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21/08/2025 08:00:00

Mafia a Mazara. Confermata la confisca dei beni, annullata la sorveglianza speciale a Vinci

 Annullamento, con “rinvio” per nuovo giudizio a diversa sezione della Corte d’appello, del decreto con cui i giudici di secondo grado avevano confermato la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale applicata dal Tribunale di Trapani, ma conferma (dichiarando “inammissibile” il ricorso) della confisca della ditta individuale “Cucchiara Fina Daniela” e del relativo “compendio aziendale”, ritenute “nella disponibilità del proposto seppur formalmente riferibili alla moglie”.

E’ quanto ha sentenziato la sesta sezione penale della Cassazione (presidente Massimo Ricciarelli) sul ricorso proposto dal 55enne imprenditore mazarese del settore edile Fabrizio Vinci, condannato, ormai in via definitiva, per concorso esterno in associazione mafiosa nell’ambito del processo scaturito dall’operazione dei carabinieri “Visir” (14 arresti tra Marsala e Mazara all’alba del 10 maggio 2017). In primo grado, nel 2020, il Tribunale di Marsala condannò Vinci per associazione mafiosa a 12 anni di carcere. Due anni dopo, la Corte d’appello di Palermo, riqualificando il reato contestato in “concorso esterno”, gli ridusse la pena a 9 anni. Ma come solitamente accade in questi casi, oltre alle pene detentive, ci sono anche le misure di prevenzione, personale (sorveglianza speciale) e reali (sequestri e confische di beni e attività).

E quest’ultima sentenza della Cassazione riguarda proprio questo secondo aspetto. Davanti alla Suprema Corte, la difesa ha evidenziato che la sentenza di condanna del Vinci per concorso esterno in associazione mafiosa riguarderebbe comunque “condotte al più risalenti al 2015”. E che il suo coinvolgimento nella vicenda relativa alla cava degli Evola, oltre a rimanere comunque confinato al 2017 - e dunque ad una distanza di tempo di circa sette anni dalla data del decreto di appello – “era integralmente smentito dalla sentenza dalla Corte di appello di Palermo che, giudicando della intraneità associativa di Tamburello Matteo, nel caso esclusa, aveva anche dato atto della piena liceità, in quel frangente temporale, dei rapporti con il Vinci, da ritenersi estranei, dunque, ad ogni matrice di mafiosità, aspetto integralmente trascurato dalla Corte del merito”. Ma per la Cassazione “il ricorso è fondato solo con riferimento alle censure spese in direzione della contestata applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale, imponendo l'annullamento con rinvio della decisione”, ma “per il resto, le doglianze dirette a mettere in discussione la misura di prevenzione reale non possono che ritenersi quantomeno manifestamente infondate”. “Del resto – scrivono i giudici romani - il profilo della pericolosità storica del proposto (Fabrizio Vinci, ndr), sul quale il decreto gravato si sofferma lungamente, risulta inequivocabilmente cristallizzato dalla condanna, passata in giudicato, del ricorrente per concorso esterno in associazione mafiosa, così riqualificato in appello l'originario giudizio di intraneità contestato e ritenuto in primo grado”. In mano all’accusa, “intercettazioni, anche ambientali, servizi di videosorveglianza e localizzazione satellitare oltre che in forza delle dichiarazioni del collaborante Sucameli, destinato a coprire un arco temporale particolarmente ampio (dagli inizi del 2000 al 2017), la consolidata contiguità del Vinci, imprenditore attivo nel settore edilizio, agli esponenti di vertice della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo (Vito Mangiaracina, Salvatore e Matteo Tamburello, Vito Gondola): contiguità – continua la sentenza della Cassazione - dominata dall'obiettivo di assumere una posizione dominante nel settore di elezione (attraverso la spartizione dei lavori da eseguire nel territorio marsalese, l'affidamento di alcune opere da parte dell'amministratore giudiziario dell'impresa Calcestruzzi Romano e l'acquisizione dell'impianto della ditta Foresi), garantendo, in cambio, alla consorteria di riferimento, canali di infiltrazione nel relativo circuito imprenditoriale, ma anche sostenendone i componenti durante la loro detenzione carceraria e spingendosi sino a fornire (a Vito Gondola, capo del mandamento di Mazara del Vallo, in particolare) informazioni riservate su indagini in corso”.