“La gestione della cosa pubblica in Sicilia è stata trasformata in una pratica personalistica, lontana da ogni criterio oggettivo”. È la denuncia forte e chiara lanciata dalla senatrice di Italia Viva, Dafne Musolino, in merito all’inchiesta della Procura di Palermo che coinvolge il presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, Gaetano Galvagno, indagato per corruzione.
Pur ribadendo la propria fiducia nella magistratura e sottolineando l’approccio garantista che deve prevalere in questa fase, Musolino richiama però l’attenzione sul problema politico alla base della vicenda: l’assenza di trasparenza e criteri oggettivi nella distribuzione dei fondi pubblici per la cultura da parte della Regione Siciliana.
“C’è un problema sistemico – afferma – che è stato più volte sottolineato anche dalla Corte Costituzionale: un uso discrezionale delle risorse pubbliche, scollegato da valutazioni tecniche e trasparenti”, prosegue la senatrice, che rivendica di aver denunciato per tempo questa situazione.
Sono infatti tre le interrogazioni parlamentari presentate da Musolino nei mesi scorsi ai ministri competenti – Cultura, Giustizia, Economia e Affari regionali – tutte rimaste senza risposta. L’ultima, datata 12 marzo 2025, sollecitava il Governo a intervenire per evitare la dispersione di ingenti risorse pubbliche “in mille rivoli clientelari”, suggerendo invece di destinarle al ripiano del deficit regionale.
“Sono stata buona profeta, ma completamente ignorata, e oggi ci ritroviamo esattamente dove avevo previsto – commenta amara Musolino –. Rimane ora l’urgenza di introdurre criteri seri di merito, trasparenza e oggettività nella gestione delle risorse pubbliche”.
Una richiesta che, alla luce delle recenti indagini, suona come un appello non più rimandabile. In attesa degli sviluppi giudiziari, la politica è chiamata a fare chiarezza su pratiche che – secondo Musolino – minano la credibilità delle istituzioni e compromettono la fiducia dei cittadini.