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01/08/2025 13:07:00

Trapani, restaurata la lapide con la “Mano del Miracolo” di Sant’Alberto

C’era una volta, quasi nascosta da un cavo elettrico, una lapide in via dei Biscottai, nel cuore del centro storico di Trapani. Una mano scolpita nella pietra, simbolo misterioso e venerato, associato alla leggenda del “Miracolo” di Sant’Alberto, patrono della città. Per decenni ignorata, sbiadita, quasi cancellata. Ora, finalmente, è tornata al suo splendore originario.

A restituirle dignità ci ha pensato l’Unione Maestranze di Trapani, guidata dall’architetto Giovanni D’Aleo, che ha fortemente voluto il restauro, ottenendo il sostegno unanime del Consiglio di Amministrazione. L’intervento, realizzato con cura artigianale da Vito Figuccio e dalla ditta Figepo, e curato sul piano conservativo da Elena Vetere di Partenope Restauri, è stato portato avanti con il supporto prezioso del Dott. Lino Figuccio della Soprintendenza ai Beni Culturali.

Per troppo tempo quella lapide è rimasta invisibile, divorata dal tempo e dall’incuria. Eppure, dietro quella mano scolpita, c’è un patrimonio di memoria e leggenda. Secondo la tradizione popolare – e secondo il racconto del frate agostiniano Benigno da Santa Caterina (al secolo Vito Catalano) – proprio lì Sant’Alberto avrebbe salvato un bambino precipitato da un balcone. Un miracolo tramandato di bocca in bocca, inciso nel culto cittadino.

Ma attenzione: la storia è molto più complessa. La lapide reca infatti un’iscrizione con il nome del profeta Zaccaria – non esattamente un compagno di miracoli del patrono trapanese. Fu il garibaldino e intellettuale Giuseppe Polizzi, nel 1894, a recuperarla da una porta in ristrutturazione, dichiarandola “parte della mia collezione” . La lastra, mancante di un pezzo, fu poi ricollocata chissà quando, chissà da chi, nel luogo dove ancora oggi possiamo ammirarla.

Non è chiaro chi abbia scolpito quella mano, né quando. L’unica certezza è che risale a prima del XVII secolo, e che conserva elementi paleografici tipici del periodo tardo medievale o rinascimentale: come la “P” con gambetta (cioè “pr”) e quella “Z” che pare un “3”. Siamo, probabilmente, nel pieno clima del Concilio di Trento, in una Trapani spagnola e devotissima.

Che si tratti o meno della vera “Mano del Miracolo”, poco importa. Oggi quel simbolo è tornato visibile, ben posizionato, forse anche illuminato. Soprattutto, è tornato a raccontare una storia. O forse più d’una.

“Siamo felici – ha dichiarato il presidente D’Aleo – di aver riportato alla luce questo pezzo di memoria collettiva, rendendolo nuovamente un punto di riferimento per la comunità”.

L’Unione Maestranze annuncia che questo è solo il primo di una serie di progetti di recupero e valorizzazione del patrimonio storico-artistico trapanese. E in un tempo in cui la memoria viene spesso lasciata marcire in qualche magazzino, o – peggio – manipolata per fini politici o commerciali, fa bene vedere che c’è ancora chi si prende cura delle tracce del nostro passato.

La lapide, ora ben restaurata e visibile a tutti, è un piccolo miracolo civico. Un gesto semplice, ma potente: restituire a Trapani un frammento della sua identità.