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17/07/2025 06:00:00

Rosa Di Stefano: "Per il turismo serve un’alleanza tra cultura, ospitalità e innovazione"

Rosa Di Stefano è la presidente di Federalberghi Palermo, ha raccolto un testimone carico di responsabilità ma anche emotivo, non è solo la prima donna ad esercitare il ruolo è anche la moglie di Nicola Ferruggio. Rosa è impegnata sul lavoro, con grande visione ma soprattutto con quella spinta di amore per una ragione, come la Sicilia, che ha bisogno di cura costante. Il suo modello di turismo non riguarda solo Palermo ma è declinabile in tutte le province.

 

 

Presidente,  è la prima donna in Sicilia al vertice, giornalista e imprenditrice. Sono diversi occhi, con diversi approcci al mondo del turismo. Quale preferisce?

 

Credo che la forza stia proprio nell’averli tutti, questi occhi.

Quello giornalistico mi aiuta ad ascoltare e ad analizzare, a cogliere i segnali deboli prima che diventino evidenti, a costruire narrazioni autentiche, capaci di restituire dignità e valore al nostro territorio.

L’occhio dell’imprenditrice è quello più concreto: fatto di numeri, di scelte da prendere ogni giorno, di persone da accompagnare e sostenere.

Poi c’è l’occhio istituzionale, quello che guarda più lontano. È l’occhio della responsabilità collettiva, della visione, del dovere di pensare in grande anche quando sembra difficile.

Non potrei sceglierne uno solo, perché è proprio dall’equilibrio tra questi sguardi che cerco ogni giorno di crescere, di imparare, di migliorarmi.

Sono consapevole di quanto ci sia ancora da fare, per me stessa e per il sistema che rappresento. Ma è proprio questa consapevolezza che mi tiene in cammino: con coraggio, con umiltà, e con la volontà di costruire un futuro che non sia solo al passo coi tempi, ma che sappia anche anticiparli.

 

 

Ci può essere per la Sicilia una visione comune per il Turismo? C’è l’impressione che si parli del settore, come volano di sviluppo, per luoghi comuni ma con poca davvero competenza e concreta fattività.

 

Una visione comune è possibile, ma richiede una svolta culturale. Dobbiamo smettere di parlare di turismo come fosse un concetto astratto o uno slogan da campagna elettorale. Il turismo è un settore industriale con esigenze complesse: ha bisogno di infrastrutture, governance, formazione, regole chiare e rispetto per il lavoro. Oggi invece assistiamo spesso a una narrazione superficiale, scollegata dalla realtà operativa. Serve un patto vero, tra istituzioni, imprese e cittadini, per considerare il turismo non più come un fatto “di stagione”, ma come un asset strategico del nostro sistema economico.

 

 

 Lei ha lanciato una proposta notevole: indirizzare a Palermo una parte della tassa di soggiorno (tassa di scopo) per realizzare presidi di sicurezza: dalla illuminazione pubblica potenziata al potenziamento delle forze dell’ordine. E’ fattibile come proposta? Soprattutto esportabile in tutte le città che oggi hanno problemi di (in)sicurezza.

 

È più che fattibile: è doverosa. Se un turista viene a Palermo e non si sente sicuro nel centro storico, o se un lavoratore del comparto ha paura a uscire dal turno di notte, abbiamo un problema sistemico. E lo dobbiamo affrontare con serietà. La tassa di soggiorno non può essere considerata un “fondo indistinto”: è una tassa che il turista paga per migliorare la sua esperienza in città. Per questo ho proposto di destinarne una quota alla sicurezza: videosorveglianza, illuminazione, presidio nei punti sensibili. Un uso trasparente e finalizzato delle risorse rafforza il patto di fiducia tra pubblico e privato. E sì, è un modello che può (e deve) essere replicato ovunque il turismo rischi di essere frenato dalla percezione del pericolo.

 

 

 Il Turismo non è solo estate, sole, mare, cibo. Destagionalizzare puntando su altri settori è fondamentale, con quale chiave?

 

La chiave è la diversificazione intelligente, capace di intercettare i nuovi desideri del viaggiatore contemporaneo, sempre più alla ricerca di esperienze autentiche, lente, immersive. Il turismo non è più solo “vacanza”: è conoscenza, scoperta, trasformazione.

In Sicilia, la destagionalizzazione può e deve passare da una proposta plurale:

 

• il turismo culturale, con rassegne teatrali, festival musicali, mostre d’arte e grandi eventi che ogni anno muovono decine di migliaia di persone;

• il turismo religioso, con itinerari spirituali che attraversano santuari, eremi, feste popolari e percorsi devozionali come quelli legati a Santa Rosalia o al Cammino di San Giacomo in Sicilia;

• il turismo dei borghi, che valorizza l’autenticità dei piccoli centri, lontani dai flussi di massa;

• il turismo enogastronomico, sempre più legato all’identità dei luoghi, alla filiera corta, al racconto del territorio attraverso i sapori;

• il turismo del benessere e del cammino, che incontra la domanda crescente di rigenerazione fisica e mentale;

• il turismo artigianale e creativo, che permette al viaggiatore di diventare protagonista, attraverso laboratori, atelier, esperienze partecipative.

Il viaggiatore oggi non cerca solo luoghi, ma storie da vivere. La sfida è quella di creare ecosistemi dell’ospitalità che mettano in rete cultura, accoglienza, formazione e innovazione. Solo così riusciremo a rendere la Sicilia una destinazione attrattiva tutto l’anno.

Serve un’alleanza strategica tra cultura e ospitalità, fra scuole, università, teatri, operatori turistici. E serve anche innovazione, per creare esperienze personalizzate e memorabili. Il futuro è di chi saprà raccontare il territorio anche nei suoi tempi “lenti”.

 

La Sicilia ha problemi non di bellezze artistiche, di patrimonio culturale, storico, ambientale e così via, ma cade in basso alla classifica per i servizi quasi inesistenti. Come si può realizzare sinergia tra pubblico e imprenditoria privata?

 

Ci vuole coraggio politico e visione imprenditoriale. La bellezza, da sola, non basta: va accompagnata, servita, protetta. Noi imprenditori siamo pronti a fare la nostra parte, investendo, innovando, offrendo lavoro. Ma se chi amministra non ha obiettivi comuni o non ascolta le voci del settore, il sistema si blocca. Una sinergia vera nasce dal rispetto reciproco e da strumenti operativi condivisi: tavoli permanenti di confronto, patti territoriali, incentivi al co-investimento. Non si tratta solo di “collaborare”, ma di co-progettare il futuro.

 

 

 Qual è la sfida che il settore turistico alberghiero deve raccogliere e vincere?

 

La sfida è l’identità consapevole. Dobbiamo saper competere senza snaturarci. Accogliere, ma anche educare il turista al rispetto del territorio. Crescere economicamente, ma anche umanamente. L’albergo non è solo un posto dove dormire: è un presidio di cultura, un punto di contatto tra il viaggiatore e la comunità. La sfida è offrire qualità, professionalità, autenticità, in una filiera che valorizzi il lavoro, l’ambiente, le tradizioni. Chi lavora in hotel oggi è un ambasciatore. E il nostro compito è formare, proteggere e motivare questi ambasciatori del bello e del possibile.