Il paradosso del Meeting: quando il Vangelo tace di fronte a Creonte
Di Katia Regina
L'applauso scrosciante che ha accolto le parole di Giorgia Meloni al Meeting di Comunione e Liberazione, soprattutto quando rivendicava la sua politica di contrasto all'immigrazione, io non l'ho proprio capito. Non è solo una questione politica, ma una palese contraddizione che solleva un interrogativo cruciale e profondamente tragico: come può un movimento cattolico, che dovrebbe fare della carità e dell'accoglienza il suo nucleo fondante, applaudire una linea che, nella sua rigidità, appare in stridente contrasto con il messaggio evangelico?
La politica del governo Meloni si fonda sulla ragion di Stato: la difesa dei confini, la sicurezza nazionale e la lotta contro l'immigrazione irregolare vengono presentate come imperativi inoppugnabili. Questa è la legge di Creonte, una legge umana, scritta e imposta per preservare l'ordine politico e la sovranità. È una legge che, nella sua logica, considera i migranti non come individui in cerca di salvezza, ma come un problema di sicurezza da gestire o respingere. Di fronte a questa, il cristianesimo pone una legge non scritta e immutabile, che non è di oggi o di ieri. È la legge del Vangelo, che risuona nelle parole di Cristo: "Ero forestiero e mi avete ospitato" (Matteo 25:35). Il magistero di Papa Francesco, in particolare, ha ribadito con forza l'obbligo di "accogliere, proteggere, promuovere e integrare" i migranti, riconoscendo in loro la carne di Cristo sofferente. Questo è l'imperativo morale che trascende qualsiasi confine politico e qualsiasi decreto umano. Qui si consuma il paradosso del Meeting di CL. La sua platea, composta da persone che si definiscono cattoliche, ha scelto di applaudire la legge di Creonte e non la legge di Antigone. Nel farlo, ha di fatto capovolto l'ordine delle priorità evangeliche, anteponendo la preoccupazione per la sicurezza e l'ordine sociale all'imperativo morale della carità. L'acclamazione è stata un assenso a una politica che, nel suo rigore, pare ignorare il dramma dei naufraghi e la disperazione di chi fugge da guerra e povertà, riducendo la vita umana a una mera questione di gestione dei flussi.
Il parallelismo con l'opera di Sofocle si fa dolorosamente evidente. Di fronte alla legge di Creonte che vieta la sepoltura di Polinice, Antigone si ribella, affermando la superiorità di una legge superiore:
"Non credevo che i tuoi editti avessero una tale forza da permettere a un mortale di calpestare le leggi non scritte e immutabili degli dèi. Perché queste non sono di oggi o di ieri, ma vivono in eterno e nessuno sa da quando apparvero."
Questo è il punto dolente: l'applauso al Meeting rivela una sottomissione alla legge umana, rinunciando alla ribellione etica che l'eroina tragica avrebbe inscenato in nome di un valore superiore. In quella sala, l'anima di Antigone non ha trovato eco. La scelta di applaudire ha tradito non solo un principio etico, ma la stessa identità spirituale che il movimento si propone di incarnare.
Come nella tragedia, la cieca obbedienza al potere umano, quando questo si allontana dalla legge morale, conduce non all'ordine, ma alla rovina spirituale. L'applauso al Meeting non è solo un atto politico, ma il segno di una contraddizione che rischia di erodere le fondamenta stesse della fede, sostituendo il Vangelo della carità con la legge di un confine da difendere.
L'analisi della tragedia moderna, però, non può fermarsi al dramma di un coro che applaude Creonte. La realtà, a differenza dell'opera di Sofocle, offre la possibilità di un secondo coro, una parte dell'opinione pubblica, laica e cattolica, che non si piega alla logica della ragion di Stato. Questo coro non è indeciso, non cambia idea: fin dall'inizio, la sua voce si alza in dissonanza con leggi ritenute ingiuste e crudeli, che violano non solo la morale cristiana, ma anche il Diritto del mare e i principi umanitari più basilari. Il ruolo di questo coro è cruciale, funge da bussola morale, sostenendo pubblicamente e in maniera incondizionata quanti, come Antigone, osano trasgredire per obbedire a una legge superiore. Sono le voci di chi non teme il dissenso e riconosce la dignità in ogni essere umano, a prescindere dal passaporto o dalle circostanze. L'esempio del capo missione Beppe Caccia di Mediterranea Saving Humans incarna perfettamente questa dinamica. La sua denuncia contro le minacce subite e la sua persistenza nel soccorso in mare lo rendono un moderno guerriero della carità, che opera nonostante le sanzioni e i fermi amministrativi. La sua figura si carica di un valore simbolico ancora più potente quando si apprende che, nonostante il fermo della nave, il comandante della Guardia Costiera di Trapani, Guglielmo Cassone, ha voluto stringergli la mano in un gesto di profondo e silenzioso riconoscimento. Un gesto che va oltre il protocollo e che suggerisce un'umanità condivisa al di là delle rigide leggi imposte dal potere centrale.
Questo gesto, e l'intera azione di organizzazioni come Mediterranea insieme a tutti i cittadini che stanno sostenendo l'Ong posta sotto fermo amministrativo, rappresentano il secondo coro della nostra epoca. Un coro che si schiera apertamente a favore di chi soccorre, rifiutando di farsi complice di una tragedia. A differenza del coro di Sofocle, che cambia idea solo dopo aver assistito alla rovina di Creonte, questo secondo coro non attende la catastrofe per prendere posizione, ma alza la sua voce per prevenirla. In questo, risiede la speranza di una società che non ha ancora smarrito il proprio senso etico, e che non accetta la logica del potere come unica verità. Consigli per la lettura: La peste di Albert Camus, ma anche una rilettura del Vangelo per tutti i ciellini che hanno applaudito.
Il video del capo missione Beppe Caccia (nave Mediterranea): "Disobbediamo e sbarchiamo 10 migranti a Trapani"
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