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30/05/2025 06:00:00

Cure oncologiche. In Sicilia pochi screening e troppi viaggi fuori regione

AGENAS ha  presentato i risultati della sesta indagine nazionale sullo stato di attuazione delle Reti Oncologiche Regionali, condotta nel 2024 analizzando i dati del monitoraggio dell’anno 2023.

 

La Rete Oncologica Regionale è il modello organizzativo funzionale che garantisce l’ottimizzazione della presa in carico in termini di percorso, processo ed esito per ciascuna patologia oncologica, si avvale di strumenti tecnico-organizzativi a garanzia di un efficace percorso condiviso, attraverso l’attività in coordinamento funzionale e vede impegnati le Regioni e i professionisti.


 

Analisi

Il monitoraggio si è svolto con  modalità definite dal Comitato Tecnico Scientifico che prevedeva: questionario, somministrato on line sul sito istituzionale AGENAS e compilato dai referenti delle Regioni e Pubblica Amministrazione; calcolo di indicatori riguardanti le sette patologie oncologiche più diffuse (mammella, colon, retto, polmone, prostata, ovaio ed utero) riferiti all’anno 2023. 


 

Le regioni virtuose

Sono tutte posizionate al nord, si tratta del Vento, della Toscana e dell’Emilia Romagna.

Si tratta di regioni che si confermano capaci di avere una presa in carico efficace, con un’elevata percentuale di ricoveri e prestazioni erogate a pazienti residenti, con tempi di attesa contenuti e un indice di bacino positivo, che garantisce trattamenti come chemioterapia e radioterapia a pochi chilometri da casa, dunque un sistema che funziona. 

Bene anche il Piemonte, Valle d’Aosta e Lazio, territori che hanno saputo tradurre in pratica i principi di integrazione ospedale-territorio e la definizione di Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali (PDTA).

In queste regioni, i dati sono chiari: interventi chirurgici effettuati entro 30 giorni dalla prenotazione per la maggior parte dei casi, ricoveri che avvengono nella regione di residenza e minore mobilità sanitaria in uscita. Indicatori che, come ricorda AGENAS, fanno la differenza non solo per la prognosi, ma anche per la qualità della vita di chi affronta la battaglia contro il cancro. Accanto alle eccellenze, AGENAS segnala un trend incoraggiante per regioni come Campania, Umbria, Abruzzo, Puglia e Friuli Venezia Giulia. Qui i processi di riorganizzazione delle reti oncologiche iniziano a dare frutti concreti, con un progressivo miglioramento degli esiti clinici e una riduzione delle disuguaglianze di accesso. Tuttavia, resta il nodo di una governance non sempre omogenea e la necessità di consolidare gli sforzi per garantire equità e omogeneità di cure su tutto il territorio regionale.


 

Sud fanalino di coda

Calabria, Molise, Marche, Basilicata e Sardegna continuano a scontare ritardi strutturali e organizzativi. Il report per la Calabria e Sardegna denuncia reti oncologiche frammentate o addirittura assenti, con conseguenze pesanti sui pazienti: mobilità sanitaria forzata, tempi di attesa oltre gli standard e una qualità dell’assistenza ben lontana da quella garantita nelle regioni più avanzate.

Allarmanti i dati sugli interventi chirurgici, mentre in province come Bolzano, Veneto, Toscana, Lombardia ed Emilia-Romagna le percentuali di interventi entro 30 giorni superano abbondantemente l’80%, in Sardegna, Marche e Abruzzo questi standard non vengono rispettati, mettendo a rischio la prognosi oncologica e aumentando il carico emotivo su pazienti e famiglie.

 

Regioni performanti e Sud fermo

L’analisi sottolinea come ci possa essere una netta differenza tra le Regioni totalmente performanti rispetto a Regioni in cui il raggiungimento della performance di esito è legato maggiormente alla produttività di singoli centri che avocano a sé elevata capacità produttiva e soddisfacimento della domanda interna ed esterna alla rete.


 

La Sicilia

Da un lato la Sicilia registra buoni livelli di copertura degli inviti agli screening, dall’altro c’è una bassa adesione. 

Nel 2023 la Sicilia ha raggiunto ottime percentuali di inviti per i tre principali programmi di screening (tumore della mammella 90,65%, colon-retto 99,86%, cervice uterina 113,88%). Ma i dati si fanno critici quando si guarda a chi quegli screening li ha davvero eseguiti: appena 32,13% per la mammella, 14,50% per il colon-retto e 22,70% per la cervice uterina, ben al di sotto dei livelli minimi raccomandati dal Nuovo Sistema di Garanzia (35%, 25% e 25% rispettivamente).

Nel 2024 la situazione migliora di poco: il tasso di adesione per la mammella scende al 28,81%, il colon-retto si attesta sul 14,22%, e la cervice uterina sale al 27,31%, superando di poco la soglia minima. Tuttavia, la Sicilia resta tra le regioni peggiori d’Italia, superata anche da realtà storicamente in difficoltà come la Campania.

Sul fronte dell’organizzazione della Rete Oncologica Regionale, la Sicilia si colloca in una posizione di stabilità, con un lieve incremento rispetto al 2022, anno in cui la rete fu presentata dall’allora assessore alla Salute Giovanna Volo. La Regione si conferma in una fascia media di performance, segno che – pur in presenza di una rete formalmente attiva – la presa in carico dei pazienti e l’integrazione tra ospedale e territorio restano ancora parziali e da potenziare.

Molti malati oncologici  scelgono ancora di curarsi fuori regione, in cerca di percorsi rapidi o strutture percepite come più affidabili. Una scelta che grava economicamente sulla Regione e riflette una fiducia da ricostruire nel sistema sanitario locale.