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06/09/2025 06:00:00

Vendemmia 2025: tra speranza e amarezza, il grido silenzioso dei viticoltori marsalesi

E' in corso la vendemmia 2025 ed oggi raccogliamo le testimonianze dirette di due viticoltori trapanesi, in questo caso Marsalesi, Giacomo Maggio e Luca Badalucco, entrambi profondi conoscitori del mondo agricolo, Badalucco, è stato assessore all’Agricoltura del Comune di Petrosino. Le loro parole tracciano un quadro lucido e amaro della situazione attuale. 

Queste le riflessioni di Giacomo Maggio

 

"C’è una figura silenziosa, piegata sotto il sole cocente o immersa nel fango delle stagioni piovose. Una figura che da generazioni dà forma al paesaggio della provincia di Trapani, curando viti che sono più di una coltivazione: sono radici, storia, identità. È l’agricoltore. Ed è lui oggi il più penalizzato da una crisi che non è più emergenza, ma quotidianità. Un tempo la viticoltura era il fiore all’occhiello dell’agricoltura siciliana. Era il motore dell’economia rurale, l’orgoglio di intere famiglie e comunità. Oggi è una corsa a ostacoli, spesso senza traguardo. Migliaia di ettari di vigneti sono stati abbandonati o riconvertiti. E non per scelta, ma per necessità.

I prezzi troppo bassi, i costi di produzione in aumento, la filiera frammentata e un mercato instabile hanno consumato le speranze e svuotato le cantine. Il lavoro dell’agricoltore non vale più quanto il sudore che richiede. E a peggiorare la situazione ci si è messo anche il clima: eventi estremi, imprevedibili, sempre più frequenti.

 

Nel 2023 la peronospora ha fatto strage di raccolti. Nel 2024 è stata la siccità invernale a mettere in ginocchio i vigneti, danneggiando anche le strutture. Il 2025 sembrava promettente grazie a una buona stagione piovosa invernale, ma la primavera umida ha vanificato le speranze, soprattutto nelle zone costiere. E quando i grappoli iniziavano a maturare, è arrivata anche la cicalina africana, un insetto che ha attaccato le foglie, indebolendo ulteriormente le piante.

Siamo arrivati a settembre con metà del raccolto in cantina. La qualità, per fortuna, si preannuncia buona, e la produzione sarà superiore a quella degli ultimi due anni. Ma siamo ancora lontani dalle medie del decennio scorso, che sfioravano i 4,6 milioni di ettolitri. Quest’anno si supereranno a fatica i 3,5 milioni, con una superficie vitata regionale di 96.000 ettari.

 

 

Eppure la Sicilia, e la provincia di Trapani in particolare, continua a produrre meno uva per ettaro rispetto a regioni come Veneto, Puglia, Emilia-Romagna e Abruzzo. Col paradosso che gran parte del nostro vino, dopo essere venduto sfuso, finisce nelle bottiglie di altri territori che ne traggono il valore aggiunto.

Ma il nostro territorio non ha più le condizioni per continuare a produrre vini da vendere sfusi alle altre regioni. È insostenibile. Abbiamo la qualità, la storia, il sapere. Ora dobbiamo difendere e valorizzare ciò che abbiamo.

 

È tempo di affermare l’identità territoriale della nostra viticoltura. E per farlo serve una sola parola: insieme. Cantine sociali, enti locali, operatori turistici, artigiani: solo facendo squadra si può costruire un futuro. Con progetti coordinati, promozione mirata, comunicazione autentica. L’agricoltore ha già fatto — e continua a fare — la sua parte. Ma da solo non può più reggere. La viticoltura può ancora essere una leva strategica per il rilancio del nostro territorio. Ma produrre bene, come si è fatto in questi anni con enorme sacrificio, non basta più. Occorre raccontare, coinvolgere, far vivere il vino attraverso l’esperienza, la cultura, la tradizione. Non basta una buona bottiglia: serve un racconto che emoziona, che parla di terra, di mani sporche, di notti senza sonno. Perché se il vino è l’anima di questa terra, l’agricoltore ne è il cuore. E un cuore lasciato solo, prima o poi, si spegne".

 

 

Qui invece le parole di Luca Badalucco

 

"Quest’anno la vitivinicoltura nella nostra provincia si sta concludendo a macchia di leopardo: ci sono zone dell’entroterra dove si registra una discreta produzione, sia in quantità che in qualità, e zone invece in cui la viticoltura è stata letteralmente messa in ginocchio. Le cause sono i ripetuti e forti attacchi parassitari (peronospora), i danni dovuti alla prolungata siccità — sia per mancanza di pioggia che per alte temperature — e soprattutto l’impossibilità di irrigare, a causa del mancato utilizzo del bacino irriguo della diga Trinità. In queste aree i vigneti non solo hanno perso la produzione di uva, ma rischiano di compromettere anche la struttura stessa delle viti.

 

SI sono registrati anche gravi attacchi di cicalina africana, che oltre ai vigneti di uve nere hanno colpito anche vitigni a bacca bianca, come il Catarratto, bloccando i processi di fotosintesi clorofilliana. Questi attacchi non solo hanno compromesso la produzione, ma rischiano di generare danni strutturali per i prossimi anni.

Purtroppo, vista la situazione, possiamo affermare che la nostra viticoltura — e l’agricoltura in generale — è in una crisi profonda, non solo economica e strutturale, ma anche sociale. Con un grave rischio di transumanza sociale: tanti imprenditori agricoli potrebbero chiudere i battenti, con la conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro.

Un’altra realtà che pesa fortemente è il crollo dei valori fondiari: terreni che fino a pochi anni fa valevano 60.000 euro l’ettaro, oggi arrivano a malapena a 20.000 euro.

È un segnale che non possiamo più ignorare".