messaggio di legalità e giustizia anche nelle scuole, parlando ai giovani dei pericoli della droga, un'altra piaga che affliggeva la società e che era strettamente legata al mondo criminale.
L'eredità di Rocco Chinnici è ancora viva e presente nella magistratura italiana e nelle istituzioni che combattono ogni giorno contro la criminalità organizzata. Il suo coraggio, la sua determinazione e la sua visione innovativa continuano a ispirare quanti si battono per un futuro libero dalla mafia.
La Fondazione Rocco Chinnici, custode della memoria del giudice, si impegna a diffondere la sua storia e il suo insegnamento, affinché il suo sacrificio non sia vano e la sua eredità possa continuare a guidare le future generazioni nella costruzione di una società più giusta e libera.
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