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14/09/2025 06:00:00

Montante in carcere, ascesa e caduta dell'ex paladino dell'antimafia

Antonello Montante, per anni considerato il volto nuovo della legalità in Sicilia, l'ex paladino dell'antimafia, è finito in carcere. Si è costituito nel carcere di Bollate, a Milano, lo scorso 9 settembre, dopo che la Procura generale di Caltanissetta ha messo in esecuzione la condanna a 4 anni, 5 mesi e 23 giorni per corruzione. Una parabola che racconta molto della Sicilia, del potere e di come anche l’antimafia possa diventare una maschera utile per nascondere altri interessi.

 

Il volto buono degli industriali

Montante nasce a Serradifalco, in provincia di Caltanissetta, da una famiglia imprenditoriale attiva nel settore delle biciclette. Ma il suo nome comincia a circolare quando, nei primi anni Duemila, diventa il leader di Confindustria Sicilia. In un contesto difficile, dominato ancora da zone grigie, pizzo e omertà, Montante si impone come simbolo di una nuova stagione: quella degli imprenditori che “denunciano” e dicono no alla mafia. È lui a promuovere il protocollo di legalità con il Ministero dell’Interno. È lui a essere nominato referente per la legalità di Confindustria nazionale.

Le prime pagine dei giornali cominciano a raccontarlo come un esempio da seguire: viene celebrato nei convegni, applaudito dalle istituzioni, corteggiato dalla politica. Arriva persino nel CdA dell’Agenzia per i beni confiscati alla mafia. Un’icona dell’antimafia dei salotti.

 

 

L'antimafia di facciata

Ma sotto quella facciata, secondo la Procura di Caltanissetta, c’era un altro Montante. Un uomo che costruiva dossier, spiava nemici e alleati, si faceva consegnare informazioni riservate da uomini delle forze dell’ordine. Una rete di potere parallela, usata per controllare la politica, proteggere i suoi interessi e colpire chi non si allineava.

Il 14 maggio del 2018 viene arrestato. Quando gli agenti bussano alla sua porta, si barrica in casa e distrugge oltre 20 pen drive e decine di documenti. Un gesto disperato, che dice tutto. Le accuse sono pesanti: associazione a delinquere, corruzione, accesso abusivo a sistemi informatici. Parte un processo complicato, con molti protagonisti: agenti, imprenditori, politici.

 

Un processo lungo, una condanna pesante

Nel 2019 sceglie il rito abbreviato e viene condannato a 14 anni di carcere. In appello, la pena viene ridotta a 8 anni. La Cassazione, lo scorso ottobre, cancella l’accusa più pesante – associazione a delinquere – ma conferma tre episodi di corruzione. Ordina un nuovo processo solo per rideterminare la pena. Intanto la Procura esegue la sentenza: per Montante si aprono le porte del carcere.

Adesso è a Bollate, il carcere-modello della Lombardia, dove sconterà una pena che – per quanto ancora suscettibile di revisione – resterà superiore ai 4 anni. Non potrà accedere a misure alternative.

 

 

Il “Sistema Montante”

Per anni si è parlato del “Sistema Montante”, una rete di informatori, relazioni e favori. La Cassazione ha detto che non esisteva una vera associazione a delinquere, ma resta in piedi un impianto solido di episodi di corruzione e accessi abusivi a banche dati. I giudici dicono che Montante si vantava dei suoi dossier, che usava il suo ruolo per ottenere informazioni su politici, giornalisti, magistrati, persino collaboratori di giustizia. Una rete di potere e controllo, a metà tra l’intimidazione e il ricatto.

 

Il secondo processo

Intanto a Caltanissetta va avanti un altro processo, con una trentina di imputati, tra cui anche nomi eccellenti della politica siciliana: Rosario Crocetta, Renato Schifani (già uscito per prescrizione), l’ex assessora Linda Vancheri. La caduta dell’accusa di associazione a delinquere ridimensiona anche questo filone, ma la sostanza resta: la parabola di un uomo che aveva fatto dell’antimafia la propria bandiera, e che oggi la giustizia ha spogliato di ogni maschera.

Antonello Montante è in carcere. E con lui finisce anche un pezzo di quella narrazione tutta siciliana in cui la lotta alla mafia può diventare, se gestita senza scrupoli, un altro modo per fare potere.