Cent’anni di Giuseppe Fava: celebriamo il giornalista che sfidò la mafia
Un francobollo commemorativo, una mostra d’arte e la memoria viva di un uomo che scelse la verità contro ogni compromesso. A cent’anni dalla nascita di Giuseppe Fava, Catania e la Sicilia intera rendono omaggio a una delle figure più coraggiose e poliedriche del Novecento italiano.
Nato a Palazzolo Acreide il 15 settembre 1925, Fava fu scrittore, drammaturgo, pittore, sceneggiatore e, soprattutto, giornalista d’inchiesta. Fondatore del mensile I Siciliani, fu tra i primi a denunciare con nomi e cognomi i rapporti tra mafia, politica e imprenditoria. Una battaglia civile pagata con la vita: il 5 gennaio 1984 fu assassinato a Catania da Cosa nostra.
Un francobollo per il “senso civico”
Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, in collaborazione con Poste Italiane, ha emesso un francobollo commemorativo dedicato a Fava, inserito nella serie “Il senso civico nella cultura italiana”. Oggi, presso l’Istituto comprensivo che porta il suo nome a Catania, è allestita una postazione temporanea per timbrare con bollo speciale le corrispondenze: un gesto simbolico per fissare nella memoria collettiva il suo insegnamento.
La mostra a Catania: “La cultura e il diavolo”
Nel cuore della città, alla Galleria d’Arte Moderna di via Castello Ursino, si inaugura la mostra La cultura e il diavolo. L’arte di Giuseppe Fava tra impegno civile, politico e intellettuale. Curata da Vittorio Ugo Vicari e promossa dalla Fondazione Fava con il sostegno della famiglia, del Comune e dell’Accademia di Belle Arti, l’esposizione – visitabile gratuitamente fino al 6 gennaio 2026 – raccoglie dipinti, bozzetti, scritti e materiali provenienti dall’Archivio storico di Gravina di Catania. Ne emerge il ritratto di un intellettuale che non separava mai arte e vita: ogni linguaggio – dalla scrittura alla pittura, dal teatro alla radio – era strumento per raccontare la Sicilia reale e indicare ai giovani una via di libertà e responsabilità.
Il libro e il podcast: Fava ancora attuale
Per comprendere quanto la sua voce sia ancora viva, vale la pena recuperare due strumenti recenti. Su Raiplay Sound è disponibile il podcast Prima che lo uccidano, che ripercorre la sua vita e le sue battaglie.
E Zolfo Editore ha ripubblicato Processo alla Sicilia, il capolavoro giornalistico di Fava: trentacinque inchieste pubblicate sul quotidiano La Sicilia nell’estate-autunno del 1966, in cui descriveva senza retorica una regione attraversata da bellezza, contraddizioni, miseria, corruzione e mafia.
Scrivevano Claudio ed Elena Fava nella prefazione del 2008:
«Allora come oggi resta intatta l’attualità delle inchieste di Giuseppe Fava, il suo sguardo mai dolente, mai rassegnato sulle vicende di questa terra».
L’eredità di un maestro
Ricordare Giuseppe Fava oggi significa non soltanto commemorare un giornalista assassinato dalla mafia, ma interrogarsi sull’attualità delle sue denunce e sul dovere di chi racconta il presente. La sua lezione resta intatta: non basta descrivere la realtà, bisogna avere il coraggio di nominarla.
Cent’anni dopo la sua nascita, il suo insegnamento risuona ancora come un monito: «Un giornalista non può mai tacere la verità, anche quando non conviene, anche quando è pericoloso».
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