Shark e Repesa, che forza. Tecnico e squadra oltre ogni ostacolo
L’imperativo di Repesa era quello di resettare una regular season che aveva visto gli Shark disputarla da assoluti protagonisti. Più che sui muscoli e sulla condizione fisica dei giocatori, arrivati in splendida forma all’appuntamento più importante, occorreva entrare nei loro meandri psicologici e cancellare tutto.
Il Coach croato è un maestro in questa particolarità: lo testimonia il background tutto italiano con due campionati vinti ed una larghissima esperienza da lupo di mare in grado di addomesticare squali come fossero delfini e presentarsi, anche al SeaWorld di San Diego, per una performance come spettacolo unico nella storia degli acquari marini.
C’era quindi febbrile attesa ed anche un minimo di preoccupazione sul nuovo step da superare, i quarti di finale dei play off, in considerazione che solo pochi elementi avevano già vissuto una esperienza analoga. Ebbene, la risposta alle tante riflessioni non poteva che essere positiva. La sfida con Reggio Emilia è stata archiviata nel minor tempo possibile con un secco 3 a 0, che consente ai granata di potersi allenare tranquillamente nel fortino di casa, aspettando la prossima sfida che uscirà dal confronto tra Brescia e Trieste attualmente sul 2 a 1 per la Leonessa.
Ma indipendentemente dal prossimo avversario, gli Shark hanno fornito l’ennesima dimostrazione di forza sia nel condurre le dinamiche del gioco, sia nel rimontare situazioni difficili che si sono presentate in gara uno ed in gara tre.
Secondo i nuovi dogmi imposti dal “Buster” Repesa, si gioca solo di squadra, non sono ammesse estemporaneità individuali nemmeno se si è di 20 avanti. Da questo mantra è uscita fuori una disciplina che ricalca a grandi linee quella dei samurai giapponesi nel servire il loro imperatore. Che naturalmente non è Antonini, “relegato” dal Coach e dal roster ad una non “interferenza” sulle problematiche di ordine tecnico. Per ora sembra che gli calzi a pennello quel ruolo di “primus inter pares” nell’ambito della tifoseria organizzata. Dopo aver sterilizzato il movimento dai tifosi più riottosi, ora è lui che mena le danze nell’aspetto più pittoresco del basket nostrano. Un ruolo che assolutamente gli si addice ed è perfettamente in linea con l’esuberanza di un personaggio che per verve, vitalità, euforia, protagonismo non risulta essere secondo a nessuno.
Nonostante la “grandinata” sportiva che si è abbattuta sul Trapani Shark penalizzata di 4 punti nella stagione 2025-2026 per irregolarità amministrative, il patron Antonini non si scompone più di tanto, anzi promette battaglia giudiziaria, dichiarandosi assolutamente estraneo ai fatti, denunciando i malfattori che lo avrebbero truffato. Questa ulteriore “tegola” esula dai fatti sportivi e la dimostrazione che la Squadra, Staff Tecnico compreso, si siano dimostrati avulsi da questo tipo di sollecitazioni, la dice lunga sui valori morali, etici e di resilienza che stanno dimostrando questi magnifici interpreti.
Si è finalmente visto sul parquet l’oggetto misterioso Derek Ogbeide, sceso a sorpresa nello starting- five per contrastare la forza propulsiva sotto canestro degli avversari e pur non potendo esibire numeri significativi, sia nel punteggio che ai rimbalzi, ha dimostrato di potersi rendere utile in questo rush finale. Si dovrà alternare con Brown a seconda delle necessità che il prossimo avversario presenta. Sicuramente farà rifiatare Horton che ha tirato la carretta per tutto il campionato e che ogni tanto avverte la necessità di recuperare le forze. Con Eboua rappresenterà il trio di pivot che si dovranno alternare sul parquet ed aver vinto anche la guerra a rimbalzo, su un punto di forza avversario, non può che rappresentare un ottimo viatico. Nel reparto che riguarda la cabina di regia gli equilibri sono consolidati da tempo. Il numero uno è Mister Robinson, un giocatore che aveva trascorsi limitati sia in NBA che nel campionato spagnolo. Alla resa del rendimento esibito, lo considero il migliore in assoluto di tutto il campionato nel ruolo e meritatamente in lizza MVP. Quello che unanimemente viene indicato come il sesto uomo, JD Notae, in realtà partirebbe in quintetto anche a Bologna e Milano e questo la dice lunga sulla profondità del roster che dalla panchina spesso attinge più punti che dal quintetto titolare. In questa fase di playoff spunta sul proscenio un grandissimo giocatore, quel Galloway, ormai gallo per tutti, che non ha certo bisogno di presentazioni. Sono sufficienti le 452 partite disputate in NBA ed una carica sia fisica che emotiva che riesce a trasmettere allo spogliatoio dall’alto del suo inconfutabile carisma, per elevarlo ad assoluto protagonista. Se dovessi usare un solo aggettivo, considerato che sul livello tecnico si sono presto esaurite tutte le parole, direi “commovente”. È sceso in Europa quasi a fine carriera, ma non per cantare il cosiddetto canto del cigno, ma per l’amore che nutre per questo sport, una passione che non riesce a scrollarsi di dosso poiché fa imperiosamente parte del suo DNA. A Galloway l’Oscar alla carriera, nella speranza che possa ripetersi a Trapani anche l’anno successivo. Che dire di Alibegovic se non quello di essere diventato, come italiano, l’ala più forte del campionato. Si è migliorato in un solo anno di massimo campionato, in tutti i fondamentali di gioco. È diventato una cerniera insostituibile nel ricucire i giochi di difesa ed attacco ed attraverso i rimbalzi difensivi che cattura, nasce quel gioco in transizione primaria che annichilisce gli avversari. Non trascurabile il rapporto che forniscono alla squadra i due mastini difensivi, Petrucelli e Rossato. Non accade mai che il “Buster” rinunci ad uno dei due per bloccare la guardia o il play avversario più pericolosi. Compiti assolti sempre con grande spirito di abnegazione ed umiltà, sacrificando spesso il numero spettacolare tanto gradito alla platea. Poi Yeboah, pescato nel campionato turco e grande protagonista a Trapani. Cammina sempre a fari spenti e gli avversari si accorgono della sua presenza quando è troppo tardi. Ha le migliori percentuali nel tiro da 3 del roster, ma non è un mangia-palloni. Difende con il peso e la potenza che mamma, sempre presente al PalaShark, gli ha regalato e gioca sempre in mismatch con avversari. E, last but not least, Cris Horton. A torto era ritenuto uno che non potesse sfondare al piano superiore per dover cimentarsi con pivottoni di 2.10, erculei e dotati di notevole tecnica individuale. Il risultato? È richiesto da tutte le migliori squadre europee e difficilmente lo ritroveremo a Trapani il prossimo anno. Ma intendo scongiurare questa ipotesi che già sovrasta il cielo di Trapani, sicuramente diverso da quello sopra Berlino. Speriamo che la storia, mirabilmente narrata nell’omonimo film da Wim Wenders, abbia lo stesso epilogo. Cioè, che uno degli angeli dalla capitale tedesca si trasferisca a Trapani e si affezioni alla condizione umana della gente. Non necessariamente in ambito sportivo, ma per l’attrazione umana che la città e la sua gente riescono ad esercitare. Un comune denominatore che non riguarda solo Horton. La magia si è talmente diffusa che risulta difficile, per tutti, separarla dal mito.
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