«Ogni giorno qualcuno si fa del male. Ogni giorno si fanno la corda. Aiuto. Basta». È uno dei tanti messaggi disperati che arrivano dal CPR di Milo, a Trapani, dove si registrano episodi sempre più gravi: tentativi di suicidio, atti di autolesionismo, scioperi della fame. A denunciarlo è la Rete siciliana contro il confinamento, che ha raccolto testimonianze anche dal centro di Pian del Lago, a Caltanissetta.
Secondo il comunicato, nei giorni scorsi quattro persone trattenute a Trapani hanno tentato il suicidio, tra cui un uomo, O., che ha tentato il suicidio provando ad impiccarsi per ben due volte in poche ore. L’ambulanza sarebbe arrivata con un’ora e mezza di ritardo. Il 19 giugno un altro detenuto, A., si è tagliato il collo ed è rimasto a terra per oltre trenta minuti prima dell’arrivo dei sanitari.
La protesta si è tradotta in uno sciopero della fame, interrotto solo temporaneamente. Scene analoghe anche a Caltanissetta, dove una persona in gravi condizioni psichiche e fisiche, anziché essere curata, ha subito la proroga della detenzione.
Dietro questi gesti estremi c’è un filo comune: l’assenza di prospettive. «Il tempo qui non passa mai – racconta G. – C’è chi è dentro da nove mesi, chi da cinque. E non c’è mai una fine». A Trapani c’è anche chi ha 69 anni, vive da oltre trent’anni in Italia e assume farmaci salvavita. «Alla mia età dovrei starmene a casa a curarmi – dice M. – e invece sto morendo qui dentro».
La Rete punta il dito contro il sistema dei CPR, definiti «dispositivi di morte e sofferenza», e contro le politiche governative che hanno portato a estendere a 18 mesi il tempo massimo di trattenimento. «Questa è Guantanamo», denuncia un detenuto. «I CPR vanno aboliti – conclude la Rete – e tutte le persone lì rinchiuse devono essere liberate subito».