E' caos in Fratelli d’Italia. Manlio Messina, ex vicecapogruppo del partito alla Camera, ha finalmente rotto il silenzio dopo aver lasciato il suo ruolo e abbandonato la formazione politica di Giorgia Meloni. L’ex deputato ha chiarito che non è coinvolto nell’inchiesta della Procura di Palermo e ha ribadito con fermezza di non essere indagato. Tuttavia, non ha risparmiato pesanti critiche ai vertici di FdI, accusandoli di averlo emarginato dopo averlo esposto a una "gogna pubblica".
In una lunga nota, Messina ha spiegato che la sua uscita da Fratelli d’Italia non è dovuta a indagini penali a suo carico, ma piuttosto a un lento e continuo processo di isolamento da parte del partito, che lo avrebbe messo ai margini.
Il deputato siciliano ha fatto riferimento in particolare alla vicenda di Carlo Auteri, un suo ex alleato, coinvolto in un'inchiesta sui finanziamenti ad associazioni legate alla sua famiglia, una storia che ha avuto un impatto diretto sulle dinamiche interne del partito in Sicilia.
Messina ha confermato che il 29 luglio scorso la Procura di Palermo lo ha comunicato ufficialmente di non essere indagato, purtroppo, a causa di un contesto che lo ha visto collegato a diverse figure sotto inchiesta. Tra questi, alcuni esponenti di FdI, tra cui il presidente dell'Assemblea regionale siciliana Gaetano Galvagno e l’assessora regionale al Turismo Elvira Amata, entrambi sotto indagine. Nonostante ciò, Messina ha ribadito di avere piena fiducia in loro, esprimendo solidarietà e stima.
«Il 29 luglio, ho ricevuto dalla Procura di Palermo la comunicazione di non essere indagato nel procedimento penale che ha coinvolto, tra gli altri, alcuni esponenti di Fratelli d’Italia», ha spiegato Messina, ribadendo la sua innocenza. «Sono fermamente convinto dell’innocenza del Presidente Galvagno e dell’Assessore Amata, ai quali mi lega un forte sentimento di amicizia e stima e a cui auguro di dimostrare in tempi brevi la loro estraneità ai fatti ipotizzati dalla procura di Palermo», ha aggiunto, confermando la sua fiducia nei due esponenti del partito.
Sebbene il deputato sottolinei con decisione la sua innocenza, ha attaccato duramente la stampa, accusandola di aver alimentato una "gogna pubblica" senza aver preso in considerazione il parere della magistratura. «La stampa sta cercando di sostituirsi alla magistratura», ha dichiarato Messina, «e mi ha esposto a una gogna pubblica per fatti in cui respingo ogni coinvolgimento».
Messina ha poi chiarito ancora una volta la sua posizione: «Devo in ogni caso ribadire con altrettanta forza di non aver mai compiuto alcun atto illecito e, in particolare, di non aver mai chiesto, sollecitato o indotto chicchessia a concedere finanziamenti o comunque a compiere un qualsiasi atto inerente alla sua funzione, i quali, sono convinto, non hanno mai potuto rappresentare ‒ neanche per i soggetti indagati ‒ merce di scambio di qualsivoglia utilità». In risposta a chi lo ha accusato di essere il "regista" di queste vicende, Messina ha dichiarato: «Continuare invece ad affermare, come ho letto su alcuni quotidiani, che io sia addirittura il “regista” di queste vicende, e ciò contro il diverso parere della procura di Palermo, dimostra, nella migliore delle ipotesi, una scarsa comprensione dei principi elementari del diritto e della procedura penale».
La questione dell’investimento della Regione Sicilia nel marketing del Festival di Cannes è tornata in discussione, ma Messina ha confermato che, anche in quella circostanza, non ha mai ricevuto alcun coinvolgimento o imputazione formale dalla procura. «Non sono iscritto nel registro degli indagati, né la procura di Palermo ha mai ritenuto di sentirmi quale persona informata sui fatti», ha affermato.
L’affondo finale è rivolto al suo ex partito. Messina ha dichiarato di aver condiviso con i vertici nazionali di FdI le sue preoccupazioni, chiedendo di non essere trattato come un emarginato, ma di ricevere un minimo di tutela e chiarezza. «Ho condiviso in questi anni con i vertici nazionali del mio partito queste mie preoccupazioni che, lungi dal rappresentare una pretesa di immunità o difesa incondizionata, rappresentano un tema politico», ha spiegato. Tuttavia, secondo lui, «in risposta, ho potuto solo registrare un lento, ma costante, processo di emarginazione». Con rammarico, Messina ha deciso di dimettersi anche dal gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia: «A quel punto ho preso atto e rassegnato le dimissioni».